SICILIA AL VOTO
Se ne sono sentite di tutte le speranze nelle promesse politiche di questa campagna elettorale in Sicilia, che ha spento i microfoni allo scoccare della mezzanotte di venerdì 3 novembre. Nelle reciproche contestazioni e nel rinfacciarsi errori e debolezze, candidati e rispettivi tutor politici, abbiamo potuto intercettare frequenti ingenerosità, come se, a prendere per verità tutto, si potesse ricavare un pessimo ritratto della Sicilia e degli stessi siciliani. Sicuramente non è così. Noi protendiamo per il senso di umiltà e di prudenza, che per questa occasione finisce a spiccare. Certo, il dileggiare a ruota libera manifesta la sua contraddizione quando in un momento di lucida coscienza tutti concordano sulla importanza del voto in Sicilia, affermando, e qui non sbagliano, che è consuetudine politica quella del verificarsi che proprio qui è, di volta in volta, il laboratorio cui si ispirerà la più vicina delle formule politiche nazionali da applicare, appunto, alle soluzioni
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Sizilien. Italienische Reise-Sicilia.Viaggio in Italia
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romane. Un modo soft per ripetere la profezia di Goethe scritta nel 1787 Italien ohne Sizilien macht gar kein Bild in der Seele: hier ist erst der Schlüssel zu allem, che tradottoin sicilianosarebbe: “L’Italia senza Sicilia non lassa nenti di cchi pinsàri, sulu ccà è a vera sustanza”. E nella lingua di comunicazione nazionale: “L’Italia senza la Sicilia non lascia alcuna immagine nell’animo: soltanto qui è la chiave di tutto”. Non si può escludere che da qualche assessore addetto a lucrosi festini “culturali”, come da qualche candidato dei nostri giorni politici, il nome di Goethe possa essere scambiato per nuovo acquisto della squadra rosso azzurra del Catania. Ma non ci sarà da stupirsi per questo, non vi sono esami con materie da superare per diventare deputati, assessori o ministri.
2. Niente esami perché gli “esaminatori” per questa volta saremo noi elettori. Ed è una responsabilità primaria ma anche un privilegio unico. Perché ogni popolo avrà il governo che si è dato eleggendone i componenti con il votarli.

3. Tante diagnosi non hanno prodotto una sola medicina efficace. Ma abbiamo appena scritto che sono state diagnosi inoffensive. E poiché è solo la Verità a recare il privilegio di offendere, tutte le suddette etichette sono da giudicare come pronunciamento di un callista che avendo palpato il callo si limita a diagnosticarne la presenza, procurandosi la qualifica di palpacalli. Il callo c’è. Stiamocene certi. Ma fino a oggi non si è trovata la medicina per estirparlo, per eliminarlo in qualche modo.
Intanto la Sicilia torna al voto. E con tutti i suoi calli ai piedi. Forse anche alle mani. Perché se la Sicilia ha i piedi non si capirebbe non riconoscerle il diritto ad avere anche le mani. E qui la metafora tenta. Tenta con la prepotenza di proterva chiarezza di tutte le metafore. Ed è semplice la sua formula, la sua allusione al diritto democratico del voto, che si esprime con le mani anche dove (come ha vantato la recente primazia lombarda del voto elettronico) la tecnologia moderna accelera sui tempi di attuazione. Le mani deputate a estirpare i calli dei piedi e delle stesse loro dita. Una ricetta che ha del miracoloso, dell’indifettibile. Le mani che fino a oggi hanno esercitato solo la loro funzione di “palpare” i calli, fino a riconoscerne la consistenza e il male che provocano al semplice deambulare, i calli come realtà presente eppure sovranamente effimera sol che si proceda a estirpali con tutte le rispettive radici.
Si vota in Sicilia per esercitare il diritto democratico di eleggere chi dovrà governarla per i prossimi cinque anni, si vota con l’orgoglio di affermare consapevolmente che la nostra terra è il laboratorio che fornirà la formula politica per il futuro prossimo dell’intero Paese. Si vota per evitare la solita figura dei palpacalli chesi limitano apalpeggiareil male con le stesse mani che, invece, possono estirparne ogni malignità e non più limitarsi al palpeggiare e diagnosticare con astratti furori, da ingravidabalconi, da operatori del pestare acqua nel mortaio, da risentiti dimentichi di adoperare quanto è in loro potere e in loro diritto. Che nessuno abbia la tracotanza di astenersi dal voto. Non possono essere addotte scuse. Il Voto è un privilegio che mette nelle mani di ciascun votante il bisturi per la estirpazione dei mali. Chi trova scuse e pretesti per non andare a votare allora sì che è un quaquaraquà, un ingravidabalconi, un addetto a pestare acqua nel mortaio, un risentito capace solo di astratti furori. Un compiaciuto palpacalli.
Mariograsso