Quantcast
Channel: UH Magazine
Viewing all 1491 articles
Browse latest View live

Il Verbale della Coperta Perduta ▌Dalla scheda del P.M. intestata a Rosa Pierno da "L'Assassinio dei Poeti come una delle Belle Arti"™

$
0
0


 [Dal: Fascicolo del P.M. e del Procuratore dell’Accademia per l’Assassinio come una delle Belle Arti:Quadro indiziario; Motivi; Griglia di Parsons; Orientamento tecnico-strumentale del Lafcadio Incaricato, in: Anonimo del Gaud, L’Assassinio dei Poeti come una delle Belle Arti© 1999-2003]


 
 




V.S.Gaudio, Lebenswelt da inviare
a Giorgio Barberi Squarotti,
in Poeti della Calabria:
titolo della Lebenswelt
e 1^ pagina
Il Verbale della Coperta Perduta nel Wisconsin

Quest’altro è il verbale dell’escussione di V.S.Gaudio, che aveva denunciato di aver perduto la coperta nel Wisconsin[i]:
P.M. Lei disse che il Vecchio disse che ora stava ridendo e naturalmente egli non poteva vedere colui che danzava nel tegame perché era nel Wisconsin a cercare la coperta.
V.S. Sì. Egli non badava a controllare il proprio modo di controllare le azioni, non progettava una convenzione pianificando dalla sua esperienza cognitiva, non era in grado di commentare la propria prestazione anticipatamente…
P.M. Okay, okay…abbiamo capito! Allora un giorno mentre andavano costruendo un Behaviour Setting per superare le distinzioni poste da Koffka fra ambiente geografico e ambiente comportamentale, che successe?
V.S. Successe che Anima e Corpo trovarono il pacchetto di sigarette e, l’un l’altro, si dissero: “Facciamoci una fumata insieme al nostro Grande Padre”, così parlarono l’uno all’altro, e Guglielmo Cinque impose le quattro variabili deittiche…
P.M. E Antinucci?
V.S. Si era incaponito sul fatto che nella SITUAZIONE il parlante, l’interlocutore, il tempo e il luogo dell’enunciazione erano nel componente semantico ATTENDE.
P.M. Ma la coperta, porco mondo, la coperta, che mi dice della coperta?
V.S. La coperta cercata nel Wisconsin l’aveva Rosa Pierno[ii].
P.M. Per farsene che? Aveva freddo?
V.S. No. Dalla coperta lanciava segnali d’avvistamento.
P.M. E Herecgunina?[iii]
V.S. Perse la pazienza con Antinucci e Cinque. Li cacciò dalla Capanna urlando: “Figli miei, quello che avete fatto è troppo! Ma finitela una buona volta con la Situazione, Attende, le quattro variabili deittiche, tenete, fumatevi questo pacchetto di sigarette!”
P.M. Quel pacchetto di sigarette?
V.S. Sì, quello.
P.M. Il mistero è svelato; la consuetudine restituita.
V.S. …e l’epiteto che reca la preda, e dentro la mattina indaffarata al suo lavoro come sedette[iv]
P.M. …tanto che il futuro finisce con il presupporre il nome[v]
V.S. Chi? Sapete già chi è stato?
P.M. Rispondendo soffocata da un’apertura l’abitudine sollecita il raddoppiamento della deissi[vi].
V.S. Il mistero è svelato; la consuetudine restituita[vii].
P.M. E l’abitudine sollecita il raddoppiamento della deissi.
V.S. E l’impronta della mano sul bicchiere[viii]?
P.M. Di entrambi: Cinque e Antinucci.
V.S. L’umano ha ancora una volta lasciato il segno[ix].
P.M. E il raddoppiamento della deissi.
V.S. La consuetudine è restituita.



[i] Cfr. V.S.Gaudio, Lebenswelt da inviare a Giorgio Barberi Squarotti, in Poeti della Calabria, a cura di Giusi Verbaro Cipollina, Forum/Quinta Generazione, Forlì 1982: pag.105. Il Verbale formalizza, nelle domande del P.M. e nelle risposte di V.S., la Lebenswelt che tratta dei quattro miti Winnebago trascritti da Paul Radin, assunti dalla linearità strutturale di Claude Lévi-Strauss, L’eroe e i componenti semantici della deissi, di cui alle divergenze fra Antinucci e Cinque in quel di “Lingua e Stile” tra il 1975 e il 1976.
[ii] Singolare ritrovamento della coperta perduta: nella Lebenswelt citata, V.S.Gaudio, disperato figlio della Luna avendo La coperta perduta(volume XLII della Biblioteca delle Silerchie, Il Saggiatore 1960), chiese a Giorgio Barberi Squarotti una stazione da laberinto al fine di ritrovarla.
[iii] Vedi sempre Lebenswelt da inviare a Giorgio Barberi Squarotti, loc.cit.:pag.106.
[iv] Ivi: pag.103.
[v] Ibidem.
[vi] Ibidem.
[vii] E’ la penultima didascalia di Rosa Pierno, Didascalie su Baruchello, Roma 1994: pag,41.
[viii] Cfr. Rosa Pierno, op.cit.: è la terzultima didascalia: “Sul bicchiere l’impronta della mano”: pag.41.
[ix] Anche questo verbale si chiude con l’ultima e la penultima didascalia su Baruchello.
 

Il Verbale si trova all’interno del Fascicolo inerente Rosa Pierno (Napoli, 1959; visse a Roma dal 1960), ma anche: Gianfranco Baruchello(Pittore, ha diretto molti film e videotapes); Luigi Fontanella(Roma, 1943; cfr. Scheda in Fascicolo del P.M.); V.S.Gaudio(Venezia, 1951(?); cfr. Capitolo 1, ivi).♦ Il fascicolo del P.M. riguardante Rosa Pierno contiene la  Scheda Proairetica della Poetessa, che è  stata associata, in una perizia semiolinguistica della Scuola di Bologna, ai disegni di Gianfranco Baruchello; per gli aspetti deittici, agli atti c’è una perizia di Antinucci e un’altra di Cinque, che, essendo divergenti, si è pensato che fosse opportuno correlarsi alla Lebenswelt di V.S.Gaudio inviata a Giorgio Barberi Squarotti, anche perché nella stessa c’era un lampante riferimento alla coperta perduta, che, pare, fosse la stessa da cui la Poetessa lanciasse segnali d’avvistamento. Fontanella è stato escusso come persona informata sulla Postum’età del Surrealismo: oltre che Baruchello ha fatto i nomi di Pino Pascali Twombly, Fontana, Scialoja, Perilli, il cannone “Bella Ciao”, l’effetto Palomar, alcune scatole di Folco Portinari, Gastone Novelli e la Biennale di Venezia.▌
 

L'arte drammatica dello spasmo e Ura Rumis ░ Fotografia e Cinema

$
0
0




La noia. Damiano Damiani. 1963.
L’erotismo uretrale e l’arte drammatica dello spasmo #

Anche oggi , mentre facevo la mia passeggiata di mezzogiorno, che, poi, vai a vedere, tolta l’ora legale e l’ora del fuso, come ora GMT siamo alle 10, ho avuto ancora dei pensieri morbosi. Che cosa c’è in quel “gesto orale” di quella famosa attrice nel film “La Noia” di Damiani che mi turba tanto? Probabilmente il fatto che, lustri dopo, quando  ebbi come referente, come titolare di una rubrica per un giornale della Mondadori,  un caporedattore noto per essere un estensore seriale delle presupposizioni biografiche di Padre Pio, questo  solerte giornalista aziendale ebbe a censurarmi la riga che conteneva il sintagma verbale che quella interprete de “La Noia” s’era maritata tre o quattro volte: è evidente, non avevo potuto aggiungere, visto il box ristretto, che l’anima è immortale e continua a vivere anche dopo che si è separata dal suo podice terreno, per Urano, mi pare che fosse, che sarebbe il vettore del volo e anche dell’uccello e della ginnastica alla trave; fatto sta che quel pio caporedattore mi disse di togliere il riferimento che il personaggio nominato s’era maritata spesso altrimenti ci querela. Ora, ieri o l’altro ieri, e non a mezzogiorno, mi è venuto davanti questa foto Gif e, cavolo come mi ha turbato, mi ha turbato tanto che mi son detto questa qui chi è, con questa pulsione orale anche Leopold Szondi avrebbe avuto difficoltà a farle sublimare la sintomatologia che le è connessa! E poi: ma se l’anima che aveva allora fosse esistita anche ai tempi della censura di quel caporedattore, con una cinetica orale del genere, come avrebbe potuto querelarci, di sicuro anche all’epoca quel vestitino le sarebbe stato addosso come negli anni Sessanta. L’anima , se non è immortale, è abbastanza larga e sa come riempire di carne e di pondus  i vestiti che trent’anni prima le stavano  giusto a pennello del tergo. Quell’attrice dentro quel film, con quella smorfia, è tra erotismo uretrale e esibizionismo, la pulsione di sorpresa è il motore del suo esserci: per poco che si sappia delle considerazioni di Leopold Szondi, si fa presto a vedere che tutto pulsa tra censura interna, censura morale e accumulazioni di affetti brutali; non basta: la socializzazione del carattere del fattore pulsionale “e” attiva misericordia, dolcezza e ingenuità, ma un po’ che va sotto tende all’esplosione; quando è sublimata abbiamo l’umanesimo religioso ed etico e i biografi dei monaci. Può darsi allora che in menopausa, tra manifestazioni allergiche, emicranie e bisogno di farsi valere, l’erotismo uretrale propenda per l’igiene e la censura. Per i visionatori, nel senso di Edgar Morin, niente va mai via; poi, se l’hai rimosso, e in qualche modo quel turbamento si è un po’ diluito o smacchiato, c’è sempre tumblr che, un bel mezzogiorno, ti fa lampeggiare quel fotogramma alla base di tutta la storia del conflitto tra pulsione “e” e “hy”: non era la censura di quel giornalista aziendale e biografo del mistico, era semplicemente la mistificazione dell’erotismo uretrale, che, sappiatelo, “uranizza” l’oggetto “a” del visionatore e della visionabile: nella sintomatologia di quei fattori pulsionali, Szondi nominava , da un lato, la rinite spasmodica e , dall’altro, l’epilessia essenziale, e equivalenti. Dello spasmo. Va da sé che il gesto uretrale dell’attrice mi dette da pensare per lungo tempo alla teoria degli spiriti, contenuta nel trattato di fisiologia Universa medicina[1542] di Jean Fernel: le arterie, il ventricolo sinistro del cuore e le cavità del cervello sarebbero riempite da una sorta di “spirito etereo” fin quando l’anima non ha abbandonato il pondus, poi, altro che anima immortale, la pulsione uretrale non c’è più. Mi venne in testa anche la sollecitazione a pensare a una nuova metoscopia, come se quel gesto fosse una sorta di segnatura mobile, invece che sulla fronte, in faccia: difatti Ciro Spontoni [1626]  asseriva che “tre linee fra le ciglia con l’altra ne la fronte mostran virtuoso, industrioso, acquistar onori, far viaggi, longa vita, et aver tre mogli”; adesso, con il gesto uretrale dell’attrice si poteva asserire che mostrasse un soggetto virtuoso, industrioso, con onori e viaggi e il matrimonio con tre uomini, ma il fatto è che non mi riuscì di trovare un nome a questa nuova disciplina. Infine, ebbi ad arrovellarmi il cervello per la trasmigrazione delle anime, per via di quella connessione che c’era tra corpo e anima, e quel pondus e il vestitino che l’attrice indossava quando con il gesto uretrale alluse al fatto che 11 anni dopo, quasi un ciclo di Giove, uno stesso gesto uretrale dette inizio, per il visionatore trent’anni dopo, alla fenomenologia della Marrabecca o, se vogliamo, di Ura Rumis(1), ma qui, è evidente, che siamo nella mistica del linguaggio, ma si tratta del linguaggio non-verbale, che, si sa, oltrepassa la pura comunicazione fra gli esseri, comunica qualcosa d’inafferrabile o di simbolico, insomma si ritorna alla teoria degli spiriti, ma spiriti verbali, con un connotatum interno, misterioso, segreto, che rimane inespresso e che non avrebbe un significato, un senso, se non ci fosse, nei lustri a venire, un visionatore che, essendo un maestro della mistica del linguaggio e della teoria degli spiriti, vede, interpreta e svela per il gaudio del suo oggetto “a” e dell’oggetto “a” anche del visionabile, se non è trasmigrato o, se trasmigrato, sta passando in quel tempo col proprio fantasma al meridiano del visionatore. Nel cabalismo della mistica del linguaggio, Ura Rumis, usando la tecnica numerologica con l’Alfabeto Rosa-Croce,  ci darebbe due arcani: il 74  e l’11. L’arcano maggiore, è quello della Forza, tra corpo e infinito, una semplice addizione e riduzione mistica della dama serena e trionfante, quella dalla calura ardente, che domina il (-φ), anzi lo doma, il Leone vinto dalla Vergine, non distrugge ciò che è istintivo o bestiale, lo utilizza; Ura Rumisnon solo si fece, nell’immagine di cui riferisce il poeta, Marrabecca ma, ancora lustri e lustri dopo, fu la mano nell’azione di prendere e trattenere, che è l’archetipo-verbale della Forza, spirito dell’unghia e dell’ardore smodato, come Cirene la ninfa cacciatrice che svergognò e sedusse Apollo: sul monte Pelion Apollo trovò Cirene sola e senza nemmeno una lancia che combatteva contro uno spaventoso leone…Il 74, che sarebbe il Sei di Denari, è in realtà la combinazione del nome(=23), che è il Re di Bastoni, e del cognome(=51), che è il Re di Spade: Ura Rumis è il Re di Bastoni e il Re di Spade: il primo sta sempre in piedi con uno scettro su un leone, che, appunto, è l’uomo di genio, il sapiente, il visionatore critico e artista della Battaglia dei Gesuiti; il secondo naviga in piedi su una mezzaluna e con la spada tocca due pesci, è un tarocco sotto l’egida di Giove(abbiamo visto sopra che tornava dentro la nostra storia dell’analemma esponenziale del gesto uretrale della ragazza-attrice e dell’immagine della Marabecca), che è di volta in volta la ragione sociale del suo esserci, come vedova e quindi donna del doppio fallo, sacerdotessa, figura magistrale e ufficiale dell’industria  nazionale dello spettacolo.


░  v.s.gaudio




  1. (1) Un’altra versione per la Marrabeccaè quella del nome Uma, che, abbinato al cognome Rumis, combina gli arcani 27 e il 51 risolvendo l’analemma esponenziale non nell’arcano 11 ma nell’arcano 15, che, ancor più heimlich, almeno a prima vista, è quello del Diavolo, il cielo mercuriale della lussuria e della concupiscenza. Lo spasmo dell’erotismo uretrale e la figura della tentatrice: non a caso si tratta del becco di Mendes. Uma, come 27, sarebbe l’arcano dell’ Asso di Bastoni, Uma come lettera o ordine, quindi smorfia che ingiunge e decreta: uno scettro o bastone in mezzo alle fiamme è tenuto da una mano. La somma, che fa 78, è il tarocco dell’evoluzione della materia. Uma Rumisè come la condensazione del tesoro patagonico: appare come pondus normomesomorfo e becca l’oggetto “a” del visionatore e del poeta con la sua mossa uretrale, lo spasmo numinoso di Uma. La Marrabecca magistrale che con la sua spada tocca sempre due pesci, quello formalizzato e formalizzabile e l’altro che non appare in superficie o che, mancando, è come la mezzaluna ad arco sul doppio (-φ).

 

Giulia Niccolai ▌La scheda del P.M. da "L'Assassinio dei Poeti come una delle Belle Arti"™

$
0
0

Giulia Niccolai
Milano, 1934; vive ivi.
Titoli: Harry’s Bar e altre poesie, Milano 1981; Frisbees in facoltà, Bergamo 1984.

Motivi

1.      Perché, dopo aver lavorato per una decina d’anni come fotografa, ha smesso. Di fare la fotografa.

2.      Perché, come se non bastasse l’italiano, tradusse dall’inglese altri poeti.

3.      Perché con le sue poesie da lanciare lanciava messaggi ai suoi amici, e al lettore medio sapeste quanto gliene frega!

4.     Perché Siena (Siena: la città della bellezza callipigia, secondo Pound, mica secondo Adriano Spatola!) continua a darle l’angoscia!...Suvvia, portiamola in Piazza del Campo, e mettiamola alla curva S.Martino durante il Palio della Madonna del Provenzano il 2 luglio, che è il giorno in cui è morto  anche Hemingway, e tra un cavallo e l’altro, la smetterà, in preda all’angoscia, di angosciarci lanciando “Frisbees”!

[Dal: Fascicolo del P.M. e del Procuratore dell’Accademia per l’Assassinio come una delle Belle Arti:Quadro indiziario; Motivi; Griglia di Parsons; Orientamento tecnico-strumentale del Lafcadio Incaricato, in: Anonimo del Gaud, L’Assassinio dei Poeti come una delle Belle Arti, © 1999-2003]

Francesco Merlo vs Manuel Vázquez Montalbán? ▒

$
0
0

Proviamo a sconcertare Gnoli anche
con i 76 cornuti di Fourier?

Questa di Gnoli non l’ho capita: “Eppure, in certe pagine, lo sconcerto era forte. Apprendere, ad esempio, che ci sono nel mondo 180 tipi di cornuti, mi faceva pensare alle infinite sfumature che gli esquimesi riservano alla parola “neve”. E mi colpiva, inoltre, che, nell’esergo del romanzo, Merlo avesse apposto due frasi. Una ricavata da Diabolik. L’altra, da una poesia di Montale presa da Ossi di seppia.


A chi erano indirizzate?”
Cosa non ho capito? L’esergo tra Diabolik e gli Ossi di seppia di Montale? Anche. E a chi erano indirizzate, poi, a chi saranno indirizzate se non al lettore, per quanto possa esserci anche un lettore come chi scrive, che, essendo poeta a un passo da Tel Quel e vicinissimo ai Novissimi, sempre per quel che avvenne dopo, intendo dentro la mia biografia,che, è la biografia, intesa nel senso di Whitehead [Alfred North Whitehead, quello di “Avventure d’Idee”, tradotto dallo stesso editore di Merlo, Bompiani, e che negli anni Settanta trovavi diffusissimo tra i bouquinistes non di Lutetia ma di Torino!] che, lo confesso, ho letto di più lui che Montale e che ho mangiato, però, oltre che le seppie, anche “cozze a mummola” in insalata, e forse questa Manuel Vázquez Montalbán, che se ne intendeva di ricette immorali, se l’era persa. Però di gialli se ne intendeva. Dicevo: che essendo un poeta fatto così, tu come pensi che possa mettersi a leggere un romanzo del tipo di quello prodotto da Merlo? E difatti non l’ho ancora letto. Ora, tornando al passo di Gnoli, che non mi ha fatto prender sonno non solo stanotte ma anche la notte precedente, mi ha preso il suo sconcerto per i 180 cornuti, e anche perché i 180 cornuti gli facevano pensare alle infinite sfumature che gli esquimesi riservano alla parola “neve”. Sapesse come vien giù l’acqua nel sanscrito, di cornuti Gnoli ne vedrebbe 360, uno per grado solare, come se avessimo un calendario tebaico ma gradualizzato a cornuti.
Comunque, un nesso potrebbe esserci, chi può mettere la mano sul fuoco che Diabolik, beh, chi può negarlo?, quando esce di soppiatto nella notte, Eva Kant non è detto che, quando non gli va dietro, che non vada qualcun altro dietro a lei!


Basta, volevo dire questo: ‘sti 180 cornuti di cui riferisce Merlo sono speculari alla tavola analitica dei 76 cornuti di Charles Fourier ? E , come domanda a corollario, avremmo: Diabolik sarebbe un cornuto indaffarato, il numero 12 di Fourier, o di prescrizione, che è il numero 11: quello che, in Fourier, fa lunghi viaggi, durante i quali la natura parla ai sensi della moglie che, dopo una lunga difesa, è alla fine costretta dalla lunga durata delle privazioni ad accettare l’aiuto di un vicino caritatevole; in Diabolik, potrebbe fare lunghe imprese, durante le quali la natura parla ai sensi di Eva Kant che, dopo una lunga difesa, è alla fine costretta ad accettare anche l’aiuto di un collega del compagno, al momento disoccupato o poco propenso a dar filo alle ambizioni piuttosto plutoniche. E non è detto che, visto che siamo nel paradigma di Lutetia, non possa invece essere Asterix, che, quello, lo sappiamo, non ha mica bisogna della pozione per fare la 34 del Foutre du Clergé de France per tutta la giornata, correndo anche lungo la Senna…vuesse gaudio

Carmelo Pirrera ▌La scheda del P.M. da "L'Assassinio dei Poeti come una delle Belle Arti"™

$
0
0

[Dal: Fascicolo del P.M. e del Procuratore dell’Accademia per l’Assassinio come una delle Belle Arti:Quadro indiziario; Motivi; Griglia di Parsons; Orientamento tecnico-strumentale del Lafcadio Incaricato, in: Anonimo del Gaud, L’Assassinio dei Poeti come una delle Belle Arti, © 1999-2003]

 

CARMELO PIRRERA

(Caltanissetta, 1932; visse a Palermo).
Titoli: Dalla parte del  minotauro, 1981; Il miele di maggio, 1985.

E’ al vaglio degli Inquirenti e dei Periti Semiologi della Scuola di Bologna l’analisi di questi versi[i] rinvenuti accanto al Poeta:
Se io lasciassi la finestra aperta
ed entrassero lampi nella stanza
saprei che non è Dio”.
Il Poeta, dunque, sapeva?
Conosceva chi è entrato dalla finestra?
Sapeva che non era Dio?
Lampi? Annunciati da tuoni?
Perché non lo dice?



[i]Il Perito Grafologo ha rilevato nella Forma Grossolana della scrittura del Poeta uno stile che chiede all’efficienza ciò che l’impulsività non può ottenere dal simbolo; una poesia che “piange” sul denotatum drammatico, perché vi proietta i propri vizi sentimentali. La Continuità Esitante, come gesto grafico, testimonia dell’agitazione e dell’apprensione del Poeta, che, in qualche modo, si fa specchio della Dimensione Grande, che comporta, sì, un romanticismo ardito, perché egocentrico ma anche un egocentrismo romantico, che implica l’eccessiva precipitazione del Poeta. Da ciò: dall’apprensione, dall’agitazione e dalla precipitazione, il lavoro del Lafcadio è facile se non semplice: il Poeta è apprensivo, si agita, è precipitoso, non chiude le finestre, entrano lampi, che cosa sono? Non è Dio, ma va!...
Continuità ESITANTE
: I. Agitazione      
II. Apprensione       
III.Impulsività
 
Dimensione GRANDE
:I. Ardimento      
II.Precipitazione     
III.Romanticismo
 
Dal reperto calligrafico, qui riprodotto, appare inquietante la non puntualizzazione, da parte degli Inquirenti e dei Semiologi, dell’ultimo capoverso:
“Dovrai dire a qualcuno
di finire
questo sfiancato cavallo
ché tanto non si riparte”.
Il Poeta era già stato colpito, è lui il “cavallo sfiancato”? E’ evidente, comunque, la rassegnazione del Poeta: nel primo reperto, lascia la finestra aperta; nel secondo, su cui il Grafologo ha fatto la perizia qui riassunta, invita qualcuno(: chi? Un parente? Un amico?)a dire a qualcun altro (un altro Lafcadio?) di finire l’opera non ultimata da un Lafcadio disattento o sadico. Anche sul “rapporto da redigere sulla spesa per i metri di fune e le inutili spade”, niente è trapelato da chi indaga.
 

Angelo Mundula ▌La scheda del P.M. da "L'Assassinio dei Poeti come una delle Belle Arti"™

$
0
0

ANGELO MUNDULA

(Sassari, dove visse).
Titoli: Dal tempo all’eterno, Firenze 1979; Ma dicendo Fiorenza, Milano 1982.

Motivi

   1.      Perché, pur essendo stato uno dei vincitori del premio “Circe-Sabaudia”, non ha capito che la poesia non seduce un granché.

2.      Perché ha scritto questi versi sul suo nome mundula evitando qualsiasi allusione alla mentula:
Non so più chi sia
l’oscuro corrispondente che
deformando il nome
scrisse mandula invece che mundula
come l’avrebbe scritto un latino
perciò tornando alle origini occulte e imprendibili
ripercorrendo il tunnel
attraverso il mandorlo e i suoi fiori
dell’antico progenitore sardo
giungendo fino a me per quell’errore non voluto o forse
per un giusto intervento del caso
assai più forte di chi parla o scrive
se per errore la Storia ha ritrovato il suo cammino à rebours
la sua vera fioritura
nell’albero disseccato[i].

 

3.      Essendo antologizzato dal Cara tra gli Epifanici ed essendo, però, un Lirico, scarno ma garrulo, lo si essiccherà con la prescrizione quotidiana, vita naturaldurante, dell’emolliente a base di Prunus Amygdalus Communis Amara, volgarmente: “mundula” amara.


[i]La poesia si intitola “La fioritura del mandorlo”.
 
 [Dal: Fascicolo del P.M. e del Procuratore dell’Accademia per l’Assassinio come una delle Belle Arti:Quadro indiziario; Motivi; Griglia di Parsons; Orientamento tecnico-strumentale del Lafcadio Incaricato, in: Anonimo del Gaud, L’Assassinio dei Poeti come una delle Belle Arti, © 1999-2003]
 
 
 

Giovanni Pisconti ▌La scheda del P.M. da "L'Assassinio dei Poeti come una delle Belle Arti"™

$
0
0

Giovanni Pisconti

(1940, abita e lavora a Manduria(Ta), che, di rosso, ha il Primitivo di Manduria, che, vista la “riforma fondiaria”, viene dal latifondo residuo di ricchezza feudale).
Titolo: Cristo del Sud, Urbino 1965.
Sapeva che il vento rosso del Socialismo lo avrebbe ucciso?
Dai versi rinvenuti sembrerebbe proprio di sì:
A Fragalà si poteva anche morire
ma non soltanto per rompere il latifondo
residuo di ricchezza feudale”.
Ma se non erano rosse le bandiere, come dichiarava il Poeta, perché non morire a Melissa dove era rosso il vino di Cirò?



 
 [Dal: Fascicolo del P.M. e del Procuratore dell’Accademia per l’Assassinio come una delle Belle Arti:Quadro indiziario; Motivi; Griglia di Parsons; Orientamento tecnico-strumentale del Lafcadio Incaricato, in: Anonimo del Gaud, L’Assassinio dei Poeti come una delle Belle Arti, © 1999-2003]
 

▌Paul Lambda □ Je fusille un poète

$
0
0

La Gioconda │17

$
0
0

Benita | @everlastingtranquility
Lavishphotography.tumblr.comNew York City
Photographed by : Oliver Akins || IG : DrDrummerD
V.S. Gaudio  La Gioconda



la battana n.191
anno L fiume-rijeka gennaio-marzo 2014
$Leggi anche onyoublisher
l’ebook La Gioconda by v.s.gaudio



"GAUDIO"░ Breve divagazione ziffiana

$
0
0

“Esiste Gaudio?”

Divagazione ziffiana sul nome Gaudio e sulla sua esistenza

Il testo da cui parto è uno qualunque: l’espressione “Gaudio esiste”. La domanda è: esiste davvero?

           1.      L’espressione “Gaudio esiste” deriva dai registri anagrafici e anche dagli elenchi telefonici. “Gaudio”, in questa espressione, è evidentemente un nome; inoltre, non è un nome comune numerabile (come “fava”) dal momento che non vuole l’articolo. Questo non significa che in italiano non vi sia anche un nome comune numerabile “gaudio”. Si può dire infatti “Se Gaudio esiste, allora esiste un Gaudio”, bisogna vedere dove vive, o anche “Gaudio è un(o) de(i )Gaudio”.

Il fatto che “Gaudio” non sia né un pronome né un nome collettivo nell’espressione “Gaudio esiste” è indicato dal fatto che non è né l’uno né l’altro nei registri anagrafici; che non sia né un pronome né un nome collettivo nei registri anagrafici è indicato da diversi fatti: dal fatto che non si trova in contesti come “Quanto Gaudio esiste?”, o “Una quantità di Gaudio esiste”; dal fatto che prende “egli” come sostituto anaforico, come in “Si può dubitare che Gaudio esista, ma non si può dubitare del fatto che alcuni uomini e donne, in special modo, credano che egli esista”; dal fatto che la forma pronominale interrogativa adoperata in relazione a “Gaudio” è generalmente “chi”, che, seppure fosse il sostituto anaforico di “Noi”, il settimanale degli italiani, di cui , in effetti, eredita la registrazione come testata, non si può dubitare della sua esistenza, visto che appare in edicola e formalmente è posto in vendita.

E’ quindi sufficientemente chiaro che “Gaudio”, nell’espressione “Gaudio esiste”, è un nome proprio o, in breve, come suggerisce Paul Ziff, un nome[i].

 

2.      Un nome, scrive il linguista, può essere introdotto o con mezzi extralinguistici e endolinguistici, o soltanto endolinguistici. Dal momento che, secondo me, nessuno credo che abbia imparato ad usare il nome “Gaudio” con mezzi extralinguistici e nessuno, tra gli analfabeti con cui ho avuto la sventura di coesistere se non coabitare, abbia sostenuto che gli sia stato indicato ostensivamente che  il nome “Gaudio”sia stato introdotto, nei registri anagrafici e fiscali in cui si trova, solo con mezzi endolinguistici. “Gaudio” è dunque un nome come “La Vitola” o come “Briamonte”, che sono nei registri degli stati di famiglia storici della mia Herkunft, non è perciò indicato come il vostro nome.

3.      Consideriamo il nome “Gaudio di Venezia”: vi dico che Gaudio scrisse dei trattati di astrologia caratterologica e anche un Trattatello dell’Approccio Tattile; vi dico che visse non a Venezia, come si doveva intendere se non fosse stato spostato in un altro territorio fiscale, tra il XX e il XXI secolo.

Ho introdotto ora il nome “Gaudio di Venezia” nel mio discorso: l’ho introdotto associando ad esso certe espressioni e quindi un determinato insieme di condizioni. Perciò, il referente del nome “Gaudio di Venezia”, se ce n’è uno, è quello che ha soddisfatto un determinato insieme di condizioni, un insieme di cui fanno parte le condizioni di essere un uomo, un originario di Venezia nel XX secolo, l’autore di certi trattati, ecc.

4.      Anche se a un nome sia stato una volta associato un particolare insieme di condizioni, un’altra volta può venirgli associato un insieme di condizioni leggermente diverso o anche radicalmente diverso dal primo. In questo caso, il concetto del referente del nome verrà molto probabilmente modificato, anche con un codice fiscale identico.

Il vostro attuale concetto di Gaudio può dunque impallidire e alterarsi con il tempo. Può darsi che scopriate che egli non scrisse il Trattatello dell’Approccio Tattile: in questo caso, avrete allora un concetto di Gaudio leggermente diverso. Oppure, può darsi che scopriate che non scrisse quel trattato di astrologia caratterologica per cui ebbe a firmare due contratti di edizione, uno con il gruppo editoriale Fabbri Bompiani Etas Sonzogno e l’altro con Astrolabio-Ubaldini, ma un trattato sulla somatologia dell’immagine, stampato presso Rubbettino  in edizione pirata da Scipioni di Viterbo in torno al 1998, e che non ebbe origine a Venezia bensì a Lussino: in questo caso, avrete un concetto di Gaudio radicalmente diverso.

Magistrale questa definizione di Paul Ziff: un nome è un punto fisso in un universo in movimento. Ma, man mano che il mondo gira, il nostro concetto del referente di un nome può subire modificazioni[ii].

5.      Si può rispondere esattamente nello stesso modo a tutti gli interrogativi come: se il nome “Gaudio di Venezia” abbia un referente, se Gaudio sia mai esistito, se sia mai esistita una persona come Gaudio o se sia mai esistita un qualcosa che risponda al concetto che abbiamo di Gaudio.

Bisogna specificare quale sia l’insieme delle condizioni rilevanti associate al nome e poi determinare se qualcosa o qualcuno abbia mai soddisfatto le condizioni di quell’insieme. Non basta il codice fiscale.

6.      Se il nome “Gaudio” abbia un referente, se Gaudio esista, se esiste un essere come Gaudio o se esista qualcosa che corrisponda al nostro concetto di Gaudio, sono tutte domande alle quali si può rispondere esattamente nello stesso modo e precisamente nello stesso modo in cui si risponde alle domande analoghe che riguardano Gaudio. Bisogna specificare l’insieme di condizioni rilevanti associate al nome e poi determinare se qualcosa o qualcuno soddisfi le condizioni di quell’insieme.

7.      Se l’interrogativo sull’esistenza di Gaudio sia un interrogativo autentico, per quanto se ne possa ipostatizzare il codice fiscale e quindi una data di nascita e un luogo di nascita, ammesso che abbia l’attrezzatura predisposta per attivare il parto e formalizzarlo catastalmente, tuttavia, dipende da due ben distinti fattori, come riteneva Paul Ziff in merito all’esistenza di Dio[iii]: primo, dalla intelligibilità delle condizioni associate al nome e,secondo, dalla coerenza di quell’insieme di condizioni. Per decidere se le condizioni siano intelligibili e, in tal caso, se siano coerenti con se stesse e reciprocamente, è necessario determinare quali esse siano.

8.      Il primo problema consiste nello specificare le condizioni associate al nome “Gaudio”. Ed è qui che trova il  proprio posto la confusione endemica nei registri anagrafici e negli elenchi  telefonici. I vari registri hanno probabilmente concezioni e registrazioni di Gaudio divergenti e perfino contrastanti.

9.      Al nome “Gaudio” sono state associate alcune condizioni non problematiche, è un essere, una forza, una persona, un padre, un figlio, un nipote, un cugino, un creatore, spazio-temporale, crocifisso, giusto, buono, misericordioso, saggio, e così via.

Le condizioni problematiche ad esso associate sono quelle di  non essere onnipotente, onnisciente, eterno, creatore del mondo, uno spirito, la causa di se stesso, e così via.

10.  Le condizioni problematiche, secondo Paul Ziff, rendono difficoltoso provare l’esistenza o la non esistenza di Dio, anche perché, come nel caso di Gaudio, si tratta di rispondere non a una ma a un numero indefinito di domande. Il fatto che formuliamo ognuna di queste domande con l’espressione  “ Esiste Gaudio?” dimostra solo che mettiamo nomi vecchi a nuovi usi. Il senso della domanda “Esiste Gaudio?” dipende dalle condizioni associate al nome “Gaudio”, non basta la testimonianza  del DELI[iv]: esse possono variare da un caso all’altro e mutano con il passare del tempo. Quindi, il codice fiscale, fornito da un ufficio finanziario periferico nella campagna di Amendolara, quantunque si fosse già nel decennio degli anni di piombo, è inessenziale.

11.  Consideriamo la concezione di Gaudio propria di un uomo comune: al nome “Gaudio” sono associate le condizioni di essere un essere non onnipotente, non è il creatore del mondo, è buono, è misericordioso, non è la causa di se stesso, e così via. Allora, alla domanda “Esiste Gaudio?” si può rispondere così: non abbiamo ragioni per supporlo; abbiamo invece motivi eccellenti per credere che non esista alcun essere simile. E’ una dottrina della teoria fisica contemporanea che nessun oggetto fisico possa raggiungere una velocità superiore a quella della luce; secondo l’attuale teoria fisica, pertanto, nessun essere ha il potere di trasportare una pietra, o una grossa pietra pur avendo una nonna a nome “Petrone”, dalla terra al sole in un secondo di tempo, nemmeno in differita in collegamento con il Festival di Sanremo, che, per far liquefare l’anima dell’uomo, è più tecnologico di San Gennaro con l’ampolla ematica a settembre ma non a marzo. Ciò significa però che non esiste alcun essere onnipotente, per quanto possa esserci anche una Ur-Lodge che a spararle grosse e a farcele deglutire seduta stante per sempre, sulla cui esistenza è sempre più difficile avere dubbi. Quindi, secondo la teoria fisica attuale, non esiste nulla che risponda alla concezione di Gaudio propria dell’uomo comune e dell’ufficio anagrafe afferente, nel XX secolo,  al distretto finanziario di Amendolara.

Paul Ziff scriveva che la teoria fisica contemporanea può essere sbagliata: è pur sempre possibile; ma questa possibilità qui non ci riguarda. Anche perché qualunque forma possa prendere nel futuro la teoria fisica, essa imporrà sempre certi limiti all’esperienza anagrafica e finanziaria del distretto catastale sunnominato: l’esistenza di limiti è incompatibile con l’esistenza e la ragione del suo esserci di quel distretto.

12.  Tuttavia, la teoria fisica, finanziaria e fiscale contemporanea non è sufficiente a provare l’inesistenza di Gaudio, anche perché pare che dalle ritenute d’acconto, ad esempio versate all’esattoria di Milano,  si possa stabilire che ci sia un certo insieme di condizioni associate al nome “Gaudio”, anche se l’uomo comune, secondo le stesse teorie, pare che non riesca a dare per effettiva l’esistenza di Gaudio.

La concezione che l’uomo ha del mondo in cui vive si trasforma, almeno così dovrebbe essere sulla carta; c’è dunque da aspettarsi che si trasformi anche la concezione che egli ha di Gaudio. La domanda “Esiste Gaudio?” può quindi essere concepita in modo nuovo e, così concepita, può richiedere una nuova risposta. Non prova nulla il fatto che le risposte alle domande del passato siano state sempre negative: la risposta alla domanda di domani è qualcosa di cui non si può dire assolutamente nulla.




[i] Cfr. Paul Ziff, “DIO”, in: Idem, Itinerari filosofici e linguistici, © 1966, trad. it. Editori Laterza, Bari 1969.
[ii] Ibidem.
[iii] Ibidem.
[iv]“Gaudio esiste” dal 1268: cfr. DELI-Dizionario Etimologico della Lingua Italiana, Zanichelli, Bologna 1999.Nello stesso anno, lo stesso editore ebbe modo di rendere difficoltoso provare l’esistenza o la non esistenza di Gaudio, attribuendogli, nel ForseQueneau-Enciclopedia delle Scienze Anomale,  una condizione problematica in relazione al nome. Si nominò Gaudio col nome suo e col nome del figlio come autore di una scienza effimera. Come quell’editore sollecita, in ogni suo libro pubblicato, chiunque a segnalare errori e travisamenti, il Gaudio interessato segnalò la condizione problematica, tanto che l’editore ebbe a scrivergli che nella ristampa prossima avrebbero provveduto  a risolvere il problema. Cosa che, purtroppo, non avvenne mai, tanto che il DELI prova l’esistenza di Gaudio a partire dal 1268 e il FORSEQUENEAU certifica che è difficile tenere l’anima, di Gaudio, unita con il corpo, di Gaudio. Sembra dunque ragionevole ritenere che chiedersi se Gaudio esiste costituisca un interrogativo intelligibile. A prescindere da quanto certifica l’ufficio anagrafe del comune delle Trebisacce e da quanto poi ebbe a ordinare quel sindaco massone facendo abbattere la prigionia-abitazione del nonno di Gaudio, non esistendo costui in relazione alla condizione catastale di quel locus spazio-temporale abbattuto;nonostante questo genetico e anagrafico abuso d’ufficio,quel  tale massone continua a percepire il vitalizio da parte della Repubblica Italiana, come quell’altro massone condannato per mafia che , esistendo per davvero, viene qui riproposto, senza la particella preposizionale dell’Herkunft, nella via, nazionale, che fa da meridiano al  paese noto per essere occupato dalla quasi totalità degli italo-albanesi dei dintorni e dai cosiddetti ombroni omologhi di quel famoso sindaco massone dotato di vitalizio. E’ evidente, o dovrebbe esserlo, che al problema dell’esistenza di Gaudio si può rispondere soltanto nell’ambito di una teoria, se pure vi si possa mai rispondere: è ovvio, infatti, o almeno dovrebbe esserlo, che nessun semplice insieme di osservazioni, non accompagnate da efficaci considerazioni teoretiche e catastali, può servire a determinare se vi sia qualcosa che soddisfi o meno le condizioni in questione, come quella dell’assoggettamento e della privazione totale di Gaudio.Il fatto che un determinato essere possa essere privato del suo nome dall’ufficio anagrafico che ne forma l’atto di nascita non basterebbe di per sé a stabilire che quell’essere non esisteva, nonostante quel suo nome fosse esistito, almeno in teoria, nelle ritenute d’acconto per l’esattoria, ad esempio, di Milano o che uno dei suoi editori fosse noto per aver fatto transitare ritenute non da quella esattoria meneghina ma dall’isola famosa per essere l’isola che dà il titolo all’arcipelago famoso per l’isola Gaudio, che per aver dato i natali a Calipso sarebbe l’isola di Ogigia, che, la teoria fisica e catastale contemporanea per quanto riguarda la mitologia della Magna Grecia  è davvero strepitosa in quanto all’articolo 22 della Costituzione, come via, nel paese sede del distretto finanziario e fiscale  di Gaudio, era la via dove esisteva quella famosa neobrigatista rossa che uccise l’economista Marco Biagi. Secondo la teoria politica attuale, non sapendo ancora se esisto, so per certo che il condannato a 12 anni di carcere  promulgatore e teorico del brigatismo è dotato anch’egli di vitalizio da parte dello Stato contro cui si schierò.



 

 

Antonio Basile ▌La scheda del P.M. da "L'Assassinio dei Poeti come una delle Belle Arti"™

$
0
0

[Dal: Fascicolo del P.M. e del Procuratore dell’Accademia per l’Assassinio come una delle Belle Arti:Quadro indiziario; Motivi; Griglia di Parsons; Orientamento tecnico-strumentale del Lafcadio Incaricato, in: Anonimo del Gaud, L’Assassinio dei Poeti come una delle Belle Arti, © 1999-2003]
 


© carlos meglia
 
 
 
 
 
ANTONIO BASILE
Taranto, 1946; visse a Firenze, dopo aver viaggiato molto.
Titoli: Dionisiaca, 1976; Il Tempo dei Satiri, 1979.













 
 
 
 
C.L.L.
 
C.L.è
P.P.P.
 
 
 
 
 
C.L.L.è
 
 
C.L.
P.A.
 
P.P.P.
 
 
 
C.M.
F.I.
P.A.
Dettaglioè
SCENA DELL’ASSASSINIO DEL POETA A STOCCOLMA
 
“Ecco: sono nella Birger Jarls Gatan e cammino:
C’è poca gente per la strada,
Scorgo vetrine e uffici che si avvicendano.
Volto l’angolo e sono nella Oden Gatan:
Alla mia sinistra c’è la Biblioteca Comunale.
Penso al professore di storia che diceva:
Le sole rivoluzioni che mi interessano
Sono quelle passate.
Non sono pericolose:
sono degne di studio perché sono morte.
(…)
Proseguo nella Oden Gatan,
c’è la stessa atmosfera dell’altra via,
gli stessi cadaveri in maschera.
Giungo al Parco di Vasa
E mi addentro come in un’ooasi: silenzio.
(…)
Ricordo una Pagoda perduta nel giardino,
(…)
Nella Pagoda di Salsom io conobbi la gioia:
(…)
Il corpo, nostro bene, martoriato dai ruvidi colpi
della ragione, soggiace senza difese”[i]
 
Per terra, nella Pagoda, un biglietto, vergato con calligrafia
esitante e confusa, insanguinato:
“…dell’uomo giallo, e quello dell’uomo nero,
e quello dell’uomo rosso”[ii]
 
 
 
 
 
èMA NON SCORGE
IL LAFCADIO
è        E A DESTRA?
 
 
 
 
 
 
Cc.
E il Lafcadio tira un sospiro
di sollievo: lo avrebbe infastidito
non poco avere a che fare di nuovo
con una Biblioteca Comunale
(vedi: SCANDURRA)
ßâ
 
prima C.C.
poi C.M. – poi P.A.
åâ
IL LAFCADIO STA COLPENDO IL
LIRICO BASILE,
visionario e distratto,
con il MAZZAFRUSTO
C.L.
 
Il Lafcadio lascia intatta la scritta
ed esce  dalla Pagoda di Salsom.
 
C.L.L. Prosegue nella Oden Gatan,
c’è la stessa atmosfera dell’altra via.
P.P.èE pensa:
“Noi abbiamo abbattuto lo spirito
e l’ideale. Noi abbiamo scoperto
Il reale che è il corpo”
C.L.L. E’ dinanzi alla Biblioteca
Comunale
P.P.è”Le rivoluzioni non
Sono percolose. Sono passate”
C.L.L.è Non c’è nessuno
Per strada. Volta l’angolo, dà
C.L.èun’occhiata alla Biblioteca
P.P.P.è sogghigna,
ed è nella Birger Jarls Gatan.
DettaglioèUna svedese
Longilinea mesomorfa
P.A.èlo prende come la folle
gioia che può prendere
un Poeta:
DettaglioèLa tua immagine vedrò,
P.A.èsi dice cullato dalla melodia
fortemente percussiva
Particolareèdell’allure della svedese.
 

 LE INQUADRATURE
C.L.L. CAMPO LUNGHISSIMO
Quando la macchina inquadra uno spazio vastissimo, che si perde praticamente all’infinito. L’immensità di un paesaggio. Visione complessiva di una strada, di un ambiente.
C.L. CAMPO LUNGO
Inquadratura più limitata della precedente.

C.M. CAMPO MEDIO
Una o più figure riprese per intero. I personaggi in rapporto.
Se è inquadrata una sola persona si dice anche
F.I. FIGURA INTERA

P.A. PIANO AMERICANO
Figura fino alle ginocchia. Nell’assassinio, questo taglio sottolinea la mancanza di grazia e l’espressività dell’atto, la sua obliqua espressività.
P.P. PRIMO PIANO
Il volto e parte del busto.

P.P.P. PRIMISSIMO PIANO
Espressione sottolineata.

DETTAGLIO – PARTICOLARE
Il primo, per i puristi, attiene alle cose: lettera, pistola, spada.
Il secondo si riferisce a parti del corpo umano: mano, occhi, labbra, gambe, naso.

Cc. CONTROCAMPO
Campo diametralmente opposto a quello dell’inquadratura precedente nella sequenza. Il Poeta osserva la Biblioteca a sinistra; il Lafcadio, a destra, osserva le gambe della svedese, che, poi, sarà melodia per il suo desiderio destato.


[i]La scena è tratta dal poemetto, estratto da L’angelo della rivolta, Stoccolma, estate 1968, pubblicato in: Le Proporzioni Poetiche, vol.III, a cura di Domenico Cara, Laboratorio delle Arti, Milano 1987: pagg.27-28-29.
[ii]Ibidem: pag.29.
 

La scrittura giornalistica e la contro-storia ▒ Il romanziere è uno scrittore?

$
0
0



Francesco MerloS tanza 707Bompiani 2014

 

Io penso che forse un giorno mi capiterà di leggere il romanzo di Merlo. Addirittura Cotroneo tira in ballo la differenza tra scrittura(!) giornalistica e scrittura narrativa…Oh, mio Dio, una delle meraviglie della natura, avrebbe scritto Woody Allen, tolto un albero d’estate, anche perché Scarlett Johansson non era ancora nata, è la differenza posta da Roberto Cotroneo tra scrittura giornalistica e scrittura narrativa, che mi fa venire in mente quel famoso articolo natalizio di Enzo Biagi , pubblicato il 21 dicembre sul “Corriere della Sera”, ma non ricordo l’anno, al momento, in cui il giornalista ricordava Adriana Ivancich e lui ch’era andato a intervistarla e lei che era incinta e nell’articolo per descriverla la descriveva come Ernest Hemingway aveva descritto la protagonista diciannovenne del suo “Across the River and into the Trees” (© 1950), che, poi, a seconda di come statuivano i biografi e traduttori ufficiali dello scrittore americano, era e non era speculare ad Adriana Ivancich, insomma non erano tanto certi che fosse lei, poteva essere benissimo quell’altra; fatto sta che mi colpì non poco quell’articolo tanto che dovrei da qualche parte avere il ritaglio, ma mi dicevo come si fa a intervistare questa donna incinta del marito e parlargli di Hemingway, ma senza che lui dicesse, per la chiarezza giornalistica, quando l’aveva intervistata, dove, e neanche precisasse se quella che stava intervistando, così incinta, fosse in qualche misura identica a quella che diciannovenne e non incinta il romanziere aveva raffigurato con quella descrizione che il giornalista riportava nell’articolo del 21 dicembre?…Non so se ve lo ricordate quello che scrisse Roland Barthes , a mettere la differenza tra “scrivente” e “scrittore”, ve lo ricordate? Certo, Francesco Merlo non è un pirla, lui sa che chi sottoscrive ogni tanto si affaccia qui perché ne vale la pena, ma quando si cavalcano alcuni cavalcavia di raccordo tra letteratura, che non esiste ed è futuribile, e cronaca, è come se si volesse farvi passare il prodotto (dell’ingegno) a futura cassa dei librai, il che se è scontato per l’industria culturale non lo è di certo per i letterati: ecco, forse, la scrittura, anche adesso che c’è Scarlett Johansson, è così che vive, della differenza che il suo metabolismo ingenera rispetto all’industria culturale in cui, per cui, si produce, o non si produce (per fare un nome, vedi Morselli). Detto Morselli, mi sorge un interrogativo: e se Francesco Merlo fosse dentro il genere della “contro-storia”?vuesse gaudio

Ignazio Apolloni │ Austria

$
0
0

IGNAZIO APOLLONI

NOTAZIONI DI VIAGGIO

AUSTRIA

 

 

 

            Dall’aria un tempo modesta, rassegnata; in previsione di una possibile decadenza cui sembrava destinata dopo un passato glorioso, carico di storia, oggi l’Austria può dirsi entrata a pieno titolo tra le nazioni europee all’avanguardia per qualità del turismo, salvaguardia del patrimonio monumentale e artistico.
L’alta qualità dei servizi offerti accompagnati a negozi eleganti, ma senza spocchia; la cura dei particolari; la mancanza di graffiti o saltimbanchi (per non dire l’assenza totale di mendicanti e accattoni, uomini in mitra a difesa delle banche e gioiellerie).
Insomma una tranquillità che si sposa con alto senso di pulizia e igiene, protezione degli alberi, panchine in ogni luogo, rispetto della natura ovunque si annidi un filo d’erba.
Nessuno che alzi la voce, passanti cui viene riservata la precedenza dagli automobilisti, compostezza nelle signore (quasi memori della grandezza dell’impero austro-ungarico). Niente italiani, niente francesi, inglesi o americani sembra di vivere di nuovo in un’epoca di grandeur, seppure democratica, aliena da avventure simili o prossime a quelle che condussero alla catastrofe del 1918.
Un viaggio da non perdere, da suggerire agli amanti delle più alte forme di democrazia, inclini ad una visione del mondo che per scongiurare disastri pratichino almeno il principio marxista del “a ciascuno secondo i propri bisogni” ma sopratutto portati a relegare ai margini del pensiero l’idealismo hegeliano –  ed oggi il postmoderno foriero di sempre maggiore disimpegno ed egoismo.
Sono le civiltà del nord-Europa protestante a segnare il passo avanti di cui l’umanità ha bisogno per uscire dall’empasse, dall’asfissia determinata e voluta da colui che, parlando da un pulpito e sicuro di essere ascoltato da chi conosce solo il linguaggio introitato sin dalla nascita, non può fare a meno di ubbidire.

 
 
             


Il castello di Schönbrunn
 
 

L’Austria per previsione costituzionale, è uno Stato neutrale ma si avverte negli occhi e nel comportamento della popolazione quanto lontana sia una previsione di revanscismo. Non mancano monumenti espressioni del ripudio del fascismo – anzi espressione dell’orrore vissuto per avere avuto in casa la Gestapo e la relativa violenza esplosa ad esempio nella notte, detta dei cristalli, in cui furono distrutte tutte le sinagoghe e i negozi di proprietà degli ebrei.
In quest’Austria che ho visitato dal 28 Agosto al 4 Settembre 2011 non ho notato alcuna manifestazione che denotasse insofferenza verso l’altro, piuttosto rispetto reciproco, quasi tutti i presenti – turisti o viaggiatori compresi – avessero acquisito all’istante modi d’essere esenti da voluptas quale è dato cogliere a piene mani negli altri paesi capitalistici  europei.
E’ alto il senso del dovere nella prestazione di servizi a beneficio della popolazione e del decoro di luoghi di diversa specie: dai parchi ai monumenti; dagli alberi alle aiuole; dai marciapiedi alle vie di comunicazione; dai semafori alle scale mobili; dai contenitori per rifiuti alle panchine (diffusissime, utilizzate per fasi di riposo o di pura contemplazione). I parchi soprattutto godono di un trattamento privilegiato essendo l’habitat di papere e oche o monumenti a personaggi conosciuti ai più (musicisti e poeti non solo austriaci) o semplicemente meritevoli per essere stati amministratori e sindaci di Vienna.
Nelle strade, con il bel tempo, fioccano tavolini, sedie e poltroncine di ristoranti e bar che erogano le specialità più impensabili dell’Austria e altresì le cucine tipiche di paesi come la Greciao la Russia– per dire di antipodi. Gli interni invece, nella stagione estiva e di giorno, sono parzialmente vuoti ma di una eleganza per mobili, divani e divanetti, stili da lasciare ammirati. Il garbo dei camerieri è tale da farti sentire quasi un ospite, ospite d’onore senza affettazione ad ogni modo. Mai un gesto di fastidio, tutto nel pieno rispetto del cliente, gradito, ricercato solo attraverso la cura dei tavolini; del tovagliato sempre a puntino; delle suppellettili (saliera, pepiera, oliera, acetiera), della disposizione rispettosa delle distanze. E’ un piacere sedersi e essere serviti, senza mai il servilismo tipico dei paesi sottosviluppati.
La città di Vienna conta un numero considerevole di statue, soprattutto equestri, ma può fregiarsi di opere d’arte contemporanea, tra cui una massiccia, poderosa, imponente scultura di Paul McCarthy collocata in Karlsplatz. Purtroppo a guastare tale austerità, in un ponte sul Danubio è dato vedere una statua della Madonna con un incipit del recente cattivo gusto rappresentato da lucchetti appesi alla sua veste simboleggianti l’aspettativa di un amore presuntivamente imperituro. Il Danubio, come il Tevere oppure la Senna, è diventato luogo di svago, nulla che richiami l’epoca del valzer. Vapori e vaporetti (talvolta grandi quanto quasi un transatlantico perché collega Vienna a Bratislava e ad altre capitali del continente europeo) assorbono interamente la vista ed occupano perciò tutto lo spazio generalmente governato dalla fantasia del viaggio. A nulla servono degli ottimi graffiti realizzati in anni trascorsi sulle sponde del fiume – ed oggi in parte coperti da alberi inopportunamente piantati in modo tale da coprirli alla vista.
In più parti ci sono dei chioschi dove è possibile acquistare, ad un prezzo ragionevole, un frankfurter (anche qui chiamati hot dog) con accompagnamento di cetrioli sotto sale e aceto, e tanta mostarda. Una variante, alla frammentazione obbligata in bocconcini, è l’hot dog infilato di forza dentro lo sfilatino di 200 grammi per i più affamati.
Il clou di una visita a Vienna – città di musica e concerti venduti da valletti in divisa ottocentesca e parrucca – è però l’Albertina in primo luogo e subito dopo il castello di Schönbrunn (per la magnificenza delle 40 stanze visitabili a fronte delle 1440 di tutto il complesso). Opere d’arte a profusione tra mobili in stile barocco, ritratti, tappezzeria, marmi ed altre sofisticazioni del genere creano un senso di oppressione che si placa soltanto quando ha inizio la passeggiata lungo i viali dell’immenso giardino popolato essenzialmente di scoiattoli e cornacchie. Non mancano i fiori a rendere lieta l’atmosfera -  altrimenti lugubre – disposti in motivi che ricordano quelli di epoca romana e italiana. Non si contano le statue, tutte in gesso, dall’atteggiamento supino: nessun segno di sfida allo strapotere del regnante di turno. Una parte della monumentalità costruita su un manufatto già esistente è franata: e stenta a dare prova perciò della propria grandezza simbolica.
E’ l’immaginazione la più privilegiata tra i sensi. Non si può infatti non tornare indietro nel tempo a quando l’Austria era il cuore pulsante dell’Europa quanto a musica, joie de vivre, aspirazione a far parte di una spedizione punitiva, se non guerra, per guadagnarsi i galloni di generale e magari avere raccolto l’ascia dell’avversario.
Questa fu la fortuna del principe Eugenio di Savoia il quale per premio di una vittoria risolutiva ebbe dall’imperatore un terreno di centinaia di ettari in cui costruì il Belvedere superiore e quello inferiore potendo godere di tutta l’acqua necessaria ad alimentare vasche e bacini: un colpo d’occhio da un chilometro a piedi per raggiungere il secondo Belvedere dopo avere visitato le stanze di una parte dell’altro coperto fino al collo di ori e di stucchi.
La famiglia austriaca normalmente si compone di quattro persone a fronte delle quali stanno quelle degli immigrati in cui i marmocchi sono numerosi. Vivono comunque separati gli uni dagli altri, anche a causa del fazzoletto che copre la testa delle arabe fino al soggolo, se addirittura non copre – quello in nero – tutta la testa lasciando solo gli occhi a governare l’andatura, chiusa in una sorta di campana.
I mezzi pubblici, tra metropolitana, tram, autobus (pochi) sono così frequenti da invogliare a salirci per scoprire la periferia sicuri di fare ritorno in poco tempo. Tra i mezzi pubblici metterei le carrozze a due cavalli, identici tra loro, quasi dei landò, confortevoli, elegantemente imbottiti, i sedili, da farti sentire parte della nobiltà uscita dalle reggie a salutare sudditi felici di essere tali.
I musei meritano un trattamento a parte in quanto i palazzi che li ospitano appartengono a forme di elargizione di capitali della monarchia con il duplice scopo di fungere da centri di esposizione delle opere d’arte accumulate dai vari regnanti per dar prova di cultura e buon gusto, ed altresì per intimidire il modesto uomo qualunque che anche in Austria sicuramente non mancavano e non mancano.
Non si contano le gioiellerie e le case d’arte (la più famosa la Dorotheum, inaccessibile a chi non abbia un reddito elevatissimo o un capitale di tutto rispetto. Prezzi proibitivi ma oggetti di autentico valore certificato quanto ad epoca e corrente estetico-artistica. La musica però gode il maggior favore degli austriaci, specialmente la lirica né difettano i teatri mentre scarseggiano i cinema. Ci sono bar – tutti all’aperto tra agosto e settembre – in cui la mescita è fatta persino di champagne, a prezzi esorbitanti per i più. Diverso per i locali di massa in cui è possibile, con prezzi davvero modesti, consumare un cappuccino: la bevanda mattutina divenuta ed affermatasi in tutti gli ambienti, soppiantando ogni altro simbolo. Te lo servono accompagnato preferibilmente a una fetta di sacker, o di apple strudel (niente di simile a quelli di un tempo). Almeno un locale è riservato ai tirolesi, persone anziane, frustrate quelle costrette a consumare la vecchiaia a Vienna. Passano il tempo leggendo giornali offerti a profusione dalla proprietà del bar, incastrati nei classici bastoncini per evitare che svolazzino. I cavalli dei landeau sono dotati di un sistema di raccolta delle feci il quale così impedisce che finiscano in strada. All’occorrenza ci sono delle fontane apposite, a pompa, dove i vetturini si possono rifornire di acqua per le necessarie pulizie. Questi vetturini, impettiti, con gilet e cappello preferibilmente a tuba, guidano con grazia e frattanto illustrano questo o quel monumento, questa o quell’area a turisti che se non sono austriaci parlano tutti o capiscono il tedesco. Le facce sono soddisfatte, anche quelle delle famiglie arabe che si avventurano anch’esse in una passeggiata in carrozza.
Fioccano le foto-ricordo specialmente quelle scattate in Kartner Strasse, la via elegante per eccellenza, una delle più ampie, commerciali, di tutta Europa. La fa da padrone un orrendo ammasso di materiali bronzei contornati da vasche piene d’acqua e con qualche monetina secondo lo stilema praticato per Fontana di Trevi: scritte in latino; con all’apice una ridondante croce dorata: frutto, e regalo alla città, di un notabile del settecento.
Per il resto la via è invasa da popolo in fuga dallo stress, dalla vita quotidiana senza emozioni, dall’ebbrezza di esserci, e tuttavia i due casinò restano quasi del tutto vuoti.
Gli spazi all’aperto gestiti dai proprietari dei bar un po’ dappertutto sono racchiusi dentro vetrate alte non più di novanta centimetri, senza un granello di polvere, senza scalfiture, macchie o macchioline. Va da sé che il servizio di raccolta dei rifiuti è efficientissimo tanto quanto la pulizia all’interno di tali spazi, ludici perché vi si consumano coppe di gelato e panna, boccali di birra ed ogni altra sorta di bevanda analcolica o meno.
I ristoranti italiani superano per numero quelli di altri paesi, tutti ben frequentati. Vi si può mangiare spaghetti alla puttanesca o risotto ai funghi. Incredibile ma vero i funghi in Austria crescono già in questo periodo come è dato vedere nel mercato dove all’occorrenza ti servono il pesce scelto, arrostito lì per lì. Sono soprattutto i finferli a lasciare stupiti per la quantità esposta, quasi si possano raccogliere a piene mani nei boschi. In questo grande mercato all’aperto si trova qualsiasi cosa si possa immaginare atta a soddisfare la gola di qualsiasi straniero. Sono infiniti gli aromi, le carni, la frutta (esotica principalmente), le verdure e i sorrisi di proprietari, venditori, camerieri e inservienti.

Egon Schiele at Leopold Museum
Il piatto forte però è risultato Il bacio di Klimt, mentre meno sconvolgente è apparso alla gente il lavoro dei secessionisti a partire da Egon Schiele. Molta curiosità – se non interesse – l’ha suscitato la mostra “da Monet a Picasso” all’Albertina. Ancora maggiore quella permanente in cui, allo Stadtmuseum è dato vedere sarcofaghi e mummie, ed oggetti di uso comune, tra i meglio conservati e più appariscenti per vivacità di colori, iscrizioni: in una parola artisticità sicuramente attribuibile ad una delle ultime dinastie egizie.
Anche qui sorveglianza discreta, aria condizionata ben regolata per non nuocere ai dipinti o ai reperti, bar eleganti, bookstores dove ti viene voglia di riempire lo zaino di opere utili ad aprirti sia l’orizzonte del paradiso terrestre e sia gli occhi sulla fantasia dei singoli artisti. Usciti dal Museo (uno dei tre che chiudono la piazza dove siede, al centro, l’imperatrice Maria Teresa mentre sul quarto lato scorre parte del cosiddetto Ring) è d’obbligo distendersi sul prato, all’ombra di uno dei tanti alberi fronzosi, con tutta l’attenzione possibile diretta a non calpestare l’erba.
Gustav Klimt
L’opulenza attuale è possibile scoprirla entrando in questo o quel luogo deputato alla delizia delle scoperte architettoniche, vetrinistiche, dell’arredamento più sofisticato nel mercato internazionale: certificato dal nome degli stilisti in tutta evidenza. C’è da perdersi in simili gallerie (tali perché entri quasi al buio e ne esci abbagliato).
Sulla tolda di una nave ancorata in una delle sponde del Danubio (che scende giocoso, affetto da autoidolatria per essere stato così ripetutamente cantato e suonato) ci si può sedere su sedie a sdraio, chiudere gli occhi ed avere la sensazione che si sta navigando, per poi accorgersi che della nave c’è solo la tolda ma tanto basta per creare l’atmosfera del sogno.
Frattanto torme di turisti, elegantemente vestiti, affollano le gelaterie, gestite tutte da italiani, che espongono decine e decine di gusti diversi – quasi tutti di stampo mediterraneo. E’ una delizia acquistare un cono e vedersi sciogliere il gelato addosso stante l’alta temperatura di quei giorni a Vienna e in tutta l’Austria: titolano i giornali.
Così come nelle altre grandi capitali e città europee anche qui la stampa internazionale arriva e può essere acquistata dai dipendenti dalla carta stampata. Rari gli schermi, vietato (e comunque non praticato) il volantinaggio; niente strilloni o venditori ambulanti. Vedeste i pavimenti dei corridoi della metropolitana o le banchine delle stazioni: luccicano come fossero stati lucidati con le migliori cere poco fa. I biglietti vengono erogati dalle macchinette. L’ingresso è regolato da apposite cellule fotoelettriche. I negozi e negozietti curano il proprio decoro che comunque non viene messo in discussione da alcuno.
In tutta Vienna niente o quasi cani al guinzaglio, niente molesti lavavetri; ignote fattucchiere e megere del tipo frequente in tutta la Spagna con la pretesa di poterti predire il futuro leggendoti la mano ad ogni costo. Poche o nessuna le divise se si escludono quelle di alcuni vigili urbani preposti a regolare il traffico in incroci salienti. Nessuna deturpazione di fabbricati con scritte di protesta o blasfeme, quando non siano di semplici scarabocchi detti in altre parti dell’Europa del sud graffiti.
Rassicurano la popolazione lunghe strisce di nebulosa create dai reattori di caccia e piloti in fase di addestramento malgrado la non necessità considerata la non minacciata neutralità dell’Austria. Ignote le categorie socio-antropologiche di stampo marxista tra sottoproletariato e proletariato in su fino all’alta borghesia. Tutto infatti fa pensare che esiste solo una classe di gente più o meno agiata. Lo strano perciò è scoprire che il paese da cinquanta anni è governato dai socialisti. Non ho notato comunque tensioni di sorta, gente col megafono in mano né capannelli di adepti a questo o quel gruppo politico.
La pace religiosa tra tutte le confessioni presenti in Austria è assicurata, così come quella sociale.
Sia le chiese e i templi che gli edifici pubblici e privati sono in perfette condizioni statiche ed estetiche godendo di un trattamento che li preserva dall’incuria. Essendo vietata la distribuzione di materiale pubblicitario di ogni genere le strade non conoscono alcunché che possa imbrattarle o imbruttirle: è perciò una quasi panacea camminarci senza doversi imbattere in foglietti o altro appena ricevuto in mano e abbandonato. Non si sentono bimbi frignare o fare capricci: tenuti per mano dai genitori e comunque sorvegliati. Le donne, tutte libere, affrancate, non sembrano abusare di alcun privilegio né conoscono o praticano l’arroganza come invece succede nei paesi del sud Europa. Sono dunque gentili, ben curate nel corpo e nell’anima, appena appena truccate; con parsimonia. Siedono ai tavoli dei bar da sole o in gruppi, assolutamente composte: in Austria infatti non si conoscono espressioni o modi sguaiati o semplicemente irriverenti. Non senti nessuno alzare la voce, accendere una sigaretta o fumare se gli stai accanto. La puntualità è un dogma. In chiesa o altro luogo sacro si entra con il dovuto rispetto benché si sia in gruppo o a frotte. Ho visto migliaia di persone entrare nel Duomo senza che alcuno regolasse l’entrata e l’uscita come invece mi è capitato a Nôtre Dame di Parigi.
I tassì, parcheggiati negli appositi spazi, con le ruote più prossime possibile al marciapiede, sono guidati, si direbbe, da gentiluomini i quali restano al loro posto fino a quando non sia salito il cliente a meno che non debbano venirti incontro per toglierti dalle mani la valigia che quindi sistemano nel bagagliaio (quale differenza con quelli di New York, immigrati da poco dal Medio o Estremo Oriente, rudi come si trovassero nel loro paese!). I tram di nuova generazione, a due carrozze, lussuosi, lunghissimi, tanto quanto i vecchi, sono forniti di una schermata che ti annuncia la prossima fermata ma ciò fa anche ad alta voce il conducente. Alle fermate più frequentate uno schermo ti avverte di quanti minuti ci vogliono perché arrivi quel che attendi. Stessa cosa vale per le linee della metropolitana le cui banchine e corridoi sotterranei – ma anche quelli in superficie – profumano di varie essenze tali da potersi trasformare in luoghi di passeggio visto anche la grande quantità di negozi che vi si trovano.
Vige ancora l’usanza di acquistare il giornale locale lasciando nell’apposita busta di plastica due euro invece di uno, per la comodità di poterlo avere subito e perciò leggerlo durante il tragitto in tram o metropolitana. I giornali però sono striminziti come dimensioni e notizie. Né aiutano chi sia avido di informazioni U.S.A. Today. C’è infatti da dire che sorprendentemente la lingua parlata correntemente è il tedesco; e raramente si sente l’inglese. E’ quasi come se gli austriaci si fossero chiusi nel loro ghetto. Effetto della nostalgia? Difficile affermarlo o negarlo.
E’ ancora in voga l’uso del sigaro tanto quanto quello dell’orologio da panciotto. Ci sono più negozi di orologi, tra moderni, modernissimi o d’antan che panetterie . Anzi sembra quasi che i viennesi non mangino pane in quanto non ho visto nessuno con la classica baguette sotto l’ascella e nemmeno incartata, secondo l’usanza francese. La gastronomia da passeggio non esiste: niente pezzi di pizza, toasts o panini. Si mangia qualcosa seduti al bar o al ristorante (molti servono piatti della gastronomia ceca, slovacca, ungherese e persino moldava ma non di rado nei menù si leggono nomi come cevapcici o raznici di provenienza balcanica). Incredibile ma vero i giovani consumano poca o quasi niente coca-cola. Men che meno fumano, accogliendo così l’invito del governo.
Se deve festeggiarsi qualcosa o qualcuno si sceglierà un locale pubblico appartato, lontano da chi rifiuta i rumori. Non è improbabile trovare nelle strade più frequentate gruppi folcloristici, alcuni autenticamente zigani che si esibiscono per qualche minuto per poi spegnere amplificatori, raccattare gli strumenti e ordinatamente andare via.
Nella stagione estiva molti dormono all’aperto, sui prati erbosi e soffici, zaino dietro la nuca. E’ tutto un viavai di sogni quelli che è dato cogliere se si entra in sintonia con questi giovani globetrotters. Ognuno al ritorno in patria ha qualcosa da ricordare, magari il complesso realizzato dall’architetto Krawina e dal pittore Hundertwasser. Sono loro, gli architetti e i pittori di altri paesi di passaggio da Vienna, ad andare a vedere per trarre ispirazione per i loro progetti.
Gli operai edili, con guanti e casco sembra non abbiano bisogno di capi o dirigenti: quasi conoscessero a menadito cosa viene dopo la demolizione e quali gli stati di avanzamento. Se poi si tratta di restaurare un edificio di pregio la manovalanza è altamente specializzata: niente pantaloni sdruciti o imbrattati di calce, pulizia somma dell’abbigliamento da lavoro. Quel che manca però è il paesaggio da dipingere, nessuna suggestione, nessuna tavolozza en pleine aire, come se la fotografia avesse già detto tutto il possibile. Stranamente le macchine fotografiche tacciono – persino quelle dei giapponesi. E’ come se i visitatori stranieri e austriaci di altre parti del paese avessero deciso di affidare l’esperienza del viaggio agli occhi e alla mente: in fondo è quello che ho fatto anch’io tant’è che sto scrivendo all’esito del soggiorno viennese (Hotel Astoria, arredamento Art Deco, scalee monumentali con tappeti da otto volante tanto ti portano fuori dal contesto in cui stai trascorrendo la vacanza. Ovvio che i maestri di questa forma di narrazione riconducono ai grandi viaggiatori, quasi tutti tedeschi e qualche francese, scesi fino in Sicilia per scoprire, anzi portare alla luce, templi e manufatti di epoca dorica più che corinzia. Nessuna pretesa, ovviamente, di imitarli, non fosse per l’analisi che sto dispiegando, di carattere socio-antropologico, di un popolo che non sembra rimpiangere il passato imperiale ma si appaga di far parte dell’Europa unita (sia pure, per ora, sostanzialmente dall’euro). Si gode infatti in Austria un ampio benessere, con una borghesia illuminata; con un’alta borghesia che investe nelle gallerie d’arte, le case d’asta, negozi di lusso (sono presenti a Vienna tutte le griffe).
Criminalità ridotta al minimo; non ci sono vigilantes davanti ai negozi di lusso o banche (poche in verità). Continuano ad esserci i cambiavalute che però lavorano ben poco perché la massa dei turisti proviene dalle aree circostanti all’Austria dove appunto la moneta è l’euro.
Il piacere di stare seduti nei bar dei musei è impagabile dato che sono tutti forniti di poltroncine, tavolini di marmo, tazze e tazzine di porcellana o bicchieri di cristallo se si sia ordinata una spremuta di arance. Camerieri a puntino. Divisa immacolata. Professionalità oltre ogni dire. Non si vorrebbe andar via ma il tempo stringe e ancora c’è altro da vedere. Sacrificando l’ansia di volere saperne sempre di più è ora di predisporsi a salire sul tassì (orario e costo concordato in anticipo). La destinazione ovviamente non poteva che essere l’aeroporto di Berlino.

 
(...) Kärntnerstrasse, la via elegante per eccellenza, una delle più ampie, commerciali, di tutta Europa.



 

Anna Mongiardo ▌La scheda del P.M. da "L'Assassinio dei Poeti come una delle Belle Arti"™

$
0
0

Anna Mongiardo
S.Andrea Jonio(Cz) 1939; visse a Roma.
Titolo: La donna cammello, Roma 1968.

Motivo Unico
Sempre che, come pare, non abbia smesso di fare la Poetessa, il che sarà motivo di non esecuzione per il Lafcadio Addetto, non la si perdonerà mai questa donna dagli occhi “azzurri e tristi come i laghi silani”[i]che, sul suo sesso vergine, sente premere il sesso gagliardo e il calore del seme, non perché, fumando, inspiravano il bergamotto ma perché, mentre si faceva fare, la regina Elisabetta stava a guardarla dal suo bravo ritratto!... Il Lafcadio Addetto, se la Mongiardo continua a fare poesie, non potendo più farle sentire il suo membro gagliardo,  “stenda un tappeto di nero velluto
per far risaltare il [suo] corpo bianco
in quella stanza dai mobili antichi”[ii] e la infilzi con lo Spadino.

[i]Cfr. “Il baratto”, in La donna cammello, Trevi, Roma 1968.
[ii]Ibidem.

[Dal: Fascicolo del P.M. e del Procuratore dell’Accademia per l’Assassinio come una delle Belle Arti:Quadro indiziario; Motivi; Griglia di Parsons; Orientamento tecnico-strumentale del Lafcadio Incaricato, in: Anonimo del Gaud, L’Assassinio dei Poeti come una delle Belle Arti, © 1999-2003]

 

░ L'inizio e la fine di Ignazio Apolloni

$
0
0


│© enzo monti
 
L'inizio e la fine di Ignazio Apolloni

diAlessandro Gaudio

 

 

 Nella notte tra il 26 e il 27 febbraio scorso, se ne è andato Ignazio Apolloni.
Dall’alto della fantasia, leggera ma dilatata, dei suoi racconti, dei suoi romanzi, delle sue singlossie e della sua umanità, Ignazio continuerà a sostenere, come accade da almeno quarant'anni, l’impossibilità per la letteratura di un impaccio, di una regola di codificazione che ne limiti la portata o ne controlli forzatamente il rimbalzo. E oltre quei limiti, là dove Ignazio continuava ossessivamente a cercare la connessione con il mondo esterno, tra la codificazione della sua arte e il suo quotidiano, vorrei seguitare a immaginarlo.
Lo faccio per il tramite di una poesia scritta da Ignazio negli anni Cinquanta (ma pubblicata due decenni dopo, nel dicembre del '72) e che egli stesso mi mandò cinque o sei anni fa perché potessi meglio delineare la sua figura di artista. «C'è ancora qualcosa che non ti ho detto mi scriveva Prima di darmi alla narrativa; al lettering; alla singlossia; alla epistolografia; alle favole [...] ed ancor prima delle favole le poesie impossibili; le dichiarazioni d'amore per la poesia; le sketch poesie; il Come e il Dove, ho scritto delle poesie lineari, in versi come pure si dice [...] Ci troverai aggiungeva quasi schernendosi la sperimentazione ma anche i prodromi delle mie convinzioni filosofiche e aspettative avveniristiche legate alla scienza cum grano salis, almeno a quei tempi». Ecco, dunque, uno dei peccati di gioventù di Ignazio Apolloni: fa parte della raccolta intitolata La grandezza dell'uomo; spero che il paradosso di vederla ripubblicata adesso possa indurre, seppur nel dispiacere profondo di chi la legge, un complice risolino.
 

l'inizio e la fine

 

contro ogni legge che conosca

nell'esplosione della nuova devastazione

e le modelli

e le calchi

le particole amorfe, e le rinserri

che colga, pregni e saturi di sé

nell'altalena vagante d'una meta nello spazio

NEL TEMPO

ogni storia ha la sua morte, la sua vita, il suo inizio

l'inizio del tempo

la vita

morte

la

 

 

Nota: Va letta dal basso[1]



[1] I. Apolloni, L'inizio e la fine, in Antigruppo 73, 1° vol., Cooperativa operatori grafici, Giuseppe Di Maria Editore, Catania 1972, p. 13. La lettera citata è del 5 maggio 2009.

Ignazio Apolloni ░ Astromalie e Meteora del 1967

$
0
0


ASTROMALIE (ANOMALIE ASTRONOMICHE)
 
Tutto ci riconduce al nulla. E dopo?
Ossi di miliardi d’uomini mummificati
                          calcificati
                          pietrificati;
pietre sgretolate in polvere anemonica
                             fluttuante
                              genitale;
geni gracili, rovelli di scintille spastiche
                              traslucide
                              vaporose:
il tutto ha finalmente i suoi confini.

 
Solenni onoranze all’uomo-tutto
vollero gli eretici sul rogo.
L’immortale creatore di Dio
bruciò la sua passione col suo corpo.

 
Alla scoperta del nulla. E dopo?

Cordoni insufflatori di meteore
avvolgono eccentrici la terra
alla ricerca della verità nel Cosmo.

 
Briciole di tempo ricalcano le fasi della creazione
creando nel contempo un ordine nuovo. E dopo?

 
Quando le leggi cosmiche saranno conosciute,
e spenti i vulcani, e modificato il corso delle stelle,
sarà felice l’uomo?

 
Confini più vasti si apriranno al suo sapere, al suo potere
al suo dominio del mondo, dopo il nulla.

 
Alla ricerca della felicità nella sapienza
l’uomo è lanciato nella corsa contro il tempo
per conoscerne le leggi, per modificarne il corso,
per sedersi su trono dell’Universo. E dopo?


LA METEORA DEL 1967

Quando le meteore grandineranno fiotti di lava
e il fuoco sanguinerà i bacilli della ionosfera
larve di cellule atrofiche cospargeranno gli oceani,
ma già l’uomo avrà inebriato gli spazi.

Atomi di stelle senza fine
gravitano nell’universo senza mete
nel disordine caotico della natura astrale.
Giambi totemizzati raucano angosciose parodie feline,
rullii estatici, o violenti di paura.
Giurano i sacerdoti anni di luce,
predicano la fedeltà cosparsa di bugie – piene di coro;
ed amano le creature il loro amplesso
sospese ad una ragnatela di lussuria
da cui plagano nella materia amorfa.

 
Agoni cosmici squillano le trombe.
Argani di diluvi scompongono il creato
ed io lo cerco per possederlo tutto,
per non avere fine.

 

░ da: Ignazio ApolloniLa Grandezza dell’uomo│©1972 Uh-Book in preparazione a cura di Alessandro Gaudio con una divagazione ziffiana di V.S.Gaudio

 

 
 

Patrizia Cimini ♦ La scheda del P.M. da "L' Assassinio dei Poeti come una delle Belle Arti"™

$
0
0

 
PATRIZIA CIMINI
(Roma, dove vive).
Titoli: Pesci pensieri, Roma 1988; Un alfabeto non stupido, Verona 1992.

 

Dell’Alfabeto non stupido, che fu proposto “bilingue per sottolineare la multipolarità di ogni singola lettera”[i], fu rinvenuto solamente L’Abbé accanto a un Lafcadio marqueé au b, borgne, boiteux, bâtard, bossu, che, per questi segni divini, fu tratto in arresto, detenuto e inutilmente torturato e interrogato.

 

B

L’Abbé

La “B” c’est l’abbé, c’est l’abréviation

d’une sillabe voluptouese qui bat tout le temps

la voix, la langue et les soupires, le ventre,

un baiser basilaire, badin

balloné de beauté pour la journée du discours

 

Marqué au B, les boiteuses, les bigles, les bossus

désire le bien et le bon marché et vente

qui glisse à dos du vent

vers l’îlot de la « V »

vengeance victorieuse[ii].

 

Il P.M. Baba, un babahissant bacon, un po’ barboteur du base bas e un po’ bécheur bedaine, così escusse le marqué au b :

« Bernard, d’accord, la « B » c’est l’abbé, un baiser basilaire, mais « Badin » c’est le poète Badin(i) ? Et lui bidonne et biffe parce que désire le bien et le bon ? »[iii]
« Monsieur le Bécheur » - gli rispose il Lafcadio indiziato – le blackboulage est à blanc et ne bocke pas ; il bocotte, peut-être, mais le bonhomme bouclé n’est pas Badin mais il est Bernard ; d’accord, je suis borgne, branque, bedouillard, batteur, bourlingue, mais je ne suis pas le butteur »[iv].
Il P.M. Baba, le babahissant bacon du bedon bedaire, chiuse un occhio e guardò torvo Bernard.

[…]




[i] Patrizia Cimini, Un Alfabeto non stupido, Anterem edizioni, Verona 1992: pag.29.
[ii] Ibidem: pag.9.
[iii] In Argot, Bernard è le derrière; bidonne è la terza persona del presente di bidonner, che sta per boire beaucoup, ma anche per dénoncer; biffe è la terza persona del presente di biffer=manger.
[iv] Bernard risponde a tono: Blackboulage è il refus, le renvoi; l’espressione Être à blanc vuol dire: avoir un faux nom. Bocker è : boire la bière ; bocotter=grogner ; bouclé=enfermé, emprisonné ; Bernard dichiara di non essere « Badin », cioè non sta scherzando, lui è Bernard, cioè “derrière “ ? E poi si “marque au B”, si dà cioè i segni di Dio, è “borgne”, cieco d’un occhio, “branque”, imbecille; “bedouillard”, niais; “batteur”, menteur; “bourlingue”: être dans la bourlingue: dans une position gênée, précaire; ma, ancora in argot, non è le “butteur”, l’assassin. Le Bécheur, critique et mèdisant, non può che essere le ministère public. Bedaine sta per gros ventre ; bedon, c’est le ventre. Immaginate un babahissant bacon(=porc) du base(=derrière) bas et du bedon bedaine !


Il fascicolo riguardante Patrizia Cimini:

part.originale ultima pagina

 

Il fascicolo riguardante Patrizia Cimini:
part.originale prima pagina
 
 
[Dal: Fascicolo del P.M. e del Procuratore dell’Accademia per l’Assassinio come una delle Belle Arti:Quadro indiziario; Motivi; Griglia di Parsons; Orientamento tecnico-strumentale del Lafcadio Incaricato, in: Anonimo del Gaud, L’Assassinio dei Poeti come una delle Belle Arti, © 1999-2003]

 
èLeggi anche quest’altro stralcio on gaudia 2.0
 

La settimana idraulica ░ Ilaria Bernardini & V.S.Gaudio

$
0
0

Idea programma tv/1
by Ilaria Bernardini

26 maggio 2011

Lei si fa la doccia nuda con shampoo su tette. Per un’ora. Ogni due settimane un grande regista a turno ( un maestro vero e famosissimo), la riprende e compone il suo personalissimo film su lei che si fa la doccia nuda con shampoo su tette. Settimane doccia/tette Gus Van Sant. Settimane doccia/tette Von Trier. Settimane Bertolucci. Settimane Garrone. Settimane Dardenne. Eccetera.
VSGAUDIO says:
BUONA LA PRIMA, BUONA LA SECONDA, FORS’ANCHE PURE LA TERZA…MA POI LA DOCCIA “PARTE”…
Questa è buona, ma mettiamo che la doccia si rompe e ve lo ricordate l’altro aforisma famoso di Woody Allen?
“Non solo Dio non esiste, ma provate a cercare un idraulico durante i weekend”!…
Vabbè, Bertolucci ha pazienza…ma se il burro ci si è dimenticati di rimetterlo in frigo?

Danilo Dolci □ Piano e sviluppo di Titidda

$
0
0


 TITIDDA Io non capiscio cos’è questo piano e sviluppo. Se tu dici cos’è sto piano e sviluppo ti posso dire: “Ma quale è…”. Se tu spieghi bene cos’è sto piano con questo sviluppo, ti posso dire: “Io ne ho inteso parlare, ne ho visto parlare…”.

daà Danilo Dolci, Cosa sono i piani di sviluppo? Occorrono?, in: Idem, Conversazioni contadine, © 1962; il Saggiatore, Milano 2014

Massimo Sannelli □ XXX APRILE│Uh-Book

$
0
0



l’arte del fauno, film, fabio giovinazzo, poesia, diario, letteratura, cinema, fotografia, massimo sannelli, uh-book


cuore in manophoto di fabio giovinazzo ; cuore di melina riccio
 
Viewing all 1491 articles
Browse latest View live