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Come dirti ancora amore mio,
mia, mio, adesso
che gli aggettivi possessivi
sono istruiti di dubbi, svogliati
e disaffezionati alla proprietà
abbandonano la guardia e disertano
lasciando sguarniti i beni privati,
concedendosi solo al plurale.
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Come se i granelli di sabbia
che si assommano nei deserti
oltre che attimi
non fossero anche efelidi
cadute la notte di San Lorenzo
dalle guance di belle,
spente
superficialmente sepolte.
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Dai sentimenti che mi precedettero
non ho tratto consiglio
da quelli che mi succederanno
non trarrò che idee.
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ALLA SUMERA
Intersecare il mio cuore col tuo
in una vignetta anatomica
sarebbe un brutto ex voto
a parere
del nostro diplomato buon gusto,
evitiamo la pessima figura allegorica
prenotando opposti destini.
La tua saggezza è il monotono Dolmen
che orbita da due decenni
intorno al mio collo.
Accidenti! E’ un dente del giudizio,
se vivi ancora
come devi essere squilibrata
per esserti tolta questo saggio-ricordo.
da→ Valentino Zeichen| MAHVASH | in> Idem, Ricreazione, Società di Poesia, Milano 1979