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L'epica di Alexandra Ogilvie ♥ 2
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Jiří Anderle ░ Quiet Monologue of Bohumil Hrabal
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░ Jiří Anderle - Quiet Monologue of Bohumil Hrabal, 1979 |
□ Leggi anche l’Uh-Book La caggiurra di Praga, on Issuu, e La caggiurra di Praha, on Calaméo: la Stimmung di V.S.Gaudio con Bohumil Hrabal#
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Aida Maria Zoppetti ▬ Nulla era immobile
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L’epica di Alexandra Ogilvie ♥ 3
Barebacked-Love│3
L’epica di Alexandra Ogilvie
La Stimmung con Hermann sull’amore a bardosso
Alex balzò sulla palafitta e li stese uno dietro l’altro
come al tiro a segno“Oh, un bel pasticcio davvero” disse apertamente
“sicuro, avevano ucciso Chimpo! E’ vero che puzzo di scimmia?”
“Quando sei sottovento, o in mezzo al fiume, e non
c’è l’essenza di cinnamomo nell’aria,
come presso gli animali della foresta ogni donna
è possesso comune di tutti gli uomini
tra queste tribù che vivono in piccole insenature
che a tergo e sui fianchi sono chiuse da
insormontabili pareti di roccia a strapiombo,
sul davanti, la barriera del fiume aperto,
non è un mistero che puzzi di scimmia”
l’acqua fluisce gialla e verdastra non solo nel primo mattino
il sole pullula rugginoso dalla palude
guardo da quella parte, assente, infreddolito, vuoto
e privo di senso
Alex soffia acqua dal naso arricciato e starnutisce:
“Ti va di unire la mia puzza di scimmia con la tua
di asino?” steso su una lastra di roccia esposto
al sole più che con la sua grandezza di stratega
mi fulminò il suo podice di mula che era un po’
del tipo dell’indiana che cavalca a bardosso
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Massimo Sannelli □ La mentula e il vero amore
di Massimo Sannelli
L'idea della gratuità è avere talento e usarlo bene. L'idea del futuro non è programmare – attenzione – ma moltiplicarsi e diffondersi (spudoratamente) (e le opere sono semi, ma strillano o squillano). L'idea della visibilità è pratica, ma non serve solo a fare soldi: serve a salvarsi dal passato. Un'attrice mi disse: "Tu e io non saremo felici, neanche quando tutto lo Stadio Olimpico ci applaudirà". No: io ne sarei felice, e lo so benissimo. Perché gli ex-bambini non devono imporsi? Sono sopravvissuti solo per questo. Quindi? La storia triste dell'infanzia triste è una scusa triste, se è la scusa per non lavorare. L'infanzia finita male è da un lato e lo Stadio è dall'altro. La manìa precisa va oltre, in nome dell'eccesso: lo Stadio non sarà l'ultimo stadio [e non esiste un ultimo stadio, morte a parte]. Il monachesimo è vago e il suicidio è vano; le tre idee – che sono una: un eccesso molto controllato e duro, perfettamente individuale – sono un premio. L'idea del sesso non appare più, non è la quarta, non è un'idea, ed è arrivata la stanchezza. La donna media vuole un punto fermo o il padre dei suoi figli; l'uomo medio vuole riempire il buco, e nel buco ci mette la mentula sua. La cercatrice del punto e la banda del buco non si possono capire: c'è il sesso, volendo, ma non c'è rapporto tra Mente (o Madre) e Mentula. Allora uno si ritira e si organizza. Il medio non è lui. Se niente è medio, esagerare è buono: ma l'eccesso è legato al vero amore, e il vero amore non è più una persona.
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La mente dei follower altrui □
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blogger & poetosofo™│ brand by gianni toti “carte segrete” 1976│ |
1. Io ho una mente: ce l’hanno gli altri? Questa domanda posta alla rovescia da Paul Ziff[i] reca come conseguenza la considerazione che se soltanto io ho una mente, sono allora un essere unico in maniera davvero unica. Non c’è nulla di eccezionalmente unico nel puro fatto di essere unico, anche perché , di sera e senza luna, se devi fare una passeggiata lungo la statale 106 nel pantano di Villapiana è facile che, per essere unico, qualche macchina riesca a centrarti in pieno. E la mente, allora, anche se eri l’unico a possederla, vola via, e se io solo avevo una mente e non erano state ancora compiute ricerche, indagini e analisi su me stesso, allora, per quanto gli scienziati possano avere fatto grandi scoperte, è inverosimile che abbiano scoperto qualcosa che riguardi direttamente la mente.
Io ho una mente e la supergnocca radiofonica che ha?#
Breve divagazione ziffiana sulla mente che mi si è posata sulla testa □
Breve divagazione ziffiana sulla mente che mi si è posata sulla testa □
2. C’è comunque un’alternativa essenziale, anche gli altri hanno una mente, non fosse altro per il semplice fatto che gli vola via con Twitter. Che abbiano una mente tutti i follower di un conduttore radiofonico, o di una conduttrice, è evidente dal semplice fatto che se i conduttori o gli speaker radiofonici che ci sono in giro abbiano davvero una mente, allora devono avere anche qualche altra cosa. Parlo naturalmente di coloro che hanno un cervello di tipo e di struttura normali. Il problema non è se esistano o meno altri cervelli. Tempo fa mi mandò a dire un mio follower che se cliccavo lì ordinavo 50.000 follower e tra quelli almeno 5000 mi avrebbero ritwittato e messo tra i preferiti. E prima ancora ci fu una ragazza, presumo che sia tale dal suo profilo twitter, che, a proposito di una conduttrice radiofonica, mi twittò che non l’avevo vista, quella era una supergnocca!
3. E’ questo il punto, allora: se esiste quella superba gnocca, a sentirla alla radio, non avendola vista, parlare di mente è prevalentemente un modo fantasioso di parlare di stati mentali e di eventi mentali. Ziff scriveva che c’è una relazione tra mente e cervello; più precisamente ci sono relazioni fra eventi mentali e eventi neurofisiologici, fra stati mentali e stati neurofisiologici. Solo che quando andavo dicendo questo nei convegni di poesia e di letteratura integrata pensavano tutti che fossi unico, ma dubito che avessero una mente. Le prove di ciò sono oggi schiaccianti, chi faceva spallucce, tre su quattro pubblica ancora libri a pagamento, altri tre su quattro sono in quella certa industria editoriale che si fa i premi addosso e decanta un comico come se fosse Ernst Hemingway e a un altro comico, pur non ritenendosi pari se non superiore a Hemingway, gli fanno addirittura il premio di quello della dinamite e del petrolio.
4. Però dire che cavalli, cani, topi, gatti, vacche, che di metano queste ne hanno da far saltare in aria tutta la Patagonia, hanno tutti una mente non significa, tuttavia, negare che questi esseri, come gli uccelli, possano avere esperienze radicalmente diverse da quelle umane da un punto di vista qualitativo. Se qualcosa ti cade in testa, e non c’è un uccello che stia passando al meridiano del tuo oggetto “a”, né tantomeno sei nel rullo di Twitter, non vuol dire che sei di fronte a un complesso schema concettuale.
5. Comunque, essendo convinto di essere l’unico ad avere una mente, senza sforzarmi troppo la vista, a proposito della supergnocca radiofonica di cui alla testimonianza della ragazza on twitter mi sto chiedendo spesso se quella, per avere tanti follower, sia uscita dalla Suite vénitienne di Jean Baudrillard[ii], o, forse, sia addirittura quella, tanto che, è così che dice Baudrillard, la si segue a caso, per la strada, per brevi sequenze disorganizzate, con l’idea che la vita della gente sia un percorso aleatorio, che non ha senso, che non va da nessuna parte, e che per questa ragione è affascinante. Insomma, la seguo, esisto, sono unico, sulla sua traccia, a sua insaputa, di fatto sto seguendo la mia propria traccia, a mia insaputa. Non è dunque per scoprire la vita dell’altro, né dove va, dopo tutto dove vuoi che vada, va in Radio, non è neppure una deriva alla ricerca dell’ignoto. Così adesso glielo dico su twitter: mi affascina essere lo specchio dell’altro che non lo sa. Mi affascina essere il destino dell’altro, il doppio del suo percorso che per lei ha un senso, ma che sdoppiato non ne ha più. E’ come se qualcuno, dietro di lei, sapesse che non sta andando da nessuna parte. E’ in un certo senso sottrarle la radio: un genio maligno si insinua sottilmente tra lei e se stessa. Ciò è tanto forte che la gente ha spesso il presentimento di essere seguita, grazie a una sorta di intuizione del fatto che qualcosa è entrato nel suo spazio, qualcosa che ne ha alterato la curvatura. E allora il visionatore o l’inseguitore si sintonizza su un’altra radio.
6. L’efficacia dell’aspirina, dell’arancia e del caffè è infatti un’eloquente testimonianza dell’intimo rapporto esistente tra mente e corpo, offre una convalida per ognuna delle ipotesi riunite nello schema, e collabora quindi a dare il crisma di realtà all’esistenza non solo delle menti altrui ma addirittura della conduttrice radiofonica, che, l’abbiamo detto, essendo dentro la categoria degli speaker radiofonici, non è sicuro che abbia una mente, anche perché le menti vanno e vengono nell’universo, figuriamoci alla radio, è stato dunque solo per un caso che una di esse si è posata nella mia testa? E allora se non era l’uccello di twitter, per un simile uccello vuoi vedere che il richiamo sia essenzialmente il cinguettio della conduttrice radiofonica, che, come testimonia la ragazza che la segue, è una sua follower, è sicuro, è vero, è una supergnocca, per questo lei i 50000 follower non li ordina con un clic, lei, basta vederla camminare per Milano, la suite milanaise, ne fa con un solo volo 50mila e 1!
[i]Paul Ziff, Il problema delle menti altrui, in: Idem, Itinerari filosofici e linguistici, © 1966, trad.it. Laterza editori, Bari 1969.
[i]Paul Ziff, Il problema delle menti altrui, in: Idem, Itinerari filosofici e linguistici, © 1966, trad.it. Laterza editori, Bari 1969.
[ii]Jean Baudrillard, La suite vénitienne, in: Idem, La trasparenza del Male, ©1990, trad. it. Sugarco edizioni Milano 1991.
UH Magazine: La mente dei follower altrui □ http://t.co/ZN9murKvU2
— v.s.gaudio (@vuessegaudio) 23 Marzo 2015
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Perversioni Borghesi □ Massimo Sannelli

Il 19 marzo 2015 è nato il " masochismo borghese": parola di Camillo Langone sul " Foglio". Di che si tratta? Dunque: esce Vacche amiche di Aldo Busi e Aldo Grasso lo recensisce sul " Corriere della Sera". Ma Grasso è un borghese, dice Langone. E Grasso è "un padre di famiglia, è un proprietario terriero, quando l'ho conosciuto abitava in centro storico", dice Langone. E ora Grasso loda Busi e Langone scrive: " Un borghese, e specialmente un intellettuale borghese, le categorie dell'ipocrisia e dell'opportunismo dovrebbe difenderle. E non solo perché tipiche del proprio ceto ma perché utilissime a tutti i ceti: gli italiani abbisognano di libri esaltanti intimità e pragmatismo molto più che di libri di Aldo Busi. Sorga pertanto un intellettuale borghese orgoglioso di esserlo, capace di combattere il contrario dell'ipocrisia ossia l'esibizionismo, il contrario dell'opportunismo ossia l'utopismo".
di Massimo Sannelli

L'esibizionismo è allegro agitato molto. È un'espressione da musicisti, quindi è formale e non contenutistica, e l'allegro agitato (molto) può essere (molto) infelice e (molto) tragico, ma è (molto) mosso (e molto musicale, sempre). L'allegro è un'andatura, non un contenuto; e se ride davvero, è un punto in più, ma non è un punto fondamentale. L'allegro agitato – molto – va all'Isola dei Famosi e dove càpita, ma non è borghese. O meglio: non è l'Italia, e scrive in italiano per pietà o per masochismo; o per farsi capire dai fratelli e dalla mamma. La mamma e i fratelli di Montichiari sono i primi che devono capire Barbino, bene o male, perché – bene o male – Barbino è sopravvissuto all'educazione: capite? E ora ve lo tenete.
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Herberto Helder □ Mulheres
Mulheres correndo, correndo pela noite
Mulheres correndo, correndo pela noite.
O som de mulheres correndo, lembradas, correndo
como éguas abertas, como sonoras
corredoras magnólias.
Mulheres pela noite dentro levando nas patas
grandiosos lenços brancos.
Correndo com lenços muito vivos nas patas
pela noite dentro.
Lenços vivos com suas patas abertas
como magnólias
correndo, lembradas, patas pela noite
viva. Levando, lembrando, correndo.
O som de mulheres correndo, lembradas, correndo
como éguas abertas, como sonoras
corredoras magnólias.
Mulheres pela noite dentro levando nas patas
grandiosos lenços brancos.
Correndo com lenços muito vivos nas patas
pela noite dentro.
Lenços vivos com suas patas abertas
como magnólias
correndo, lembradas, patas pela noite
viva. Levando, lembrando, correndo.
É o som delas batendo como estrelas
nas portas. O céu por cima, as crinas negras
batendo: é o som delas. Lembradas,
correndo. Estrelas. Eu ouço: passam, lembrando.
As grandiosas patas brancas abertas no som,
à porta, com o céu lembrando.
Crinas correndo pela noite, lenços vivos
batendo como magnólias levadas pela noite,
abertas, correndo, lembrando.
nas portas. O céu por cima, as crinas negras
batendo: é o som delas. Lembradas,
correndo. Estrelas. Eu ouço: passam, lembrando.
As grandiosas patas brancas abertas no som,
à porta, com o céu lembrando.
Crinas correndo pela noite, lenços vivos
batendo como magnólias levadas pela noite,
abertas, correndo, lembrando.
De repente, as letras. O rosto sufocado como
se fosse abril num canto da noite.
O rosto no meio das letras, sufocado a um canto,
de repente.
Mulheres correndo, de porta em porta, com lenços
sufocados, lembrando letras, levando
lenços, letras - nas patas
negras, grandiosamente abertas.
Como se fosse abril, sufocadas no meio.
Era o som delas, como se fosse abril a um canto
da noite, lembrando.
se fosse abril num canto da noite.
O rosto no meio das letras, sufocado a um canto,
de repente.
Mulheres correndo, de porta em porta, com lenços
sufocados, lembrando letras, levando
lenços, letras - nas patas
negras, grandiosamente abertas.
Como se fosse abril, sufocadas no meio.
Era o som delas, como se fosse abril a um canto
da noite, lembrando.
Ouço: são elas que partem. E levam
o sangue cheio de letras, as patas floridas
sobre a cabeça, correndo, pensando.
Atiram-se para a noite com o sonho terrível
de um lenço vivo.
E vão batendo com as estrelas nas portas. E sobre
a cabeça branca, as patas lembrando
pela noite dentro.
O rosto sufocado, o som abrindo, muito
lembrado. E a cabeça correndo, e eu ouço:
são elas que partem, pensando.
o sangue cheio de letras, as patas floridas
sobre a cabeça, correndo, pensando.
Atiram-se para a noite com o sonho terrível
de um lenço vivo.
E vão batendo com as estrelas nas portas. E sobre
a cabeça branca, as patas lembrando
pela noite dentro.
O rosto sufocado, o som abrindo, muito
lembrado. E a cabeça correndo, e eu ouço:
são elas que partem, pensando.
Então acordo de dentro e, lembrando, fico
de lado. E ouço correr, levando
grandiosos lenços contra a noite com estrelas
batendo nas patas
como magnólias pensando, abertas, correndo.
Ouço de lado: é o som. São elas, lembrando
de lado, com as patas
no meio das letras, o rosto sufocado
correndo pelas portas grandiosas, as crinas
brancas batendo. E eu ouço: é o som delas
com as patas negras, com as magnólias negras
contra a noite.
de lado. E ouço correr, levando
grandiosos lenços contra a noite com estrelas
batendo nas patas
como magnólias pensando, abertas, correndo.
Ouço de lado: é o som. São elas, lembrando
de lado, com as patas
no meio das letras, o rosto sufocado
correndo pelas portas grandiosas, as crinas
brancas batendo. E eu ouço: é o som delas
com as patas negras, com as magnólias negras
contra a noite.
Correndo, lembrando, batendo.
Herberto Helder#
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Media Original Text™ ♦ Il Test dei Cornuti per “Linus”
▐ IL TEST DEI CORNUTI
by vuesse gaudio
“linus” n.9
RCS RIZZOLI PERIODICI Spa
Milano settembre 1993
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Il Test dei Cornuti di Vuesse Gaudio░ “Linus” n.9-1993: pag.48 |
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“Linus” n. 9-1993: pag.49![]()
“Linus” n.9-1993: pag.52 con Il Test dei Cornuti di Vuesse Gaudio |
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Idiomatica proibita ▌Assolutamente
│Tabloid│Assolutamente
È vero che il poeta riesce a trombare ancora la moglie per 6 ore di fila? Assolutamente sì. E quando si riposa fa la posa del caffè e poi ricomincia per altre sei ore? Assolutamente sì. E’ vero che la Nonna una volta nel Giardino dell’Arancia si mise a volare insieme al ciuccio di Albidona? Assolutamente sì. E’ vero che non tanto tempo fa il poeta, giocando a calcio, colpì la traversa da due passi? Assolutamente sì. E che dopo, nella stessa partita, fece un gol strepitoso da settanta metri in diagonale? Assolutamente sì. Nei tempi supplementari, la partita si narra che durò in realtà tre ore e mezza, fece il portiere e parò tutto quello che c’era da parare e alla fine parò tutti i rigori e la sua squadra che era fatta di poeti, froci calabresi che a chiamarli froci s’incazzano prima ancora di aver capito che cosa significa froci, venditori all’ingrosso di Albidona, palisti di Alessandria del Carretto, zingari di Cassano e parenti affiliati alla ‘ndrangheta, vinse così per 85 a 80? Assolutamente sì. E’ vero che la madre, quando il poetino si ritirò a casa tutto infangato, lo mise in castigo nell’angolo più umido della prigione di Parrotë e che, poi, il comune, per cancellare le prove della prigionia sua e del nonno, la fece abbattere? Assolutamente sì. E’ vero che al poeta delle Tre Bisacce è stato tolto tutto, anche le mutande e il nome? Assolutamente sì. E’ vero che lui non ha niente a che fare con le Tre Bisacce? Assolutamente sì. Allora è vero il detto “Tutto in Comune e niente a Gaudio”? Assolutamente sì. E’ vero che la zia del poeta aveva la chiave del cancello del Giardino dell’Arancia e che una volta la perse e poi fu ritrovata da uno zingaro che così ne approfittò e andò a tagliare gli aranci di sotto e ci mise i suoi cavalli a cacare nel Giardino di Mia Nonna dello Zen? Assolutamente sì. E’ vero che il Corpo Forestale ha fatto sequestrare tutto? Assolutamente no. E’ vero che allora è intervenuta la Prefettura competente per territorio e ha mandato l’Esercito e i Carabinieri ad arrestare la banda che aveva messo i cavalli sul territorio dell’aranceto della Nonna? Assolutamente no. E’ vero che anche un’altra zia del presunto padre del poeta lasciò tutto al padre del poeta e questi lo dette a un tale che veniva dal campo di concentramento di Tarsia perché aveva il cognome di provenienza legato a quel luogo? Assolutamente sì e assolutamente no. In che senso? Nel senso che è assolutamente tutto vero: difatti il poeta non ha assolutamente un cazzo, nonostante sia dato come figlio dell’erede universale dei beni di zia Lucrezia Petrone. E’ vero che zia Lucrezia Petrone quand’era giovane era stata sull’isola di Gozo e tutti pensavano che era Calipso, soltanto Ulisse disse no , non è vero, perché Calipso aveva un sedere meno ampio? Assolutamente non lo so. Ma se assolutamente non lo sai, non è che è vero lo stesso? Assolutamente sì. Hai mai pensato di essere parente di Calipso o del navigatore che se la trombava? Assolutamente. Assolutamente? Assolutamente. Ma di chi? Assolutamente di tutt’e due. E’ vero che a Sant’Arcangelo, in Basilicata, il paese di quel vescovo di Napoli che fu indagato dalla Procura di Lagonegro per quasi un lustro e chi andava a fare le perquisizioni era un finanziere che partiva da qui dal paese delle Tre Bisacce, dove stavi tu, e quella volta portasti , il 23 agosto, una bottiglia di Zibibbo a quella che davano per tua madre ed era di Sant’Arcangelo, insomma è vero che a Sant’Arcangelo aveva possedimenti e terreni infiniti, uliveti e frutteti, e non ti hanno fatto trovare un cazzo? Assolutamente sì. E’ vero che, poi, in Germania fecero morire un fratello di quella tua presunta madre che non vedevi da venti anni e poi ti dissero che ti aveva lasciato tutto , che ti cercava il notaio da Sant’Arcangelo che si chiamava Adriatico e che invece avevano incenerito quel povero Cristo in Germania e per darti l’ampolla con le ceneri, senza che il povero Cristo a quanto ti risulta, avesse mai chiesto di essere cremato, dovevi pagare? Assolutamente sì. E ti aveva avvisato della morte del congiunto il comando provinciale dei Carabinieri su delega del Consolato Italiano di competenza per il distretto pretorile di Mettmann? Assolutamente no. E avevano avvisato tutti gli altri parenti che costui aveva in Italia, essendo lui cittadino residente in Italia? Assolutamente no. E lo hanno cremato così, senza nessuna autorizzazione? Assolutamente sì. E ti ha lasciato tutti gli averi e i possedimenti che aveva a Sant’Arcangelo, il paese del vescovo di Napoli indagato dalla Procura di Lagonegro per quasi un lustro? Assolutamente niente. E come hai saputo che era morto? Assolutamente. Assolutamente come? Come lo si sa assolutamente. A voce, a passaparola? Assolutamente. Come l’annunciazione? Assolutamente. E andavano in Vaticano a sposarsi e la donna era incinta di sei mesi? Assolutamente. Te la senti di continuare? Assolutamente. Assolutamente sì ? Assolutamente no. E il resto? E’ tutto nell’articolo 22 della Costituzione della Repubblica Italiana? Assolutamente. Nel senso che sei stato privato del tuo nome per motivi politici? Assolutamente. E il reato è stato appurato e chi ha avuto notizia del reato così perpetrato, non ha ancora denunciato l’abuso costituzionale e genetico perpetrato nei tuoi confronti da quando sei nato? Assolutamente. Assolutamente, lo ha denunciato? Assolutamente, non lo ha denunciato. E quindi quel paese che ha operato questa mostruosità nei tuoi confronti continua a esistere impunito? Assolutamente. Occupato sempre da chi l’invase e se ne appropriò e ti privò del nome? Assolutamente sì. Ci fermiamo qui? O parliamo di Salvatore Giuliano e del principe nero Pignatelli? Assolutamente. Assolutamente? Della connessione ne parlano gli storici Tranfaglia e Casarrubea, poi bisogna metterci la contestualizzazione nell’habitat dove mi hanno privato del nome e dei diritti civili e politici. Assolutamente. Cosa ti hanno lasciato nel paese dove ti hanno dato un nome falso e uno stato di famiglia conseguente? Assolutamente. Assolutamente che? Assolutamente solo. Non hai parenti acquisti che siano stati sconvolti da questo tuo dramma genetico e costituzionale ormai formalizzato dal Ministero dell’Interno? Assolutamente. Sono sconvolti? Assolutamente no. Ridono? Assolutamente. Cioè, se la ridono ancora? Assolutamente. Assolutamente no? E tu non sai se piangere o ridere? Assolutamente. Ti senti solo? Assolutamente. Ti tengono quindi ancora prigioniero? Assolutamente sì. Una banda quasi genetica? Assolutamente. E la nazione che annovera il comune dove hanno composto il tuo nome falso? Assolutamente. Assolutamente tace? Assolutamente. E’ in lutto? E’ affranta dal dolore e dall’orrore? Assolutamente. Assolutamente sì o assolutamente no? Tu che dici? Assolutamente? Assolutamente!▌Idiomatica proibita©▌Assolutamente
Assolutaménte, avv.1 In modo assoluto (…) 2 (enfat. o rafforz.) In frasi sia negative che positive, equivale a in ogni modo, a qualunque costo (…) (colloq.) no, per niente: “Hai pubblicato libri negli ultimi vent’anni?” “Assolutamente”; (colloq.) senza dubbio, certamente, sì: “Non hai pubblicato libri negli ultimi vent’anni?” “Assolutamente” 3 In unione con aggettivi, del tutto completamente: sono assolutamente certo che è tutto in comune e niente a Gaudio; il mio certificato di nascita è assolutamente falso.
│Cfr. loZingarelli.Vocabolario della Lingua Italiana, Zanichelli Bologna 2009: pagg.199-200, gli esempi sono di Mia Nonna dello Zen.│↧
Il poeta e il pesce d'aprile ▬
Ministoria di un piccione d’aprile e di un merlo di maggio
Una volta una cantante francese che aveva pervaso il mio oggetto “a” adolescente finalmente mi scrisse:”Ci sono due tipi di poeti: quelli che quando gli fanno il pesce d’aprile abboccano, e quelli che se lo mangiano”. Solo che lei, invece che poisson d’avril, lo chiamava “bourdon”, che è il pesce tipografico dell’omissione; avesse scritto poisson-scie, “pesce sega”, avrei capito di più al momento. Così non sapendo su che piede danzare, che sta in Francia per il nostro “non sapendo che pesci pigliare”, le chiesi se intendesse un pesce artificiale, tanto che lei mi rispose che forse era un poisson volant. Se vola pure il pesce, le feci un telegramma, all’epoca era il medium più veloce, l’asino, poverino, quando se lo vede di fronte o a fianco, gli viene un colpo! Ma sei proprio un pigeon, mi telegrafò il giorno dopo, un merlo, un minchione, senza cravatta, pensai nel leggerlo, da noi non è l’asino che vola, c’est le pigeon! Quindi, le scrissi, se vola le pigeonin Francia, ed è il piccione, io sono il minchione, e sono qui in Italia, saresti allora tu che vola al meridiano del mio oggetto “a”? Oui, oui, fece lei, je suis ton pigeon voyageur, ovvero la pigeonne quella che pigeonne le pigeon! Questa volta è tutto chiaro, così le risposi, tu sei il piccione che infinocchia il minchione, e non è un pigeon d’avril, e l’asino che vola che fine ha fatto? Ci sono due tipi di poeti, mi scrisse infine in quel mese di maggio il mio oggetto d’amore Françou: quelli che quando non capiscono sanno che devono stare zitti e quelli che quando vedono l’asino che vola ad aprile gli vanno dietro come un merlo e poi a maggio gli chiedono:”Ma tu sei il minchione di maggio?”. Solo che lei, invece che pigeon de mai, aveva scritto “raillé de mai”, che è il “minchionato di maggio”. Raillerie à part, a parte gli scherzi, io, che ero minchione per davvero, andai all’ufficio postale di via Alfieri a Torino e le feci questo telegramma: “io, moi, j’aime ta railure”[railure=scanalatura; del suo dorso, n.d.r] ma venne fuori un refuso o un pesce e a lei arrivò questo sintagma verbale: “Moi, gemme ta raillerie” [più o meno: “Io, resino( o : metto le gemme al)la tua canzonatura”]. Françou, la cantante, fu per questo che da allora non ne volle più sapere del suo “minchione di maggio”. Il poeta, è da allora che a ogni pigeon d’avril, ne gaudriolle plus… #v.s.gaudio
Nota sull’ identità di Françou#
Françou non è Françou Veyrenattes, come Françou Veyrenattes non era in effetti Tilleanche se avrebbe potuto essere mille volte diversa da quella che era ed essere lei sola, al tempo stesso, quelle mille differenze.
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L’epica di Alexandra Ogilvie ♥ 4
Barebacked-Love│4
L’epica di Alexandra Ogilvie
La Stimmung con Hermann sull’amore a bardosso
“Cavalcami a pelo
prima che si scateni il macelloe soffi il disprezzo, prima che
uno dietro l’altro dovrò far fuori questi lupi
che vogliono rapinarsi un trono”
a cui non posso che rispondere eccitato “Alla fine
non c’è una ragione valida che mi impedisca di farlo
anche se si scatenerà un macello che per intere generazioni
sarà il deserto della rabbia forsennata e demoniaca”
il poeta non si occupa dell’orto né di Sarah e della
sua piccola scimmia, né canta un finale alla riva o
alla terra e alla vita un finale e un addio, spesso
si avventura sui mari studiando le carte e ritornando
debitamente al porto ma non per abbracciare amici
che non ha, né chiede alla pioggia che scende dolce
e che questa gli risponda “Sono il Poema della Terra
ed eterna mi sollevo impalpabile su verso il cielo”,
tutt’al più, e sempre, di giorno e di notte, restituisce
vita alla sua stessa origine, la abbellisce,
continuerà a cavalcare la mula a bardosso
sia che di essa importi o no, debitamente ritorna
con amore
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▐ L' Henia's Game™ di Gombrowicz con l'ebook on Calaméo
-[Heniutka, la longitipo della razza nordico-vistoliana, è la Wielkopolski del dressage?] -
Henia’S GameÒ
La Lebenswelt con Witold Gombrowicz
sull’erotismo polacco inferiore al valore
Henia in piena luce in una camicetta chiara, gonna blu scura, colletto bianco, s’era messa da un lato e in attesa dei genitori chiudeva la fibbia del messale. Il poeta…s’avvicinò al muro e alzandosi in punta di piedi sbirciò dall’altra parte. Si conoscevano?
Socchiudevo gli occhi – sulla piazza c’era una sinfonia di bianco, di verde, di azzurro, di caldo - restavo con gli occhi socchiusi.
Lui per lei, lei per lui, mentre stavano così, lontani, affatto interessati uno dell’altra – eppure la cosa era talmente forte che la bocca di lui non sembrava fatta soltanto per la bocca di lei, ma per tutto il suo corpo – il corpo di lei apparteneva invece alle sue gambe!
Questa sensualità minorenne così preziosa e insostituibile, in questa piazza, sotto questo sole, il padre di Heniutka che chiede al fattore “Che facciamo con le patate?” nella gola di Grocholice nel villaggio dove c’è sempre fango, un fiumiciattolo, alcune case sparse, steccati, un pollo e un’oca, l’abbeveratoio e la pozzanghera, il cane.
Henia procedeva davanti a me, con lei le sue spalle e il collo esile da scolaretta[1], il modo di muoversi di lei, mentre procedevano in mezzo alla folla, davanti a me, nella calca ardente, era come un commento sussurrato agli spostamenti di lui, a due passi di distanza, nella stessa folla.
La mano di lei, abbandonata lungo il corpo, pigiata contro il corpo dalla pressione della folla, essa offriva questa mano premuta, l’offriva tutta alle mani di lui nell’intimità e nella moltitudine di tutti i corpi sospinti.
Chi oserebbe suggerire l’esistenza di una storia d’amore tra di loro, anche la più tenue?
Durante questi anni in cui abbiamo quasi dimenticato l’esistenza della bellezza. Ecco che vediamo germogliare improvvisamente un idillio infuocato, primaverile, come non credevamo di incontrarne mai più, ed ecco che le barriere del ribrezzo si schiudono di fronte al meraviglioso appetito di questi due.
Il sole che sta calando e la visibilità che si fa più chiara, singolarmente scura; un tronco d’albero, un angolo del tetto, un buco nella staccionata si materializzano con una precisione indifferente, la ragazza che ha finito di pelare le patate e in questa passeggiata serale, una fila di platani lungo la siepe, accanto al pozzo una fila di carri con le stanghe all’aria, con la grazia disinvolta e allegra della sua età si chinò e gli rimboccò i pantaloni un po’ troppo lunghi e imbrattati di terra, cosicché lei rimaneva immobile nello spazio nudo dell’aia tra i timoni dei carri da fieno, l’abbeveratoio spaccato, la stalla recentemente riparata.
Heniusia gli ha dunque rimboccato i pantaloni?
L’ha fatto perché lo poteva fare, chiaro, niente di eccezionale, un favore che si fa al prossimo… o sapeva di farlo per me, per il mio diletto, acconsentiva dunque a che io mi dilettassi di lei… ma non di lei sola…di lei e di lui…però, la briccona[2]!
Lei sapeva quindi che in due erano in grado di eccitare, di sedurre qualcuno.
Sulla panchina lei, seduta, una gamba con la calza e la scarpa sul piede, mentre l’altra nuda fin su, oltre il ginocchio; lui, sdraiato ai suoi piedi, nell’erba, con il pantalone rimboccato fin sopra il ginocchio, che faceva vedere la sua gamba nuda, più in là la scarpa, con dentro il calzino, la gamba di lei si mosse leggermente, s’allungò. Il piede di lei poggiò sul piede di lui.
“Ripetiamo tutto daccapo”, dissi rivolto a loro due.
Calava la sera e la luce fuggiva in maniera impercettibile, le tinte scure s’approfondivano e si saturavano, aumentavano le buche e gli antri, colmi dell’humus della notte. Il sole s’era già nascosto dietro agli alberi.
In un libro lasciato sulla terrazza trovai una busta senza indirizzo che conteneva un foglio scritto a matita appena leggibile:
“Non mi dispiace affatto che lei sia stato testimone di quell’affare sull’isola.
Lei ha visto la mia gamba nuda e la mia mano premuta sul mio corpo nell’intimità e nella moltitudine dei corpi sospinti all’uscita dalla Chiesa. Ora mi preme che veda anche lui e che sappia che lei mi ha visto.
Non risponda. Sarò solo io a scrivere, lascerò le lettere sul muretto, vicino alla porta, sotto un mattone. Bruci le lettere.”[3]
Nel punto stabilito da dove attraverso un vuoto
tra gli alberi si poteva vedere la scena
in questo punto l’acqua del canale era abbastanza alta
io sotto l’albero, Enrichetta immediatamente dietro di me,
entrambi tenevamo le teste all’insù fissando
un oggetto sull’albero, forse un frutto.
Io alzai la mano. E lei alzò la mano
su, su, al disopra delle teste, le nostre mani s’intrecciarono “casualmente”.
E quando s’erano intrecciate, furono fatte scendere
con gesto rapido e violento.
Per un attimo, lei si sedette su di me
e dopo di che, improvvisamente, cadde sull’erba
né si seppe chi dei due avesse provocato la caduta.
Cadde e per un istante restò sdraiata con le gambe
nude in primo piano, ma subito si alzò.
Lei si allontanò lentamente, io la seguii e scomparimmo
dietro ai cespugli.
Una scena in apparenza semplice, in realtà voluta
tra le esalazioni del canale, l’umidità afosa, le ranocchie
immobili, il parco assonnato della canicola.
Subito dopo la cena andai per ogni evenienza alla porta
e sotto il mattone trovai una lettera:
“L’isola non ha cambiato i miei sentimenti.
Mi piace starci in quel modo e mi piace che lui lo sappia.
Penso che a lui piacciano molto le mie mani. E le gambe.
Mi piace rinserrare. A lungo. E lentamente.
A lui piace la storia, sotto di me, minerale,
incontenibile, irrefragabile. I deretani dei cavalli al trotto.
Li ama frustare. A mezzanotte e mezzo in punto schiacceremo il verme”.
La scala che scricchiolava sotto i loro piedi che erano forse scalzi.
O nudi. Che momenti indimenticabili in questa clandestinità così
comprensibile in cui lei accorre leggera, disinvolta, un gradino dopo l’altro,
lei davanti, lui dietro, quel loro camminare felino in cui lei è la meta
dei passi bramosi di lui, anche se in quel momento la meta
è l’uccisione, il passo della giovinezza che calpesta un atto orrendo
e vi passa come se fosse una folata d’aria fresca,
tutta questa naturale innocenza introdotta in quest’avventura
per il poeta per riverirlo, conquistarlo, per civettare con lui,
c’era il fremito della carne, l’ebbrezza di un accordo in cui
c’è la necessità intima di Henia di servire il poeta, un delitto
così grave e vi si nascondeva la più stupenda bellezza del mondo,
la consapevolezza che ero stato io a ispirare quelle gambe – ecco,
un altro scricchiolio, questa volta molto più vicino, poi, di nuovo, niente, silenzio;
pensavo che forse non avevano saputo resistere, e chissà,
impressionati da questa congiura che li univa,
s’erano lasciati sviare dalla meta prefissata,
s’erano abbracciati dimentichi di tutto e di tutti
cercavano nell’oscurità i loro corpi proibiti!
Nell’oscurità delle scale. Ansando, Lei
con l’abricotmouillé, il damasco mojado; lui
con il glande teso e unto, lucido e brillante
nell’oscurità.
Vedevo la mano di E. che rinserrava l’asta
del ragazzo e pensavo che lei fantasmasse
che fosse la mia nerchia.
Poteva anche darsi. Era davvero possibile?
No, ecco un altro scricchiolio faceva
supporre che le mie speranze erano vane,
che nulla era cambiato, che continuavano a salire-
e subito fu chiaro che speravo in cose
del tutto irrealizzabili, escluse in anticipo,
estranee al loro stile; erano troppo giovani.
Troppo giovani per poter trattenere il silenzio
afferrare il fallo e rinserrarlo menandolo
fino a farlo cannoneggiare come un Parrott da 30 libbre e 4,2” .
Dovevano arrivare quindi fino alla porta, e uccidere.
La loro clandestinità inebriante con quel loro peccato
che avanzava in punta di piedi, le loro gambe concordi
e segrete, le labbra dischiuse, il respiro heimlich e proibito
fino a gustare il sapore del delitto giovanile,vergine.
Toc, toc, toc. Toc, toc, toc!
Era lei che bussava alla porta.
Udii H. che diceva “Sono io”.
Lei che non è per se stessa, lei che è fatta per qualcuno.
E quindi è per lui, lei è sua.
Ripiegata la camicetta, posò la mano sul tavolo, la sua
mano giacque aperta, impeccabile, ordinata sotto
ogni aspetto, del resto ginnasiale[4],proprietà di babbo
e mammina –ma nello stesso tempo era una mano
priva di indumenti, completamente nuda, nuda
della nudità non di una mano o di un ginocchio che
sfugge dalla gonna ma nuda come una minchia
e con questa mano ginnasialmente libertina
- con cui bussò alla porta dell’uomo da uccidere-
lei lo eccitava, lo eccitava in un modo
“stupidamente giovane” e brutale come il canto
profondo, magnifico, che scintillava da qualche parte
in loro o intorno a loro.
Lui puliva la lanterna.
Lei continuava a star seduta.
Il poeta nel silenzio della precoce carnalità dei due
nell’area della propria eccitazione
restava tranquillamente[5]gonfio d’istinto e notturno
a violentarla lì per lì percorrendola e attraversandola
nell’alterità del suo semivalore che era la sua magia
e il suo potere, quella disposizione fatale che
se si fa punctum e viene percepita è sempre
della misura di quella strettezza indicibile
con cui lei sta rinserrando la libido del poeta[6].
Perciò, è per sua essenza immorale, e lei
pur dicendo quando bussa “Sono io”
in quanto oggetto puro, non è identificabile.
Il poeta non si lascia imbrogliare.
Uno ha schiacciato il verme e l’altra
ha schiacciato lo stesso verme.
“L’abbiamo fatto per te. Per unirci nel peccato-
davanti a te e per te.”
Tutto si svolse in maniera innocua, proprio
come innocuo e privo d’importanza
può essere un verme schiacciato.
Lei alzò una gamba per grattarsi
il polpaccio- intanto la scarpa di lui si sollevò,
fece un semicerchio e schiacciò il verme…
ma da un lato soltanto, cosicché la parte rimanente
del verme potesse tendersi e serpeggiare
fin quando apparve la scarpa di H.
che schiacciò il verme dall’altro lato,
risparmiando meticolosamente la parte centrale
affinché continuasse a torcersi e a strisciare.
Il poeta guardò la nostra coppia. Sorridevano.
Come son soliti fare i giovani quando
è difficile districarsi da una situazione imbarazzante.
E per un istante, in tutto quel disastro,
loro due e io ci guardammo negli occhi,
le loro labbra dischiuse, le loro gambe
concordi nel segreto, la mia clandestina
erezione dello stesso peso immenso
di cui si erano presi la responsabilità,
della stessa mole opprimente del loro delitto.
[1] Cfr. l’analemma esponenziale della ginnasiale di cui alla nota 4.
[2] Vedi alla nota 6 quanto si dice sulla leggerezza briccona di Heniusia.
[3] Un po’ come a Harriet Moudron, il poeta avrebbe potuto scrivere a Heniutka:”Mia Patafisica Riqueta, dalla pelle modronica o meglio moudronica, dal francese “moudre” che è macinare, che rende pienamente e tattilmente il senso della palata interminabile e del macinamento fatto sia con l’acqua, davanti, che nel “moulant”, il participio presente di “moudre”, questo sei, il moudron, il macinatore, il modellatore del fallo, con tutto il tuo spingere basso e persistente, poco esteso in alto, così profondo, grave e indecente. Il tuo deretano-moudron ha questo distendersi della pelle, questo touch, questo patagonismo polacco che ti canta dentro, e che ha un taglio indicibile, una strettezza–abbraccio, malleabile paradigma del protrarsi e dell’attraversare, del prolungarsi dell’istante, sema e sintéma della sequenza del penetrare, dello spingersi, Heimlich di un cavalcare infinito nel silenzio del touch, in questa interruzione del mondo in cui la continuità della quiete ha la percussione moulante del tuo moudron-ricura”(cfr. V. S. Gaudio, La ragazza di Goteborg, © 2005).
[4]L’analemma esponenziale che, in virtù del sibaritismo, raddoppia, moltiplica la figura del personaggio iniziale, e che ha già fatto connettere Heniusia con Harriet Moudron, connette la ginnasialeche è E. con la “ quieta ripidezza di collegiale cresciuta” che c’è in Lol V. Stein, il personaggio di Marguerite Duras, questo c’è sotto le dita che le toccano la pesca e la leggera stimmata del desiderio, questo conno di collegiale fattasi grande, stupefatto e biondo, bagnato e palpitante che si lascia toccare con il meridiano su cui sta l’orizzonte a quindici sotto, tra seta e velluto, un po’ patafisica, un po’ situazionista, un po’ attonita, un po’ banalmente artificiale, un peu niaise pêche à quinze sous(cfr.: V.S.Gaudio, La fille de mon peuple pêche à quinze souse le mutande di Lol V. Stein, © 2006).Il sibaritismoè la voluttà dell’omonimia, questa sovrapposizione di figure dell’altro che fornisce un piacere supplementare e simultaneo: questo piacere superiore, “tutto formule, perché in fin dei conti non è altro che un’idea matematica, è un piacere di linguaggio”[Roland Barthes, Sade II, in: Id., Sade, Fourier, Loyola, trad. it. Einaudi,Torino 1977: pag. 145] è nell’ordine della surfusione, del testo e dei corpi, un po’ come il pornogramma prodotto da Sade:”il pornogramma non è solo la traccia scritta di una pratica erotica e neppure il prodotto di un ritaglio di questa pratica, trattata come una grammatica di luoghi e di operazioni”[Roland Barthes, ibidem:pagg.145-146]: come Eugénie che dice ai suoi professori “Eccomi tutta nuda, dissertate quanto vorrete su di me”, così Henia, per la simultaneità dell’analemma esponenziale, dice allo scrittore, prima, e al poeta, poi: “Mi staglio sullo sfondo per voi adulti, dissertatene quanto vorrete e parlatene, oppure, è meglio, scrivetene” perché “la scrittura sia ciò che regola lo scambio di Logos e di Eros, e sia possibile parlare dell’erotica da grammatico e del linguaggio da pornografo”[Roland Barthes, ivi]. Il sibaritismosovrappone il piacere che Enrichetta si è dato come ragazza godendo nell’ISUFYPAdel romanzo ai godimenti che l’analemma esponenziale procurerà nel suo altrove originato dalla sua alterità sovrana, ma sovrappone in questa simultaneità sensoriale, che è questa Lebenswelt, che è un contenuto del pornogramma, altre figure a quell’alterità assoluta del fantasma irreprimibile[o perenne]della Ragazza Polacca per Gombrowicz. Il sibaritismo,che, oltretutto, è connesso al triangolo di posizione dell’altrove del poeta, è l’ologramma di questa impenetrabilità di Enrichetta, la percezione acuta e immediata di un qualcosa che perennemente non si comprenderà - perché la cosa peggiore è la comprensione – in questa deterritorializzazione lenta che sposta il senso da una longitudine all’altra(qui dai 21° E del luogo in cui E. si trova protagonista dell’ISUFYPA ai 16° E del luogo dove avviene la Lebenswelt) e ne perverte la differenza o il resto da una latitudine all’altra: è questa assenza continua del corpo che diviene la qualità frattale che esalta la mente. Perché il poeta sostituisce al proprio desiderio la tentazione dell’esilio nel desiderio dell’altro, che è Gombrowicz o Henia, e della sua traversata, che è questa Lebenswelt in cui si rende conto dell’eccesso che ha fatto del touch di E. una passione il cui esotismo radicale non fa che far ritrovare continuamente l’immaginazione al corpo.
[5] Cfr. la quietud che c’è in Enriqueta alla nota numero 3.

· da: v.s.gaudio, henia's game, ©2007 ·
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César Vallejo ▬ Pienso en tu sexo
César Vallejo # da ▬ Trilce © 1922
XIII
Penso al tuo sesso.
Semplificato il cuore, penso al tuo conno,
davanti all’esplosione matura del giorno.
Palpo il bottone del gaudio, è al punto giusto di maturazione.
E muore un sentimento antico
che degenera in senso.
Semplificato il cuore, penso al tuo conno,
davanti all’esplosione matura del giorno.
Palpo il bottone del gaudio, è al punto giusto di maturazione.
E muore un sentimento antico
che degenera in senso.
Penso al tuo conno, solco più prolifico e armonioso del ventre dell’Ombra,
anche se la Morte concepisce e genera
da Dio stesso.
Oh Coscienza,
penso, sì, al bruto libero
che gode dove vuole, dove può.
Oh, scandalo di miele dei crepuscoli.anche se la Morte concepisce e genera
da Dio stesso.
Oh Coscienza,
penso, sì, al bruto libero
che gode dove vuole, dove può.
Oh frastuono muto.
Otumonoutsarf![i][i]Otumonoutsarf: è l’anagramma ottenuto invertendo il verso precedente. Vallejo ottiene, da “estruendo mudo”, l’anagramma: Odumodneurtse; noi, nella traduzione: Otumonoutsarf; altri traduttori, che tradussero “estruendo mudo” con “strepito muto”, ottennero: Otumotiperts.
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Massimo Sannelli ░ Sperma di Ariete e di Nanni Cagnone
di Massimo Sannelli
Identificare l'autore: Nanni Cagnone, nato il 10 aprile 1939. Come Claudio Magris? Sí: benedetto il giorno e il mese e l'anno. I due si assomigliano? No, direi di no. Ne sono abbastanza sicuro, con un po' di violenza d'autore/attore, poco gentile.
Descrivere la forma: aforismi, pensieri separati, poca narrazione, «scorie dell'oralità, sopravvissute alla perdita dei contesti. Frasi caratteriali, glosse emotive, simulazione di certezze apodittiche». Descrivere lo stile: tiene o non tiene? Tiene, tiene: è controllato e maturo e severo e colto, e molte altre cose. Chi pubblica il libro? La Finestra editrice, nell'anno 2015: prima uscita della collana Coliseum. Coliseum? Coliseum, di nuovo.
Descrivere la forma: aforismi, pensieri separati, poca narrazione, «scorie dell'oralità, sopravvissute alla perdita dei contesti. Frasi caratteriali, glosse emotive, simulazione di certezze apodittiche». Descrivere lo stile: tiene o non tiene? Tiene, tiene: è controllato e maturo e severo e colto, e molte altre cose. Chi pubblica il libro? La Finestra editrice, nell'anno 2015: prima uscita della collana Coliseum. Coliseum? Coliseum, di nuovo.
E il sapore? Eccellente. Eccellente? Eccellente. Un elisir d'amore nervoso e Discorde, diciamo. Â Elementi lancinanti, sparsi (come «scorie», «sopravvissute», ecc.): «La maggior parte dei rapporti amorosi serve a convalidare il reale»; «Il poeta sente la poesia come un invalido l'arto fantasma». Ricordi di quando la gloria era una bella Gemeinschaft con le anime belle: «L'unica volta in cui ci sembrò d'aver preso cittadinanza, fu quando – nella contigua Albissola, lungo le estati dei declinanti anni Cinquanta – si stava al bar Testa o altrove con Lam Fontana Alechinsky Capogrossi Fabbri Baj Dangelo Cardazzo Rossello Crippa Jorn Manzoni Sassu Elde De Micheli Appel Milani Scanavino Bertagnin Matta Corneille Guerrini De Chiffre Dova San Lazzaro Mazzotti Chiodi Leoncillo Luzzati Sabatelli... La serenissima repubblica era governata dal bel tempo, dall'arte ceramica e dai sortilegi del mar Ligure». Quello non era proprio il Parnaso, ma era reale ed era esteso. Ci fu, per chi passò da quelle parti. Chi divaga è perduto. Anzi: si è già perso, come Pollicino. Chi corteggiò i colori scuri si è perduto? Vediamo: «Nazifascisti, Jünger Benn Gehlen Pound Céline Heidegger Giono? Ne avevano il diritto, se ad altri fu lecito essere stalinisti. Ma non credo ai loro idilli con il Drittes Reich. Nella realtà, non lo riconobbero. Ad agire fu l'ebbrezza delle loro metafore, l'insolenza d'inconciliabili sogni. Gl'innocenti postbellici – i vincitori – non risparmiarono loro volgarità alcuna».

Gli esperimenti, già. Un esperimento che non può funzionare è questo: avere la propria storia della letteratura italiana, discorde e nervosa. Ecco il serpente intero, che lo dice per negarsi: «Non esisterà mai una storia della letteratura che ci si adatti, nessuna sarà tanto accurata da invitare al party i nostri prediletti, né tanto lacunosa da risparmiarci autori grandi per altri ma non per noi. Rovina tuttora gli storiografi la pretesa d'uno sguardo imparziale (nel dar forma all'oggetto, restare senza forma), mentre il probabile bifolco che antepone Tennyson a Hopkins, o Pasolini a Testori, sarà propriamente tale solo per noi». E glosso così: io amo Pasolini e Testori, tanto per dire. Non da contemporaneo, è chiaro, soprattutto non da contemporaneo del primo. Ma so – credo di sapere, non da contemporaneo – perché Testori è un artista e Pasolini no, o non del tutto, o non sempre, ma a caso, e non per molto. E allora? Non è un problema: il nostro arbitrio «non produrrà storie letterarie perché la nostra è vera prepotenza» (e Pasolini pensò di essere un nuovo Dante, o l'Ambiguo per eccellenza, o il papa Pietro II: sempre con «vera prepotenza»).
Non si fa il riassunto dei frammenti: è come mettere puntelli da filologo dove il ritmo è spezzato. E non si fanno esperimenti su libri come questo. Ma io uso volentieri e spesso la prepotenza, che non è un piacere inoffensivo, appunto. Questo uso è bello, davvero, e anche pratico (e il Sagittario ascolta volentieri una virtú di Ariete). Ma c'è un segreto, in Discorde: la coppia – separata, non unita – di scritti su Emilio Villa. Il centro è questa coppia, perché dichiara in fretta qualcosa che va oltre lo stesso Villa: il rapporto avanguardia-accademia, il dolore dell'anarchico davanti a Mickey Mouse, il rischio di dire parole «sacrosante», da non dire, perché è un rischio, appunto, e l'altro amico è afasico, e l'amicizia ha una gerarchia, oltre che una cortesia. Bisogna essere chiari: non si è sacrosanti davanti ad Emilio Villa, soprattutto se chi parla fu solo «un amico minore».
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Swuop ▌Breve divagazione ziffiana sulla poesia visiva di Michele Perfetti
□Michele Perfetti│In tutti sensi si gira│© 1971; 20x20; fondazione bonotto Breve divagazione ziffiana sulla poesia visiva di Michele Perfetti 1. In tutti sensi/ si gira//clamorosa novità/rivoluziona i trattamenti. Così diceva Michele Perfetti. E’ vero? Voglio raccontarvi un’altra storia. Un poeta che faceva le singlossie[1] si faceva fare i disegni e lui ci metteva le didascalie. Senza parlare, in silenzio. Tanto che Mia Nonna dello Zen gli domandò: “Senza disegnare, senza parlare, scrivendo la didascalia, come puoi esprimere la verità?” Il singlossista osservò: “Ricordo a Mia Nonna dello Zen che io abito nella Conca d’Oro che quando è primavera brilla tanto che il mare è abbagliato dai suoi riflessi”. C’è un commento di un semiologo su questo singlossista. Dice: “Il singlossista aveva spesso delle illuminazioni Zen. Ogni volta che ne aveva la possibilità, le esprimeva. Ma questa volta non riuscì a farlo e si limitò a citare il riflesso della Conca d’Oro sapendo che Mia Nonna dello Zen era ancora convinta che la Conca d’Oro fosse invece il suo habitat nell’alto Jonio della Calabria”. 2.In tutti sensi/ si gira//clamorosa novità/rivoluziona i trattamenti. Così diceva Michele Perfetti. La didascalia ce l’aveva messa lui stesso, e anche il disegno, così pare. La didascalia è , questo ci preme sapere, un’affermazione vera? Fare un’affermazione è compiere un certo atto del parlare. Così, noi pronunciamo una certa espressione nel modo appropriato e nelle circostanze adatte. Come in un quadro, quando si tratta di una poesia visiva. Fare una poesia visiva e fare un’affermazione non sono però la stessa cosa[2]. 3. E’ vera l’affermazione “In tutti i sensi si gira”? Michele Perfetti questo ha scritto: “In tutti i sensi si gira”, ma non faceva un’affermazione: scriveva una didascalia in una poesia visiva. “Scansatevi, che adesso con questa palla di ferro vi spacco la testa!” può essere un ordine. Ora, io non vi ho dato un ordine, vi ho dato semplicemente l’esempio di un ordine. Comunque l’ordine “ Scansatevi, che adesso con questa palla di ferro vi spacco la testa!” sarebbe un ordine alquanto sciocco, anche perché non è sicuro che la palla di ferro sia referenzialmente vera. Dare l’esempio di un ordine e scrivere la didascalia in una poesia visiva non sono cose molto simili; tuttavia, hanno questo in comune: dare l’esempio di un ordine non è dare un ordine, e scrivere una didascalia in una poesia visiva non è fare un’affermazione. 4. Che cosa dice Michele Perfetti? In tutti sensi/ si gira//clamorosa novità/rivoluziona i trattamenti. Dice davvero Michele Perfetti che in tutti i sensi si gira, ma chi si gira? La palla di ferro, e perché sarebbe una clamorosa novità, e se rivoluziona i trattamenti, quali trattamenti e perché uno si fa i trattamenti con una palla di ferro? Insomma, in una poesia visiva, sembra che il senso di ciò che si scrive dipenda da chi lo dice e in quali circostanze e perché; questa generalmente è la norma, e non è detto che il poeta, facendo roteare la palla di ferro, sia capace poi di farla roteare personalmente; allora fa una poesia visiva? 5. I poeti visivi, lo sappiamo, si comportano sempre in modo ambiguo. Prendono un’immagine, ne prendono un’altra anche con un altro paradigma e poi al massimo della loro potenza creativa, ritagliano un titolo da un giornale, o usano i letraset, e via, la didascalia è fatta, ma non è detto che quello che dice sia vero, e allora perché lo dice? Ma semplicemente perché ci sono i caratteri e le scritte a disposizione, altrimenti che te ne fai, ci accendi il fuoco? 6. Leggo la didascalia della poesia visiva di Michele a un bambino che ha visto l’immagine e dico: “C’era una volta un uomo o uno che faceva il lancio del peso, ancorché non fosse un giavellottista…”. Il bambino mi chiede: “C’era davvero quell’uomo e che dice?” e io dico “ No, è soltanto un disegno”. “E perché dice quello che c’è scritto?” “E’ semplice. E’ una didascalia, un’apposizione, spiega un po’ quello che fa la figura.” E lui: “Ed è vero allora?”. Può darsi che sia vero, ma non è detto che poi le cose siano andate effettivamente così come si può pensare che siano andate stando al disegno. 7. Una poesia visiva, quando la confronti con un’altra poesia visiva, capisci allora che esistono vari modi di fare le cose e di guardarle, uno usa la carta, uno ci incolla altre carte, o ci stampa dei caratteri e ne fa una litografia, anche una serigrafia, l’incisione di una poesia visiva sarebbe ancora più profonda. Guardo la pagina stampata e leggo quello che c’è scritto, un carattere, una lettera, una frase nominale, un sintagma verbale. Ma , a volte, lo confesso, non faccio niente di tutto questo: guardo e basta. Ricordo degli interi pomeriggi passati nelle Gallerie d’Arte a Torino in cui stavo lì seduto di fronte a un quadro, anche una poesia visiva, e niente, non facevo niente, non fumavo nemmeno, a volte mi portavo da casa una bottiglia di spumante e c’era una ragazza in una galleria che ci si faceva i brindisi in silenzio, e lei poi mi sorrideva e guardava la poesia visiva e io guardavo lei quando si alzava dalla panca dov’eravamo seduti per andare a rispondere al telefono, e io allora non guardavo più la poesia visiva e guardavo lei che stava andando a rispondere al telefono. Ecco cosa facevo. Ora, io non posso dire se mi capitò allora che in una di queste esposizioni ci fu questa poesia di Michele Perfetti, o di un altro poeta visivo, metti di Franco Verdi o di Ugo Carrega se non di un singlossista vero e proprio, ma di certo è che stando così seduto negli inverni, e anche negli autunni, eterni della Torino degli anni di piombo, a pensarci bene, mai ebbi la ventura di vedere un’esposizione di poesia visiva in quella città negli anni di piombo, però la storia della ragazza e dello spumante è vera, nel senso che ci fu una volta che le dissi “In tutti i sensi si gira”, e poi: “Resta ferma, ti prego, e io leggerò per te, gira,ma tu stai ferma, a meno che il sole non si arresti domani a mezzogiorno, ti prego resta ferma, non ha ancora raggiunto il più alto grado, ma gira e presto, clamorosa novità, riusciremo a mettere in scena il gaudio del bere alla tedesca”. Tanto che, lei, davvero incredula, con gli occhi sgranati, non sapendo se ridere o piangere, all’improvviso scoppiò a ridere e disse: “Chiunque legga una poesia visiva come se fosse un sonetto metafisico, di quel tuo amico con cui sei venuto qua l’altro giorno a vedermi danzare, è tanto sciocco quanto chi tracanna lo spumante e sorseggia la gazzosa. Michele Perfetti non è Franco Verdi, ma non si potrà scoprire quello che merita di essere scoperto se guardiamo una poesia visiva di Michele Perfetti come se fosse una singlossia di Ignazio Apolloni”. 8. Dico a qualcuno: “Se devi leggere i giornali, “Vero”, “Stop”, Tv Sorrisi e Canzoni”, “Chi”, “Gente” e “Astra”, il solo modo intelligente di leggerli è quello di leggerli con occhio critico”. Voglio quindi che, mentre legge, egli si chieda con una certa frequenza “E’ vero?”. E’ uno dei modi di leggere qualche cosa. Domandarsi, però, “E’ vero?” ha un senso nella lettura di giornali, libri di storia, e così via. Non credo però abbia molto senso nella lettura della poesia visiva. Esistono modi diversi per leggere componimenti poetici visivi diversi, ma nessuno di questi implica che ci si domandi “E’ vero?”. Per lo meno, non credo che un componimento poetico visivo comporti mai una domanda del genere, anche quando capita che il poeta visivo come sfondo abbia messo il deretano di Madonna, tratto dal video di “Hung Up”[3]. Tuttavia, non posso provarlo: esistono troppi modi diversi di guardare e di leggere la poesia visiva. Non si deve dire pertanto “E’ vero” ma “C’è della verità nella poesia visiva”, anche se non è detto che sia una clamorosa novità o che, addirittura, possa rivoluzionare i trattamenti. 9. E “Crash”, “Swuop”, e la pistola? Mi disse infine, un giorno, la ragazza della Galleria. Ebbene, le dissi, “Crash” è l’onomatopea dello sparo e “Swuop” è il suono della mazza che vortica o rotea. La poesia visiva, così, ha qualcosa del fumetto, tanto che, adesso, a pensarci e a riguardarla la litografia di Michele Perfetti, non faccio che convincermi che quello con la pistola e la mazza sia un Lafcadio Incaricato, uno di quelli de L’Assassino dei Poeti come una delle Belle Arti[4], che sta spazzando via, in tutti i sensi, chissà quanti dei poeti lineari, che, un giorno sì e l’altro pure, pubblicano a pagamento almeno una plaquette di poesie, appena appurano che gli esami all’università non glieli fanno i titolari del corso ma i cosiddetti cultori della materia, presi a sbafo da ogni scuola secondaria di ogni ordine e grado, che, a rivederli, quegli studenti si accorgono che sono i loro stessi insegnanti delle scuole secondarie e, perciò, appena si son fatti registrare tre esami col massimo dei voti, tornano a battere cassa a casa per pubblicare il loro primo libro di poesie; poi crescono, e, quando chiudono gli studi ordinari, hanno già pubblicato a pagamento 18 libri di poesie , e si iscrivono all’ordine dei giornalisti, avendo pubblicato due poesie su una rivistuccia che esce come supplemento al numero 6 del “Corriere” locale datato 1965, il cui responsabile è morto, chissà se è vero?, almeno trenta anni prima! Io non voglio incantarti , per le onomatopee, citando il Trattato dell’Argomentazione di Perelman & Olbrechts-Tyteca[5], questo, infine, dissi alla ragazza presente , che si era rigirata e adesso non ricordo più quale fosse il senso della figura e della posizione, tanto che feci: “Swuop”, e lei sorridendo: ”Crash”, era bella la ragazza, in tutti i sensi, una sventola, una figura della presenza: swuop, e mi guardò ancora e con quella pistola che c’è nella poesia di Michele Perfetti fece fuoco: “Crash”, con la figura della ripetizione ( o l’anafora del suo passo) raddoppiò l’effetto di presenza: era lei il Lafcadio Incaricato di eliminarmi in quanto poeta epifanico con un colpo al cuore! E’ vero? Che cosa è vero?” La poesia visiva di Michele Perfetti è vera” sarebbe un’affermazione strana se riferita a quella litografia, e, se riferita a una poesia qualunque, l’affermazione non sarebbe pertinente, come lo è anche nel caso di un’onomatopea e di un’arma presa isolatamente e fuori dal contesto di quella poesia visiva. Non si deve dire pertanto “E’ vero, il Lafcadio Incaricato mi ha colpito al cuore” ma “Crash”, l’onomatopea c’è stata, in quella Galleria d’Arte la poesia visiva si girava in tutti i sensi. “Swuop”, è il suono del roteare di un oggetto fallico, che, se ti prende, è al meridiano che passi con quel Lafcadio che sta colpendo duro il tuo oggetto “a”. L’onomatopeaè, s’è capito, una delle figure di presenza, è caricata come una pistola, che amplifica lo “swuop” della palla di ferro. C’è della verità in essa… 10. L’oggetto a , mi disse la ragazza della Galleria d’Arte, rappresentato nel quadro, e il quadro , come dice Paul Ziff[6], è P come rappresentazione di un oggetto a, P allora è una rappresentazione pittorica di a se e solo se esiste una certa corrispondenza fra P e un aspetto visivo di a. Vuoi dire, le dissi, che tu come Lafcadio che colpisci duro il mio oggetto “a” sei rappresentata nella poesia visiva di Michele Perfetti? Se fossi stato un liocorno, disse lei, e i liocorni non esistono e non hanno quindi un aspetto visivo cui possa corrispondere la rappresentazione, come avrei potuto colpirti o almeno dare un bello Swuop al tuo oggetto “a”? Ma, è questo che le dissi, non mi sembra che tu possa essere un liocorno, a prescindere dal tuo segno zodiacale, e anche quando cammini, in tutti i sensi c’è qualcosa che si gira, e allora se a , intendo l’a di Paul Ziff, qualora dovesse esistere o accadere è certo che non sarebbe un liocorno ma semplicemente saresti tu che come oggetto a, come lo intende Lacan, tutta tesa tra lo schema verbale della didascalia e le onomatopee delle armi, sei tutta rappresentata nel quadro P, che è la poesia di Michele Perfetti, non è vero? [2]Cfr. Paul Ziff, Verità e Poesia, in:Idem, Itinerari filosofici e linguistici, ©1966, trad.it. Laterza, Bari 1969. [3]Vedi è L’Hung-Up di Madonna e lo shumepikëdi Aurélia Steiner de Durrës. [4]Cfr. Anonimo del Gaud, L’Assassinio dei Poeti come una delle Belle Arti, ©1999-2003; se ne stanno pubblicando online schede del P.M. ed estratti su “Uh Magazine”. [5]Chaïm Perelman, Lucie Olbrechts-Tyteca, Trattato dell’argomentazione.La nuova retorica, ©1958, trad. it. Giulio Einaudi Editore, Torino 1966. [6] Cfr. Paul Ziff, Che cosa rappresenta un quadro, in: Idem, Itinerari filosofici e linguistici, trad.it. cit.: pag.69. $ LEGGI ANCHE Alessandro Gaudio |
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Giuseppe Favati ▌La scheda del P.M. da "L'Assassinio dei Poeti come una delle Belle Arti"™
[Dal: Fascicolo del P.M. e del Procuratore dell’Accademia per l’Assassinio come una delle Belle Arti:Quadro indiziario; Motivi; Griglia di Parsons; Orientamento tecnico-strumentale del Lafcadio Incaricato, in: Anonimo del Gaud, L’Assassinio dei Poeti come una delle Belle Arti, © 1999-2003]
GIUSEPPE FAVATI
(Pisa, 1927; visse a Firenze, dove è stato giornalista de “Il Ponte”)
Titoli: Controbuio, Firenze 1969; Foglio di guardia, Manduria 1970; Per una toponomastica della nostra città, in “Tabula” n.3/4, 1980; Ameleto, in nome dei padri, Firenze 2000.Quel Boobs-bang di Piazza della Pupporona •
Il poeta, famoso non solo per aver ottenuto nel 1970 il Premio Mugello-Resistenza ma anche per la toponomastica della nostra città, non fu assassinato nei pressi del Ponte, né sotto, né sopra: il corpo(in verità, i resti) del vecchio scriba fu rinvenuto tra Via all’erta mammella e Piazza della Pupporona, non si sa ancora se nel Canto de’ biblici seni stuporosi o proprio in Corso Bellosguardo ancorché strabicoi.
Firenze, lo sapete anche voi, non è Madrid, dove, come testimonia Gomez de la Serna,i seni hanno la bellezza breve dei seni vivacissimiii, anche se in Via all’Erta Mammella c’è un viavai di seni di francesina, che sono oltre che belli alteri e di una soavità indicibile, anzi c’è chi riferisce che l’”erta mammella”, essendo situata tra Piazza del Duomo, Palazzo Medici-Riccardi e Piazza S. Lorenzo, o tra Piazza della Signoria, Chiesa di Orsanmichele e Galleria degli Uffizi, fa accorrere tutti a radunarsi intorno alla scena di meravigliosi seni alla parigina davanti ai quali bisogna saper tremareiii.
La soavità altera dei meravigliosi seni alla parigina, che è spettacolo primaverile in Via all’erta mammella, non si può dire che sia abituale ostensione in Piazza della Pupporona, dove, si narra, apparvero i seni della moglie di Lucifero,”i più rimbombanti che siano esistiti”iv, i più grossi Big Melons mai apparsi in una piazza seppur d’arte, qualcosa che va oltre Anita Ekberg, Jane Mansfield e Jane Russell, una Pupporona tra Candy Samples, l’attrice hardcore che al meglio della sua forma gestiva una latteria per 122 cm di circonferenzav, e tra Chesty Morgan, alias Susy Tettalunga, nota interprete de “Il Casanova” di Federico Fellinivi, e Uschi Digart, una delle Brabusters più usata da Russ Meyervii. I biblici seni stuporosi sono stanchi di piacere o hanno capezzoli che guardano con la più grande rassegnazione, guardano verso il basso con molta filosofia e son seni che hanno “un’ansia recondita di essere lapidati da tutti gli uomini che [alle feste religiose e ai pellegrinaggi] si agglomerano nel luogo della festa”viii, e, giacché questo Canto il Pubblico Ministero non lo rinvenne nella topografia di Firenze, si pensò che doveva per forza di cose trovarsi in un quartiere in cui tutti i seni sono chiusi in casa o in un quartiere abitato da seni tristi oppure in un quartiere in cui i seni escono in processione. Il vecchio scriba fu fatto saltare(su questo non v’eran dubbi o incertezze) in aria con esplosivo ad aria liquida, come si usa fare con i poeti contestativi anziani in ottemperanza alla norma di cui al Capitolo 2° (=Tipologia dei Poeti e Arma di Prescrizione), o piuttosto non da un bazooka ma da un Bazoom il cui potenziale di P.O.ix ha un effetto esplosivo compreso tra 122 (=P.O. Candy Samples) e 185 (=P.O.Chesty Morgan).
Testimonianze di Federico Fellini, il bosomaniac Russ Meyer, Andréa Ferreol de “la Grande Abbuffata” di Ferreri, Sandra Milox, Riccardo Mannelli, l’autore della “Boobsy-Art”, con uno dei suoi capolavori assoluti Manty Mounjoy, Busty Dusty(P.O.114), Angelique(P.O.109), Lulù Devine(un P.O. che ha fatto la storia della Boobsy Art), Jessica(proposta come “Rubenesque-body”), Deborah con l’acca Caprioglio, Chloe (un decollàge di scuola francese)xi, Melanie(P.O. 84…pollici!), le sorelle Fulsom (Zena e Cindy), Susan Brecht e Lisa Miller, Nancy, l’extra-expressionist tedesca Crystal Storm, la ginnica Busty Brittanyxii, Lisa Lipps (una tensostruttura oscillante), Lilli Xene (che esalta tutto lo spirito antigravitazionale della Boobsy, Art o Bang che sia), l’esplosiva armonico-ghiandolare Lorraine the Bombxiii.
§ Bang che significa esplosione è qualcosa di sorprendente in inglese pop e nello slang generico significa eccitazione. Nello slang tabù, un rapporto sessuale frettoloso, veloce e to bangequivale a farsi una pera.
I plurali boobs e boobies sono sinonimi volgari di “breasts”(seni), termine molto affettato e formale.
Boobytrap è lo scherzo per cui qualcosa cade in testa a chi entra da una porta. Booby , come termine militare, è un ordigno esplosivo apparentemente innocuo.
i Cfr. Giuseppe Favati, Toponomastica della corporalità femminile(a cura di un vecchio scriba):
“Tosco accattone di residue elemosine
io ti chiedo soccorso o mai morta Mnemosine
Ponte sospeso sulle nude Grazie
Vicolo Animani (già animate mani)
Poggio la mano Non morta
Via quella storia (già narrata dagli uomini)
Volta ai venti di tutte le viltà
Corso Bellosguardo ancorché strabico
Viuzzo Belvedere di sotto
Via di fuga del collante
Piazza della Pupporona
Via all’erta mammella
Canto de’ biblici seni stuporosi
Porta(…)
Via San Rossore(…)
Passo della censurata rosa aulentissima
Discesa al becco di cucùlo
Sdrucciolo(…)
Canto(…)
Lungofiume(…)
Via del Foro(…)
Slargo(…)
Rotonda(…)
Rampa(…)
(…)”: pubblicata in:Ragioni e canoni del corpo, versi inediti di poeti contemporanei, a cura di Luciano Troiso, Terziaria Asefi, Milano 2001:pagg.84-85.
“Tosco accattone di residue elemosine
io ti chiedo soccorso o mai morta Mnemosine
Ponte sospeso sulle nude Grazie
Vicolo Animani (già animate mani)
Poggio la mano Non morta
Via quella storia (già narrata dagli uomini)
Volta ai venti di tutte le viltà
Corso Bellosguardo ancorché strabico
Viuzzo Belvedere di sotto
Via di fuga del collante
Piazza della Pupporona
Via all’erta mammella
Canto de’ biblici seni stuporosi
Porta(…)
Via San Rossore(…)
Passo della censurata rosa aulentissima
Discesa al becco di cucùlo
Sdrucciolo(…)
Canto(…)
Lungofiume(…)
Via del Foro(…)
Slargo(…)
Rotonda(…)
Rampa(…)
(…)”: pubblicata in:Ragioni e canoni del corpo, versi inediti di poeti contemporanei, a cura di Luciano Troiso, Terziaria Asefi, Milano 2001:pagg.84-85.
ii Cfr. Ramón Gomez de la Serna, Seni, trad. it. Dall’Oglio, Milano 1978: “I seni della Chelito hanno la bellezza breve dei seni vivacissimi di Madrid”:pag.198.
iii Cfr. Ramón Gomez de la Serna, op .cit.: “Tutta la città si affolla maestosa e fa da paralume intorno a qualsiasi parigina che li denuda. E’ un atto clandestino e però acquista somma gravità e fa delirare di gioia. –Ma davvero sono parigini?Non m’inganni?...(…)Bisogna saper tremare davanti a certi seni parigini, L’Accademia, il vecchio palazzo dell’Istituto, il Louvre, la piazza dell’Odeon, tutto accorre a radunarsi intorno alla scena della scoperta dei seni della sconosciuta parigina(…)”:pag.233.
iv “I seni della moglie di Lucifero sono i seni più rimbombanti che siano esistiti. Egli, fra le donne con seni voluminosi che sono andate all’inferno senza remissione, ha scelto la più alta, quella dai seni migliori e più grossi(…)”: Ramón Gomez de la Serna, op. cit.:pag.271.
v “Attualmente una delle attrici hardcore più in forma(…)è la voluminosa Candy Samples, adorata da milioni di fans in tutto il mondo: alla ribalta dal 1969, l’ottava e la nona meraviglia del mondo sono assicurate per due milioni di dollari presso i Lloyds di Londra”: Big Tits Forever!, in “Diva Mania”, Glittering Image, Firenze 1990. Per vederla: All the Way In, film Usa 1984, regia di Bob Chinn, durata:90 minuti. Vedi anche i video: Big Bust Babes, Usa 1985, durata 105 minuti; Candy Samples Video Review, Usa 90 minuti; Collection, vol.1, Usa 1980, durata 60 minuti; Inside Candy Samples, Usa 1985, durata 100 minuti.
vi Chesty Morgan ha il record del giro-seno: 185 centimetri da vedere nel film Deadly Weapons(:”La chiamavano Susy Tettalunga”), Usa 1974, regia di Doris Wishman, dura 90 minuti. Il film di Fellini in cui appare è del 1976.
vii Uschi Digart potete ammirarla nel film Beneath the Valley of the Ultravixens, Usa 1979, con la regia di Russ Meyer.
ix Il P.O. può significare “Pupporone Opulento”, “Pupporone Osanna”, “Potenziale Ostensivo”, “Pupporone Omnibusse”(‘ché così si chiama l’Omnibus a Firenze), “Poppe O…?”.Il P.O. di Serena Grandi è100, come quello di Ela Weber. Altre Big Brabusters sono Fracesca “Kitten” Natividad, Lorna Maitland, Sue Doloria, Barbara Alton, Candy Kane, Nikki Scott, Rita Braun, Klara Weller.
x Vista, da “Canzoni Spericolate”(1993, a 60 anni!), in vestito nero con un corpetto-parapetto da cui espone due seni solidi, due grandi bocce, il P.M. fu colto da un dubbio amletico: “To play bowls or to play blow-job?”(ossia:”Giocare a bocce o giocare a blow-job?”). Un semiologo somatico ebbe a dire: “ Wow, look a the great pears on that whore!”.
xi Guardatele in “Blue” n.69, dicembre 1996: Riccardo Mannelli, Boobsy Art. Ecco alcune considerazioni del semiologo somatico o del P.M. sul Bazoom delle testi interrogate: MANDY MOUNT JOY: ”Look at them bezongas, would ya!”. JESSICA: ”Wow, look a the murphies on that dame!”. BUSTY DUSTY(114 cm di bazoom e 163 di altezza): ”What a pair of bowls!”. CHLOE:”That whore is a real bra-buster”.
xii Sono apparse in “Blue” n.70, gennaio 1997:Riccardo Mannelli, Boobsy Art.Valutazione degli 84 pollici di MELANIE: ”Wow, look at the ballons on that dame!”. CRYSTAL STORM: ”What at pair of melons!”, BUSTY BRITTANY: ”To play bowls or to play blow-job?”.
xiii Ultima ostensione in “Blue” n.71, febbraio 1997: Riccardo Mannelli, Boobsy Art.Per la tensostruttura oscillante di LISA LIPPS: “To play hooters or to play honker-job?”(piùo meno: “Giocare a clacson o giocare a job che suona il clacson?”). LILI XENE: “Cans or jugs?”. LORRAINE THE BOMB:”Melons or cans or knockers or bazoongies o brabusters?”.


▐ La scheda di Giuseppe Favati, tratta dal Fascicolo del P.M. di cui aL’Assassinio dei Poeti come una delle Belle Arti, è apparsa online anche suil cobold e su blueblow
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Sandro Gastaldi ■ La distinzione dei giocattoli
■
Quando ti porto in piazza
con te spaesatala sospensione
del disagio terrestre
è niente da consumare
che non tocchi il cuore.
[31 luglio 1985]
Sandro Gastaldi
Palestina e la distinzione dei giocattoli■
In quei benedetti secoli
fu fatta la distinzione, bene o male,delle classi e anche dei giocattoli:
ammassati sul pavimento, nelle ceste
rigidamente divisi in classi
i giocattoli con cui si arrangia, digiuna,
che prende per usarli con ironia libera
certamente lontana da un’idea
di violenza imposta per consuetudine
e verso cui, con sofferenza, parla,
con gli occhietti che stridono, e parlano,
come fare, e con quale velocità
imposta
da me che intanto con funzioni essenziali
mi riferisco a persone inerti
senza aspirazioni, nemiche
per indole
(e intanto, oggi, aggiorniamo con dolore
la scheda di Calvino).
[agosto – 19 settembre 1985]
■ Palestina I
Questo vento divideva le foglie?
mentre tu ricoprivi le immaginicon la mano e mi dicevi:
- Ma che gioco è questo
dello spargimento dei liquidi,
delle voci, della ripetuta, ormai,
strage di sangue presente? –
[22-29 gennaio 1987]
■ Palestina II
Lasciano le tracce della presenza
in pareti dai colori vivacicon testimonianze sconsiderate,
inutili, diffuse e attendibili,
senza perdere i propri caratteri:
reperti di insediamenti umili,
di strutture abitative e chiese
ai margini di età recentissime
in ambienti rettangolari collegati
con strade asfaltate e aperte.
Ultimamente, sotto il suolo, strati,
trovati opposti, di unità abitative
differenziate e in ordine, nel luogo
dove materiali rovinati
sono inevitabili per supporre
vie d’uscita, analisi, benessere:
poiché indizi locali senza origine
piangono le componenti sconosciute
di un artigianato modello,
di una forma di vita, di un amore.
[5 marzo 1987]
■ da:Sandro Gastaldi□ Incanti ordinariÓ 1995■
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□ Aurélia Steiner. La Lebenswelt di V.S. Gaudio con Marguerite Duras
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Roy Lichtenstein e l'iconicità Whaam! ░ Laurie Lambrecht & V.S. Gaudio
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Roy Lichtensteinin his Studio by Laurie Lambrecht |
░L’iconicità WHAAM! Di RoyLichtenstein by V.S.Gaudio
Roy Lichtenstein nel suo studio è dentro una sorta di griglia delle posizioni reciproche, statiche e dinamiche, dei diversi enunciati iconici, quella stessa che chiudeva il saggio di Emanuela Cresti in VS n.2[i]: tra la forma dell’espressione e la forma del contenuto, all’interno di un enunciato, obliquo o perpendicolare che sia, speculare al movimento di un elemento o alla stabilità dell’insieme, la statica, che poi è l’equilibrio di referenza e , infine, la ragione stessa del movimento reciproco, come se l’artista fosse, nella forma dell’espressione, in posizione obliqua a destra vs in posizione obliqua a sinistra. La Pop Art di Roy Lichtenstein, tenuta dentro il sistema lineare e il sistema cromatico, ha sempre bisogno delle localizzazioni spaziali e anche dei fattori di illuminazione. Quando poi mi si viene a dire che, essendo una emanazione diretta della american way of life, prodotto tipico del mass-media, la pittura di Roy Lichtenstein debba essere considerata allo stesso tempo raffinata e incisiva critica dei temi di fondo della società americana nelle sue contraddizioni, mi viene un po’ da ridere ancora oggi: tra sicurezza e nevrosi, pace interna e guerra esterna, cultura e kitsch, conservazione e distruzione, scientismo e naturalismo[ii], allora negli anni Settanta e adesso in questo medioevale secondo decennio del XXI secolo.
Guarda il caso, l’analisi della Cresti verteva su O.K., Hot Shot, O.K.! 1963 che apparteneva alla collezione Remo Morone, Torino, la città in cui, come accadde per quegli anni Settanta non mi capitò mai di imbattermi in una mostra di poesia visiva, come ho riferito per Michele Perfetti[iii], né mi capitò di starmene lì in quella Galleria d’Arte a bere spumante con quella ragazza sabauda rimirando, nella sicurezza interna della Galleria, l’incisiva critica dei temi di fondo della società americana nelle sue contraddizioni né in Hot Shot né in altre tavole di Roy Lichtenstein. Il sistema linea, colore, trama e gli elementi verbali, l’onomatopea, da soli, sarebbero bastati a darmi pensiero attorno alla non grammaticalità su cui divagava Paul Ziff in merito a un tale che ebbe un pensiero verde, io, poi, che avevo tante grammatiche in testa e mi dannavo l’anima in quei pomeriggi lunghi se al pari del vestito verde della ragazza in Galleria lei indossasse mutande dello stesso colore, come i suoi occhi, che, è inutile negarlo, si accordavano con la mia grammatica dei colori. E allora ve la racconto anche questa, tanto non ci crederete mai: fu dunque in quei lunghi autunni, ma anche le primavere non scherzavano a Torino, che, seduto in quella Galleria d’Arte con la ragazza della Galleria, una di quelle che, adesso, come minimo, specie se hanno avuto il padre ad amministrare una provincia, un comune, una città, vanno dentro il gossip del Whaam!hai visto la nostra cara amica, se ne è andata a Los Angeles, a New York, a Montreal, a Toronto, a Chicago, a Vancouver, e , con quell’amministratore di quella catena di Gallerie, sta a dirigere e a coordinare mostre; insomma, quella ragazza, dentro il suo vestitino verde, con gli occhi dello stesso colore che, nella forma dell’espressione, tra linea e colore, come avevo in mano l’oggetto della bottiglia di spumante vs lo spazio esterno, il contorno delle sue gambe vs interno mi portava alla trama, alla forma del contenuto, l’opposizione tra tratti semici, la bionda peluria delle sue cosce e il biondo perlage dello spumante, un giorno la guardai pensieroso e lei : “Che è, Vuesse, oooh?...” “Niente, le dissi, è solo la forma del contenuto che mi prende e mi turba: sopra vssotto, grande vs piccolo, davanti vs dietro, dai, dimmelo, enunciami qualche tua denotazione semica nel sistema delle opposizioni lineari…” E, voi non ci crederete, quel portento di ragazza, che non se ne andò poi a New York a dirigere una Galleria d’Arte né conobbe mai Andy Warhol e nemmeno Ugo Nespolo o Valerio Adami, tirò fuori la fermatura vsespansione, perché aveva un cinturino che, mi disse allora, mi tiene la pulsione uretrale tra movimento meccanico e movimento naturale, e io per poco non (s)venni seduto stante! Però, il giorno dopo finalmente parlammo di Roy Lichtenstein: supponiamo che io dica “Hai il viso adatto e la bocca e gli occhi per essere dentro una tavola di Lichtenstein” quando in realtà non sei dentro quella tavola, tu mi guardi negli occhi e mi dici: “ Vuesse, fuori sta piovendo”. In realtà, fuori non stava piovendo, però lo schema verbale del bagnato mi piaceva e le risposi: “Io ti ci vedo in una tavola così come sei adesso, bagnata, perché sei venuta da fuori e in questa stagione a Torino non bastano i portici a tenere a bada la pulsione uretrale, perché è questo che penso, a una sorta di erotica che bagna onomatopee, linee, sistema cromatico e la trama, basta ingrandire l’immagine e tiriamo fuori quell’indicatore globale che Abraham Moles chiama iconicità e, se ci metti la tua polisemicanaturalità somatica, per come ti siedi e, poi, quando ti porti dalla panca al telefono con quelle scarpe, cammini e sei un sintagma iconico, io, prima o poi, ti metterò in una mia Lebenswelt con tutta la tua forma dell’espressione, allora l’iconicità così ampliata tira su un po’ di pregnanza e noi che qui stiamo a guardarlo tutto intero il quadro io sento che dentro ci sei tu che con quella bocca che hai e che così te la dipingerebbe Lichtenstein, beh, io, scusa…s’è fatto tardi, ragazza mia dell’arte e patagonica sequenza del tergo di Merleau-Ponty, devo andare. Ci vediamo domani.”
“Ti piace il mare?” mi chiese quando ero sulla porta. “Per niente. Mi piace volare. “ Lei mi sorrise, forse più di un sorriso, e poi quando ero già fuori, sotto i portici, sull’uscio mi disse:”Okay!Hot-Shot, Okay!”.
Da lì venne la designazione(o la connotazione?) erotica della pop art di Roy Lichtenstein. Whaam! E, se andiamo a vedere, anche la transestetica di Jean Baudrillard che, a conti fatti, funziona a sintagma non grammaticale e propone sempre sintesi dell’opposizione geometrico vs naturale, se si va per relazioni spaziali, e dell’opposizione concentrico vscentrifugo, se si sprofonda all’interno della figura o del personaggio.
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[i]Emanuela Cresti , Oppositions iconiques dans une image de bande dessinée reproduite par Lichtenstein, “VS”, quaderni di studi semiotici, n.2, Achille Mauri Editore, gennaio-aprile 1972.
[ii]Cfr. Diane Waldman, ROY LICHTENSTEIN, Gabriele Mazzotta Editore, Milano 1972.
[iii]Vedi: Swuop. Breve divagazione ziffiana sulla poesia visiva di Michele Perfetti, “Uh Magazine” 11 aprile 2015.




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