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Mario Grasso │Elogio del Picchio Verde

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ELOGIO DEL PICCHIO VERDE
a Giulia e Stefania


Potrà essere bollata di peregrinità questa proposta seria di un elogio da rivolgere al Picchio verde come riconoscimento obiettivo della sua funzione in natura. Un elogio che sia da estendere ai colori del piumaggio, all’eleganza del corpo e dello stesso volo. E senza dire degli effetti sonori gradevoli che produce il lavoro di queste esemplari creature, simbolo di armonia, estetica, altruismo di veri e propri missionari del bene e del risanamento, laddove un pericolo viene annullato dallo stesso modus vivendi del Picchio, che infatti qualche riconoscimento lo ha già incassato e figura nel diploma che l’uomo gli ha da sempre consegnato classificandolo “Sanabosco”. Il che non è cosa da poco. Si potrebbe, nell’ambito civile della nostra società di inquinatori spontanei o specialisti per acquisizione di malizie e strumenti tecnici, dire che la presenza del “selvaggio” Picchio sanabosco è ossimora rispetto al piromane umano della patologia e all’incendiario rappresentante della civiltà socio-politico-criminale dei nostri giorni.
   Ma non è tutto per un elogio che tale voglia e debba essere, lungi da ogni occasionalità  peregrina o alzata d’ingegno come reazione alla temperie di una contingenza che, si auspica, non diverrà cronica piaga, come sembra rivelarsi quella ricorrente del fuoco appiccato dai malati gravi e dai criminali, che tanto più tali sono quando si servono dei minori istruendoli sul cosa dire a difesa, se colti sul fatto come è recentemente avvenuto.
2 – Il Picchio dunque come simbolo del bene prima ancora che di armonia e bellezza, di gioia di vivere alimentato da un cibo singolare, che lo nutre e che tolto dal corpo della creatura che ne è portatrice incapace di difendersi  procura  a questa stessa la vita sana. Il Picchio verde come modello per l’uomo dei parlamenti, delle cattedre e delle responsabilità genitoriali al momento di educare  i figli  come di chi ha il compito di dare esempi alla collettività, per dire dello stesso genere umano che inquina mari e aria e che fa le guerre e inventa armi per distruggere e distruggersi.
     Il Picchio, sconosciuto, ignorato eppure vivente, presente e nobile simbolo universale fin dalla primordialità, quando gli indiani della Prateria dell’America del nord lo adoravano perché capace di allontanare pericoli come quello delle bufere tempestose e dei fulmini. Andavano a cercare le piume del Picchio cadute nel bosco per adoperarle nelle cerimonie rituali per lo scambio di solidarietà e amore tra le coppie che si univano in matrimonio. O gli altri indiani, quelli Pawnee, che  celebrano nel Picchio verde l’emblema della sicurezza e della perpetuazione della specie, infatti nel loro codice sociale vige la norma che viene diffusa dalla leggenda secondo cui nella disputa tra il Picchio verde e la tacchina, vince il Picchio. La tacchina sosteneva che nessuno animale produce tante uova quanto ne produce lei, al che il Picchio contrappose che solo la sicurezza può garantire la continuità della vita e rispose: ” Io produco meno uova della tacchina ma dal mio nido inaccessibile, nelle gole delle grandi catene montuose tra i boschi fitti, nascono uccelli-Picchio destinati a morire di vecchiaia”.
 3 – Addirittura, per i Negrito Semang il Picchio è il volatile sacro per eccellenza,  perché è benefattore per suo istinto naturale. E per i romani era il Picchio a portare i nutrimenti suppletivi indispensabili per alimentare e mantenere in buona nutrizione Romolo e Remo quando erano piccoli e allattati dalla lupa. Simbolo di rinascita e di protezione, di bellezza, agilità ed eleganza, come si è prima detto. Persino Jung ha scritto che il Picchio verde rappresenta il soccorso, il ritorno della madre vera e sapiente, quando nella giovane che ha acquistato piena coscienza di sé, prende il posto della madre balorda, presuntuosa e tanto egocentrica da non vedere altro nelle proprie figlie che le rivendicatrici delle sue frustrazioni. Il Picchio, inoltre, come immagine liberatrice di ogni pensiero opprimente, portato via dalla superficie (scorza dell’albero visitato dal sanaboschi) in tempo per non contagiare l’anima (il midollo centrale dell’albero).
4 – L’armonia di cui spiegava Pitagora la nostra umana incapacità al momento di percepirne l’essenza soave, noi abbiamo una sola occasione per fruirla pienamente: l’ascolto dell’insistere ritmico e  costante del becco verde del Picchio sulle cortecce degli alberi del bosco infestate da parassiti, una percussione pronuba di armonie perché prodotta da altrettante realtà spontanee, quella dello smartellare salvifico del Picchio verde accolta ed echeggiata dal soft assorbente della corteccia dell’albero visitato dal sanaboschi. Caro benefattore dell’ordine naturale delle cose, paziente ricucitore di quanto l’uomo tende istintivamente protervo a sconvolgere.



 Questa pagina e la pagina del titolo sono tratte da: “Topolino” n.1923
The Walt Disney Company Italia Spa, Milano, 4 ottobre 1992:

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