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Il sostituto eufemistico Ibriana ▌in "Clunematica"

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Potrebbe essere che
Ibrianafosse un sostituto eufemistico di Eufrasia
come Clunia di Ibriana
e Ibrianainfine ancora diClunia.

Tutte e tre potrebbero costituire la perifrasi.
Perifrasi dunque o globalmente effetto tropico da transfert.
Così:

         Eufrasia
         divenendo oggetto interdetto (-)
         viene soppresso(+), quindi sostituito da
         Ibriana
         che divenendo oggetto interdetto(-)
         viene soppresso(+).

Ma più che di omissione e di ellissi, credo che sia giusto ed opportuno parlare di abbreviazione o di alterazione, affinché se ne riduca l’effetto evocativo.
Quindi una parafonia (sarebbe opportuno: alterazione oggettuale=mutazione) che tocchi l’oggetto mutandone fonemi o parti.
Qua sotto, un altro specchietto, in cui le tre figure appaiono, in avvio, prima della mitosi, corredate dal simbolo, adottato nello specchio 4)[i]:
Eufrasia(prosperità=Mater) tabùâ

                                                             
Ibriana(che non è prosperità)
                                                                    =Ebbrezza

L’ebbrezza ubriaca, toglie il finito: per riacquistare una realtà, una finitezza c'è
                                                                                                                      Clunia
(che non è ebbrezza o assenza quindi infinito) = solidità fallica,
che, proprio per la propria finitezza, schiaccia incidendo la regressione.
Nella regressione c’è il dilemma tra floridezza(che sarebbe un’altra finitezza) e Ibriana(che può ubriacare): si sceglie Ibrianama non ci si ubriaca.
La fine dunque non è ebbrezza?

#da: Sostituti eufemistici, in: V.S.Gaudio, Clunematica© 1973


 
[i]                                                                      
         Archetipo(sema)                             
EUFRASIA
Prosperità         
Floridezza
 
IBRIANA
Alterazione
Interdizione                                                                                                 Ebbrezza
               
CLUNIA 
Natica
 
                                       OMBRA di Prosperità Ebbrezza                                                   OMBRA di Interdizione + Prosperità
                                                                                                                                                                               Natica + Floridezza =
                                                                                          Alterazione                                        Ebbrezza


                                                                              



              


                                              IBriana , 20 , Pennslyvania  IG: Brianaleandrak     
Ibriana, dalla Pennsylvania, nel 2015 come sostituto eufemistico   
di Ibriana 1973?                                                                    


Ibriana.Il lago sopra, la terra sotto│

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Ibriana. l’assillo della raccolta

─ ─

¾

¾

─ ─

─ ─

─ ─

45.Tsui: il lago sopra; la terra sotto

─ ─

¾

¾

─ ─

¾

─ ─

47.Kkun: il lago sopra; l’acqua sotto

Ibriana, dal manoscritto originale del 1973 [vedi qui nella tavola manoscritta riprodotta in alto a sinistra], rileviamo che era stata correlata all’esagramma 45.TSUI , la raccolta: come ricettività pregenitale che prepara l’espansione della serenità, o, meglio, la serenità nell’espansione. L’esagramma della mutazione, o dell’ombra, era però costituito da quello che nell’I King è denominato l’assillo, il 47.Kkun, che il giovane V.S.Gaudio correlava alla condizione tossica dell’oralità, come un anticipo di disorientamento. Insomma: la serenità che nasce dalla fatica, da quella fatica dovuta ad una  ricettività troppo alta.

Una forma come un agguato, un fosso, una mater selvaggia, ladra, come se prendesse, afferrasse un segreto, chiusa, di soppiatto. Da ciò, la distruzione esterna, come se il corpo venisse ad un punto di disgregazione: e nel dedans questo è avvenuto- nel dedans, all’interno, si può dire , c’è non l’abissalità, ma la forma, il tronco, l’ornamento della ricettività. D’altra parte, l’abissale è un cavallo dalla schiena bella e dall’animosità selvaggia.

C’è un passaggio dall’accumulamento(=45) all’esaurimento(=47) perché il 6 di Tsui non offre sacrifici alla sesta riga, quindi non trova l’uomo, il punto, necessario, la chiusura, e perde.

 

Da : L’I King e le tre figure di Clunematica, manoscritto per : Clunematica © 1973

Marina Mizzau│da "L'Assassinio dei Poeti come una delle Belle Arti"│1

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DOPPIO PROTOCOLLO*
per MARINA MIZZAU

Vive a Bologna, dove, all’Unniversità degli Studi, insegna, per il Dipartimento di Discipline della Comunicazione, Psicologia.

Titoli: Come i delfini, Verona 1988; I bambini non volano, Milano 1992; Come i delfini, Milano 1995.

*Si noti come questo termine giuridico alluda al termine transazionale: il Protocollo, nell’analisi transazionale, racchiude le esperienze drammatiche originarie sulle quali si basa il copione. Copione che, come si vede nella ricostruzione del P.M. Micronarratore Transazionale, culmina in una scelta decisiva che realizza il piano di vita della Poetessa. Il Copione Amartico, dice Berne, è un copione con un finale tragico autodistruttivo. Il Doppio Protocollo, le 8 pagine, fa sì che, andando, la Poetessa, all’appuntamento con il Lafcadio, per giunta bruttissimo, non può che preannunciare un tornaconto fatale, senza per questo sottendere il Decreto di morte che, nella psicologia di Berne, è, appunto, un tornaconto fatale al copione. Vogliamo dire che il Doppio Protocollo ha, in sé, un Copione Amartico: il PDCSAM e il PRENDETEMI A CALCI con cui si gioca la transazione tra Lafcadio e Poetessa, quando s’annullano nell’incontro vengono commutati in un Decreto di morte(della Poetessa, che non è tale).

I. All’Aeroporto 6

q[II. Perizia Transazionale
III. L’Assassinio in due battute
Iv. Testimonianza di Lamberto Pignotti
IV. Testimonianza di Umberto Eco]

 

ñAll’Aeroporto[i]
per incontrare il Lafcadio Bruttissimo

 

La  poetessa Mizzau sta viaggiando verso l’aeroporto, e ha un problema serio. Deve incontrare il Lafcadio Incaricato che non conosce e da cui non è conosciuta.
Al telefono la Mizzau ha chiesto al Lafcadio: “Come facciamo a riconoscerci?”, e il Lafcadio le ha risposto: “Non c’è problema, io sono bruttissimo”.
La poetessa Mizzau esamina alcune possibilità d’azione e le scarta. Neanche pensare a presentarsi semplicemente al Lafcadio, ammesso di riconoscerlo, implicitamente concordando sulla sua bruttezza. Potrebbe allora abbordarlo dicendo: ma non è poi così brutto, non l’avrei riconosciuta. Marina Mizzau non tarda a rendersi conto dell’insensatezza di un comportamento del genere, della sua evidente paradossalità Si rammarica ora di avere accettato quell’assurda consegna, di non averla discussa, di non aver offerto lei un segno di riconoscimento. Se non altro per cortesia: anch’io sono brutta. Ma non era vero, in fondo, e il Lafcadio ci sarebbe rimasto ancor peggio, a vedere una tanto meno brutta di lui che si definisce brutta. E se poi il Lafcadio non lo fosse così tanto? La bellezza è un fatto soggettivo. Avrebbe potuto dirgli al telefono: ma no, impossibile che sia così brutto da farsi riconoscere. Come impossibile? E se poi lo era? Avrebbe solo peggiorato la situazione.
Resta il fatto che non può così, brutalmente, ammettere il riconoscimento. Potrebbe fingere un equivoco. Fermare prima uno qualsiasi, forse più di uno, brutto, o non tanto brutto, magari anche bello. Un modo come un altro per dire al Lafcadio: in fondo non ha nulla di particolare la tua faccia. E se questo lo offendesse ancora di più? Non riconoscergli neanche il diritto alla bruttezza?
D’accordo, uno ha il diritto di essere brutto e di saperlo, magari anche di esserne fiero. Ma deve subirne le conseguenze: un brutto può pretendere di essere riconosciuto tale, ma non può pretendere l’ammissione del riconoscimento, non può pretendere che gli altri si sottraggano alle normali regole di cortesia.
Marina Mizzau si racconta storie consolatorie. In fondo, non è poi una situazione così unica la sua. Come faranno al cinema per scegliere un attore – peggio, un’attrice – per una parte da brutto? Dovranno per forza dirglielo. Forse no, gli dicono solo che devono truccarlo da brutto. Ma allora, penserà quello, perché scelgono proprio me? Ci sono tanti brutti veri.
Se lo riconosco, pensa Marina Mizzau, non glielo dimostrerò subito. Assumerà un’espressione fortemente perplessa. Che il suo sguardo dica: forse è lui, però non è tanto brutto. Che l’altro la individui, non dal riconoscimento del suo riconoscimento, ma dal riconoscimento della sua perplessità. Che il Lafcadio legga un dubbio nello sguardo della Mizzau, e che di conseguenza il dubbio venga a lui: non mi riconosce, non ne è certa. Allora non sono poi così brutto. Oppure: il Lafcadio non riconoscerà la perplessità sulla sua bruttezza, ma la perplessità circa il manifestarlo. Ecco, sarà il Lafcadio a riconoscere Marina Mizzau dal suo imbarazzo. E’ questo il segno che in realtà gli è stato proposto. Ma perché farla così complicata? Perché il Lafcadio non le ha dato qualche altro segno di riconoscimento, oltre la bruttezza, un piccolo indizio secondario magari poco utile, ma che avrebbe permesso alla Mizzau di fare passare ufficialmente  in secondo piano il segno principale? Sono brutto e ho i baffi. Sono brutto e ho in mano “Carte Segrete” n.40, in cui Thomas de Quincey riferisce della soppressione del Poetosofo V.S.Gaudio. Sarebbe stata tutt’altra cosa.  E’ lei, l’ho riconosciuta dai baffi. Non importa che ci siano altri baffi in attesa, magari su visi belli. Un’elegante scappatoia, di cui  entrambi si sarebbero avvantaggiati. Niente, il Lafcadio deve essere un sadico. Certamente si sta divertendo un mondo a pensare a come si comporterà la Mizzau, a prevedere tutte queste sue apprensioni. Marina Mizzau ora ha voglia di punirlo. Buongiorno, è lei, sì, davvero è proprio brutto. La poetessa è all’aeroporto e osa appena guardarsi intorno. Un viaggiatore in attesa fa scorrere lo sguardo su di lei. E’ un uomo bellissimo. La poetessa è attraversata da un sospetto spiacevole. Che sia lui? Così sfrontato da giocare sugli opposti, così impudico da non resistere alla tentazione di procurare un tributo al suo fascino attraverso la sorpresa? La Mizzau diventa maligna, vorrebbe affrontarlo dicendo, con molta serietà: beh, non è poi così brutto.
V.S.Gaudio
in una photostimmung
by blua amorosi
L’uomo bello, V.S.Gaudio[ii]?
Marisa G.Aino in una photostimmung
by blue amorosi
Si dirige dalla sua parte, Marina Mizzau guarda a lato: c’è una ragazza bellissima(Marisa G. Aino?) che gli va incontro.


La Mizzau si vergogna un po’ del cattivo pensiero, tanto più che adesso l’ha visto. Sì, è brutto. Non tanto, però; la Mizzau non ha bisogno di fingersi perplessa: lo è davvero. E’ imbarazzata sì, ma non per dover far mostra di non riconoscere la bruttezza, ma perché davvero è incerta. Vorrebbe che il Lafcadio, se è lui, riconoscesse questa sua reale perplessità, che non la confondesse con finta perplessità, con imbarazzo simulato. Certamente è lui. Non è molto brutto, ma ha l’aria di chi si crede brutto. Ciò suscita nella poetessa un’improvvisa simpatia. Vorrebbe riconoscerlo subito, per comunicargli la sua comprensione, ma a questo fine forse la cosa migliore è non riconoscerlo.
La poetessa si arrende. Vigliaccamente abbassa lo sguardo e aspetta.
Resteranno soli alla fine, e allora per il bruttissimo Lafcadio Incaricato non ci saranno più problemi.

[Ricostruzione, tra narrazione artificiale e narrazione naturale, del P.M. Micronarratore Transazionale]


[i]Cfr. All’aeroporto, in Marina Mizzau, Come i delfini, Bompiani 1995:pag.166 e segg.
[ii]Cfr. Capitolo 1.L’assassinio del Poetosofo, conferenziere al Museo di Antropologia ed Etnografia di Torino, in Anonimo del Gaud, L’Assassinio dei Poeti come una delle Belle arti, ©1999-2003.
...continuaq PERIZIA TRANSAZIONALE

Marina Mizzau │ 2 │da "L'Assassinio dei Poeti come una delle Belle Arti"™

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Perizia  transazionale
Il Lafcadio gioca a “Prendetemi a Calci”(=PAC)
e la Poetessa gioca a “Perché deve capitare sempre a me?”(=PDCSAM)

 

Il Perito Interpellato, che, ci duole dirlo, non è della Scuola di Bologna e non insegna Psicologia della comunicazione simbolica come la Mizzau, tanto periziò nella perizia:

Il Lafcadio Incaricato qui ha giocato a Prendetemi a Calci[i] come quelli che si comportano come se andassero in giro con un cartello così: “Vi prego, non prendetemi a calci”. E’ una tentazione quasi irresistibile; quando accade l’inevitabile, il Lafcadio si mette a frignare: “Ma il cartello dice di non prendermi a calci…” e aggiunge incredulo: “Perché deve capitare sempre a me?”(PDCSAM). Clinicamente, il PDCSAM può essere introiettato e mascherato dal cliché “Psichiatria”: “Quando sono sotto stress, mi sento sempre tutto sconvolto”(o bruttissimo). Un elemento del PDCSAM deriva dall’orgoglio inverso: “Le mie disgrazie(=sono bruttissimo) sono più gravi delle tue(=essere poeta)”[ii]. Di solito, il Lafcadio Incaricato di questo tipo ha conoscenti che riescono a controllarsi e non lo prendono a calci – per bontà, per via del “Sto solo cercando di aiutarti” come è tentata più volte di fare la poetessa anche per rispetto delle convenzioni sociali e professionali. Per le donne, il gioco corrispondente è la “Scipitina”. Spesso carina, fa di tutto per essere insopportabile. Gioca un PDCSAM senza parole; un po’ come la poetessa che va all’aeroporto ad incontrare il Lafcadio, il suo contegno di brava donnina che lotta coraggiosamente sembra dire: “Perché deve capitare sempre a me?”E, difatti, succede che giocando il PRENDETEMI A CALCI la poetessa realizzi il copione nella forma “Che cosa ho fatto, in fondo, per meritarmelo?” se non ho mai scritto neanche un verso ?!
Nelle posizioni, per quanto riguarda i pronomi:
io è e tu pure[iii].
Cioè la poetessa è e il Lafcadio è - : la posizione della “futilità”, del “perché no?”: perché non uccidersi, perché non impazzire. Nel nostro caso, la poetessa si dice: “perché non essere uccisa da un Lafcadio Bruttissimo(-)pur non essendo per niente poeta(-)?”.
Se aggiungiamo un altro aggettivo nel significato del +e del -, la posizione si complica.
La posizione Io+; Tu- può essere esemplificata dalla frase: “La mamma dice che non devo venire all’aeroporto per incontrare te che sei bruttissimo”.
Aggiungendo un altro elemento si attua una posizione a tre: “ Posso incontrare te che dici che sei bruttissimo ma poi la bruttezza da cosa è segnalata e significata?”: Io+; Tu+; Bruttezza-[iv] . Ma tu sei veramente brutto?
E pensare che essendo ormai un gioco in cui le posizioni sono a tre, la professoressa avrebbe potuto annullare l’equivoco con : Io+; Tu+; la Poesia?. Che è la posizione che si può definire evangelica: “Tu(Lafcadio) e io(M,) siamo OK, ma noi non sappiamo niente dei poeti, almeno fino a che non ci daranno modo di fidarci di loro o si schiereranno dalla nostra parte”[v].
Nell’andare all’aeroporto le posizioni inizialmente sono diverse, la poetessa sembra propendere per un Io+ ma non in una posizione “arrogante” o al peggio di “killer”, forse in quella del “ficcanaso”: dice Berne che è la posizione della gente che si assume il compito di aiutare gli altri che non sono OK[vi], ma qui la Mizzau inverte ancora le posizioni, tende a renderle entrambe OK: non sarà poi vero che ‘sto Lafcadio sarà davvero tanto brutto? Quindi è +.


[i] Prendetemi a calci è uno dei giochi della vita di Eric Berne: “In normali condizioni sociali i giochi hanno tutti una grande, e a volte decisiva influenza sul destino di chi li gioca; ma ce ne sono alcuni che hanno maggiori possibilità di accompagnare un individuo per tutta la vita e di coinvolgere gli spettatori relativamente innocenti. A questa categoria appartengono dunque quelli che si possono ben definire “giochi della vita”. Sono “L’alcolizzato”, “Il debitore”, “Prendetemi a calci”, “Ti ho beccato, figlio di puttana”, “Guarda che mi hai fatto fare” e le loro varianti principali. Vanno a sfumare da un lato nei giochi coniugali e dall’altro in quelli della malavita”; Eric Berne, A che gioco giochiamo,Bompiani, II edizione “Saggi Bompiani” 1981: pag. 81. Sostanzialmente il Perito Interpellato si rifà al testo di Berne, in particolare cfr. pagg.94-95.
[ii] Cfr. Eric Berne, op.cit.: “Le mie disgrazie sono più gravi delle tue”. E’ tipico di molti paranoidi.”:pag.94.
[iii] Vedi Eric Berne, “Ciao!”…e poi?, trad.it. Bompiani, “Saggi Tascabili”, Milano 1994: “Le posizioni più semplici sono quelle fatte a due, tu e io, e derivano dalle convinzioni che sono state somministrate al bambino con il latte materno. Se scriviamo stenograficamente ‘+’ per ‘OK’ e ‘-‘ per ‘Non-OK’, le convinzioni risultano: io+ oppure io-; tu+ oppure tu-. Le possibili combinazioni che ne derivano costituiscono le quattro posizioni basilari sulle quali i giochi e i copioni vengono recitati e che programmano l’individuo in modo che abbia qualcosa da dire dopo che ha salutato.”:pag.78.
[iv] Cfr. Eric Berne, ibidem: pag.82. Si tratta delle Posizioni a Tre, al pronome “Loro” il Perito sostituisce il concetto “Bruttezza”. E’ una posizione di pregiudizio, snobistica: al “Chi ha bisogno di loro?” si risponde con “Che ce ne frega della bruttezza?”.
[v] Ibidem: “Ci sono anche posizioni a tre molto meno rigide, alcune anzi sono elastiche e permettono all’altro una possibilità di scelta. Per esempio:” Io+, tu+, loro? E’ una posizione che si può definire evangelica: “Tu e io siamo OK, ma non sappiamo niente degli altri, almeno fino a che non ci daranno modo di poterci fidare di loro o si schiereranno dalla nostra parte”: pagg.82-83, Se la Mizzau l’avesse assunta, il Lafcadio l’avrebbe risparmiata?
[vi] Cfr. Eric Berne, “Ciao!”…e poi?, trad.cit. E’ seconda posizione delle Posizioni: I Pronomi: 2.Io+, tu-. Io sono un principe, tu sei un ranocchio. Questa è la posizione che implica l’eliminazione dell’altro. (…) Questa è la posizione ‘arrogante’ o al peggio da ‘killer’; nel migliore dei casi quella del ficcanaso; è la posizione della gente che si assume il compito di aiutare gli altri che non sono OK, usando metodi con cui non vorrebbero mai aiutati. Ma per la maggior parte dei casi è una posizione di mediocrità, da un punto di vista clinico corrisponde alla paranoia.”: pag.79.
 
…2.continua│►L’assassinio in due battute
 

Marina Mizzau │3│da "L'Assassinio dei Poeti come una delle Belle Arti"™

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L’assassinio in due battute
Personaggi
úMarina Mizzau
úIl Lafcadio Incaricato Bruttissimo

La scena si svolge all’ aeroporto.

úMizzau
(tra sé e sé)
E’ lui. Non è molto brutto. Ma, mamma mia, se è brutto! Poverino…
úLafcadio Bruttissimo(piangendo)
Come sono disgraziato! Eccomi qui tra i più brutti!

Marina Mizzau abbassa lo sguardo e non scappa.
(Sipario)
[Ricostruzione, tra teatro dell’assurdo e dell’imbarazzo,
del P.M. Transazionalista Minimo alla Campanile[i]]


[i]Cfr. Achille Campanile, Tragedie in due battute, Bur, Milano 1989 e 1995.
 
 
…3.continua│►€Testimonianze
 


Marina Mizzau │4 │ da "L'Assassinio dei Poeti come una delle Belle Arti"™

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€Testimoniaza di Lamberto Pignotti

L’equivoco, e il conseguente assassinio inutile epperciò ancor più mirabile, che Marina Mizzau fosse poetessa nasce dalla mia antologia “La Micronarrazione”[i].

Avendola pubblicata come numero monografico di una rivista di poesia, la Mizzau è stata evidentemente ritenuta dall’Accademia per l’Assassinio dei Poeti una poetessa al pari degli altri micronarratori, tutti poeti acclarati, esclusi forse Gianni Celati, Roberto di Marco, Gian Maria Molli, Franco Riberto, Piero Sanavio, Carla Vasio.

 

€Testimonianza di Umberto Eco


L’equivoco che Marina Mizzau fosse poetessa nasce dalla mia nota a “Come i delfini”[ii].

Come ogni Accademia che si rispetti, l’Accademia per l’Assassinio dei Poeti ha frainteso la mia collocazione di Marina Mizzau tra narratività naturale e narratività artificiale. Non conoscendo la psicologia transazionale di Eric Berne e di Erving Goffman e avendo dato per dato di fatto l’impossibilità di classificare le sue pagine come narratività naturale o come narratività artificiale, aveva deliberato che, perciò, non essendo una narratrice, Marina Mizzau non poteva che essere poetessa.




[i]
La Micronnarazione.Nuovi progetti di narratori italiani, antologia a cura di Carlo Marcello Conti e Lamberto Pignotti, in “Zeta”, n.10, Campanotto, Udine 1988. I micro narratori sono: Gianni Celati, Armando Adolgiso, Cristina Annino, Marilla Battilana, Angelo Bozzolla, Domenico Cadoresi, Ginestra Calzolari, Marosia Castaldi, Franco Cavallo, Ultimo Bruno Conte, Carlo M.Conti, Marisa Di Iorio, Roberto di Marco, Claudio Di Scalzo, Stefano Docimo, Erms Dorigo, Flavio Ermini, Franco Falasca, Patrizia Fergnani, Nicolò Ferjancic, Luigi Fontanella, V.S. Gaudio, Luigi Grazioli, Paolo Guzzi, Stefano Lanuzza, Mario Lunetta, Marina Mizzau, Gian Maria Molli, Luciano Morandini, Giuseppe Neri, Lamberto Pignotti, Daniele Pinni, Franco Riberto, Piero Sanavio, Achille Serrao, Sandro Sproccati, Pietro Terminelli, Massimo Tommasi, Carla Vasio, Ciro Vitiello, Giorgio Weiss. Il racconto transazionale minimo di Marina Mizzau incluso nell’antologia è “Per gratitudine”: è compreso nella parte “Tavola per due” nel volume Come idelfini, Bompiani 1995:pag.135. Questo volume è stato acquisito agli atti in forma di copia fotostatica, inviato dalla stessa autrice al referente dell’Anonimo del Gaud, essendo il volume andato esaurito, anche come copia degli esemplari d’obbligo di cui  alla relativa legge del 1939 ancora in vigore nel 1995.
[ii] Cfr. Umberto Eco, Fare i conti con l’altro, “L’Espresso”, 1 maggio 1988; riprodotta, poi, come nota introduttiva, nell’edizione per “i Grandi Tascabili”, di Come i delfini, Bompiani 1995. Questo volume è stato acquisito agli atti in forma di copia fotostatica, inviato dalla stessa autrice al referente dell’Anonimo del Gaud, essendo il volume andato esaurito,anche copia degli esemplari d’obboigo di cui alla relativa legge del 1939 ancora in vigore nel 1995.

Armando Adolgiso ░ Lettera a Bertinotti

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scommettiamo che riuscirò a scrivere a Bertinotti più lettere di chiunque altro?

Dite di no?…Ho già cominciato da un pezzo! La prima lettera gliel'ho mandat…e dalli a non crederci! Vabbè, ho le prove…questa è la cartolina che rilasciano alle Poste quando si fa la raccomandata…la vedete?…numero 11796212704-9…A.R.3426…in partenza il 31-5-01 dall'Ufficio PT Roma 49…ci credete mo'?…Ah, finalmente!
Lui è un simpatico…colto, raffinato, usa buone maniere…dico sul serio!…peccato che ci abbia il cognome che comincia per Ber e mi ricorda qualcun altro. Intendiamoci, c'è gente brava ad avere quella sillaba iniziale nel nome: la principessa Berenice, il critico d'arte Berenson, il genetista Berg, l'attrice Bergman, la filatrice Berta, e poi Bergonzoni, Bergson, Berlioz, Bernard, Berni, Bernini, Bersezio, Bertolazzi, Bertoldo, Bertolucci padre e figli, senza dimenticare Berlinguer…ma chissà quanti altri ne scordo…ah! per esempio, il mio amico Bernardi, e Berno, una donna tutta pepe, simpatica proprio, che ho conosciuto due mesi fa a Torino, ci ho bevuto qualche bicchiere insieme, e meno male che doveva tornare al lavoro sennò avremmo fatto notte, mi conosco bene, e quella lì poi ve la raccomando…
Però, ci sono pure dei personaggi che a me non vanno giù…chi?…mah...quei musoni di Ingmar Bergman e Alban Berg, e poi Beria, Bernadette, Bernadotte, Bernanos, Bernardo di Chiaravalle…e state pur certi che qualcuno manca all'elenco. Sia come sia, ho scritto a Bertinotti prendendo con lui un solenne impegno nel fare una certa cosa parecchio impegnativa che sta scritta in quella lettera lì, e la farò nonostante sia alquanto faticosa. Durerà nemmeno io adesso so per quanto tempo…forse anni…no no!…non se ne parla neppure!…non ve la leggo la lettera!…uffà, è tardi!…come?…una birra alta?…e vabbè, ecco qua.

 
 +

Egregio On.le Bertinotti,
il destino vuole che Lei ed io abbiamo in comune una cosa: il giorno, il mese e l'anno di nascita.
Tutto il resto ci divide, a cominciare dalla località natale: Lei Precotto, io Napoli, ma la data è la stessa; ne deduco che quel giorno sulla nostra amata patria gravava un ben triste oroscopo!
Dal '94 Lei guida Rifondazione Comunista…già quel sostantivo è sconsiderato…perché forse nulla può essere rifondato, nessun'idea, nessun ideale, nessun'immaginazione, nessun sentimento; si provi a rifondare un'amicizia o un amore, si moltiplicano soltanto i cocci.
Quel prefisso ri che precede - in questo caso - fondazione è sempre un tragico morfema.
Onorevole, mi creda, di morfema si muore. Mai più i ri! Meglio non rifondare.
Nemmeno le cose buone. Neanche, a mo' d'esempio, il rinascimento o la ribollita.
Figuriamoci il comunismo che, forse, quando fu pensato (e non ripensato) era una buona cosa, ma che ha dato tanta cattiva prova di sé come forma di governo - presso popoli anche assai diversi fra loro per storia, economia, lingua, tradizione - da renderne vivamente sconsigliabile ogni replica.
Viene detto: "Già, ma dov'è fallito l'hanno fatto male". Vabbè, ma quante ne dobbiamo aspettare?
Immagini i sostenitori di una tecnica terapeutica che, praticata da medici di vari paesi, abbia mandato all'altro mondo finora tutti coloro i quali si sono affidati a quella cura, dire: "Già, ma è stata applicata male". Vabbè, sarà pure, ma mo' chi si reca, fosse pure da un nuovo clinico, di quella stessa scuola scientifica per giovarsene, è un disinformato, o uno spericolato, o peggio.
Vallo a trovare uno che mi schioda da st'idea!
In verità, un uomo è stato vicino a realizzare l'impresa. Sapesse, talvolta sentendolo parlare del comunismo, mi son detto: "Armando, quasi quasi dovresti diventare comunista!"; la prima sillaba del cognome, Ber, di quel persuasivo oratore è sciaguratamente uguale a quella del Suo, ma non se ne curi, sono disgraziate coincidenze dell'onomastica, crudeli scherzi oulipiani dell'antroponimia. Ma, comunismo o no, rifondato o no, capisco, perfino io, che una legge d'ingegneria politica suggerisce ad alcune teste di calcolatori politici (e Lei a quelle teste operanti appartiene per vocazione) di non lasciare spazi vuoti sennò qualcuno li occupa. E diligentemente, in seguito alle note vicende del PC italiano…intendo Partito Comunista, non Personal Computer…Lei quello spazio lo ha occupato ed ora gestisce una piccola bottega che vende souvenir a turisti elettorali nostalgici. Bottega, va detto, messa su con gran buon gusto, con l'arredamento ispirato all'Arte Povera che - come ben dice il teorico Germano Celant - è un'arte "tesa a ridurre ai minimi termini, ad impoverire i segni, per ridurli ai loro archetipi". I clienti non mancano. Ad esempio, molti dei miei amici acquistano (e, soprattutto, spendono) da Lei, è tutta brava gente, come la maggior parte dei Suoi elettori, persone intelligenti, ma così buone che - Lei ci creda o no - basta il primo che passa per fare loro una sòla, come si dice a Roma, un bidone a Napoli, e un pacco a Milano.
Sì, può andare fiero di come vanno le Sue cose. Pensi, invece, a quanto accade al Suo triste dirimpettaio Rauti, sta sempre fuori del negozio perché lì c'entra poca gente mesta, e lui a mordicchiarsi le unghie nel vedere col tappetino sul
marciapiede certi giovanotti extrafascitari calvi i quali offrono gli stessi oggetti che pure lui vende. A dire il vero, Rauti e quei ragazzotti, hanno cianfrusaglia, reperti ornitologici, robe tutte nere, sembra un'attrezzeria cimiteriale, io quando passo di lì, mi scusi l'espressione un po' forte, mi tocco le palle!
Aggiungo subito che non intendo introdurre qui surrettiziamente un'equivalenza fra la sua merce e quell'altra, non esiste proprio, ma è chiaro a tutti…forse anche a Lei.
In Fausto, poi, speranza, sorrisi e allegria.
Soprattutto allegria. Mi piace la gente allegra. La più recente volta che ho visto Lei in tv, ricordo ch'era la sera del 13 maggio di quest'anno 2001 (tanta precisione non è pignoleria, nel finale di questa lettera s'accorgerà ch'è necessaria questa scrupolosità), era addirittura raggiante. Confesso che mi sono sorpreso. Ma come, passa dall'8% dei voti del '96 al 5% d'oggi ed è così allegro? Ma i miei amici - la metà erano Suoi elettori - che con me guardavano la tv, mi hanno spiegato pazientemente, come si spiegano le cose d'adulti ai bambini, che Lei gioiva perché aveva superato il 4% e, inoltre, aveva dimostrato all'Ulivo…e via a sciorinare... no, brutto verbo, può far pensare ad altro, diciamo: ad illustrare a me le Sue ragioni. "Ho capito!" dissi battendo lietamente le manine "Allora è proprio una gran testa di capitano del popolo! Come pensavo da qualche tempo!"
Quella sera, un altro leader era allegro quasi quanto Lei, un ipercomandante: Massimo D'Alema.
Ma come, la coalizione dell'Ulivo ha perso ed è così allegro? Ma i miei amici mi hanno spiegato puntualmente che gioiva perché aveva vinto a Gallipoli riguadagnando il seggio e, inoltre, aveva dimostrato all'Ulivo…e via a sciorinare...no, no e poi no, stavolta il verbo non lo cambio.
" Ho capito!" dissi battendo di nuovo lietamente le manine "Allora è anche lui proprio una grande testa, forse non proprio quanto quella dell'Onorevole Bertinotti, ma fra loro è una bella lotta!"
Sì, D'Alema ha portato il suo schieramento dal 21,1% del '96 al 16,6% del 2001, ha perso le elezioni europee del '99, le regionali del 2000, nonché i referendum del '95 e dell'anno scorso; e chissà cosa mai sta studiando oggi per stupirci ancora, diavolo d'uno stratega!
E' un record notevole, ma non si scoraggi Onorevole, anche Lei può produrre un invidiabile score:
la sconfitta operaia da Lei guidata a Torino nell'80 con tutta l'incidenza che ha avuto nel sindacato e nella società italiana, da sola basterebbe a pareggiare i conti con il vincitore di Gallipoli, ma può esibire anche dell'altro, via, non faccia il modesto!
Mi dicono che con D'Alema non va d'accordo. Ma perché? Fate pace. Insieme chissà quali nuovi emozionanti traguardi potete raggiungere. Meravigliateci, via! Aspetto notizie. Ci conto, eh?
Sono tra coloro che non Le imputa il mancato accordo con L'Ulivo.
Non si può ragionare addizionando il suo 5% ai voti per Rutelli, se foste stati insieme parecchi Suoi elettori non l'avrebbero seguito in questa scelta, e altri non avrebbero votato per l'Ulivo perché c'era pure Lei sotto l'albero. Io no, l'Ulivo lo avrei votato nonostante questo, giudicando, ingenuamente forse, più importante battere le Destre che non vincere a Gallipoli o beccare un 4%.
No, il Suo capolavoro lo ha realizzato ben prima, con lungimiranza, nel 96', sgambettando Prodi; i maligni dicono che lì c'entrassero pure D'Alema e Marini, non s'arrabbi, i soliti malevoli!
Se ha avuto la pazienza e la bontà di seguirmi fin qui, La premio avviandomi alla conclusione.
Ho deciso d'inviarLe questa stessa lettera ogni mese fino alle prossime elezioni generali.
Ogni mese: mestruo di memoria politica sanguinante, quota condominiale della casa dell'espiazione.
Per ripeterLe, ogni 30 giorni appunto, un'espressione che sono certo vorrà apprezzare nel suo fresco sapore popolaresco, nella festosa genuinità della locuzione che così suona: ma và affanculo!
Mi creda, non c'è niente d'aspro, nonostante sia da me pronunciata con partecipata veemenza.
Né il passaggio dal Lei al Tu è improntato a sfrontatezza, in terza persona quell'esortazione perde in efficacia e giovialità, acquista un tono sussiegoso, manierato, volgare.
Insomma, resti allegro. Ci tengo. Non si turbi per quanti di noi dissentono dai Suoi convincimenti.
Fra questi, perfino qualche ragazzaccio, pure autorevole ma con la bocca ancora sporca di Nutella.
Però lo capisco quello lì. Forse perché nello spettacolo ci lavoro, senza grandi glorie ma con passione (ho contributi Enpals che testimoniano oltre trent'anni di professionismo esercitato a danno di spettatori e ascoltatori); fra pagliacci - come talvolta graziosamente veniamo chiamati - noti, meno noti o ignoti che siano, ci si capisce. Con i politici (loro sì, rinchiusi in torri d'avorio) no.
Termina qui questa lettera di un elettore che ha votato per l'Ulivo solo per contrastare, invano, gli avversari, non condividendo, infatti, molte scelte di governo del centrosinistra, non appartenendo ad alcun partito, né gruppo organizzato, né a religioni, specie a quelle monoteiste che detesto.
Mi viene un dubbio…venissi scambiato per radicale? No eh, non scherziamo, non mi
voglio male và fino a questo punto. Quando si sono battuti per il divorzio e l'aborto, benissimo, ma dopo!
Ah, poi la Bonino non riesce ad essere sempre allegra, lo è solo quando stravince, non vale!
Farò in modo d'inviarLe questa lettera da ora in avanti ogni mese, mi scusi se non mi produco faticando in una più assidua spedizione, ma il lavoro m'impedisce di assumere con Lei impegni attivi più serrati nonostante molto mi piacerebbe. Gliela mando solo una volta ogni trenta giorni e non si dica che questo mese non l'ho già mandata.
Casomai Lei dovesse lasciare la Segreteria, sospenderò gli invii, sarebbe ingeneroso proseguirli.
Ulteriormente confermandoLe i sentimenti di cui sopra, Le invio i miei migliori saluti.
lì, 31.05.'01
Oggi, da Roma…e poi segue firma.

 

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Come dici?…Ma tu guarda!…Chi l'avrebbe mai detto!…Da te non me l'aspettavo…sì, è vero, mettendo in fila le iniziali delle ultime dieci righe viene fuori un certo acrostico…
Ma la lettera è disseminata anche d'altre gàbbole…eh no! se le scoprite da soli va bene, sennò le rivelerò solo fra qualche tempo, quando lo riterrò necessario.
'Notte, ci vediamo domani.

 
da Alien bar
 

 


Danilo Dolci □ Lo sviluppo di Za Dia

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 ZA DIA Se c’è il piano di dire per esempio sviluppo, se c’è qualche uomo, oppure qualche donna, che hanno qualche malattia, vanno dal dottore. Dice: “Niente. Dagli un medicinale che allo sviluppo lui s’accomoda”. Lo sviluppo questo è![…] Insomma dice: “Niente, non abbiamo cosa fare, quando è grande e si fa lo sviluppo, allora sta bene”.[…] Per esempio c’è mio nipote, giusto? Ora come si fa che ha vent’anni e ancora la voce non ce l’ha! Sente, per sentire! E sempre gli dicevano: “Nello sviluppo lui parla, nello sviluppo lui parla”, ma lui restò senza parola, e l’intesa l’ha, e capisce tutte cose.

daà Danilo Dolci, Cosa sono i piani di sviluppo? Occorrono?, in: Idem, Conversazioni contadine, © 1962; il Saggiatore, Milano 2014





La sfida a duello è nongrammaticale? ░

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La prossima volta mi porto la Granbassi...
La sfida a duello è nongrammaticale o semplicemente incostituzionale?Breve divagazione ziffiana di V.S.Gaudio

 

Una frase come  “Chiunque sfida altri a duello, anche se la sfida non è accettata, è punito, se il duello non avviene, con la multa da lire quarantamila a quattrocentomila”[i]è non grammaticale? Qualcuno dirà “No di certo!”, e lo dirà subito, senza esitazione. Io dico, come Paul Ziff[ii], che la teoria grammaticale è un argomento complesso, pieno di tecnicismi. Comunque vorrei qui evitare i tecnicismi, per quanto è possibile.

1.       Io so e do per acquisito che “Chiunque sfida altri a duello” è una frase della lingua. Così si può ragionevolmente chiedere se sia una frase grammaticale o no.

2.       Supponiamo di avere una grammatica della lingua. Allora, parlando in modo piuttosto vago, potremo chiederci se la frase “Chiunque sfida altri a duello” si accordi o no con la grammatica. Intanto sappiamo che la frase, essendo un articolo del  Codice Penale in vigore, si accorda con il codice penale. Tanto che, se il codice è grammaticalmente corretto, la grammatica è penalmente corretta?

3.       Qualcuno sembra pensare che, dal momento che a scuola  gli è stato insegnato che il primo capoverso dell’articolo 394 del Codice Penale comincia con la frase “Chiunque sfida altri a duello”, non vi sia nulla di non grammaticale nella frase, anche perché la frase è penalmente corretta, ammesso che la grammatica che ha imparato a scuola fosse una grammatica corretta della lingua.

4.       Per sapere se una grammatica sia penalmente corretta dovremmo sapere, più o meno, se certi articoli sono o non sono frasi grammaticali della lingua e dovremmo stabilire se queste frasi si accordino o no con la grammatica e il codice. Non so come dirlo, ma all’esattezza di una grammatica siamo sicuri che corrisponda un codice penale grammaticalmente esatto?

5.       “La stessa pena si applica a chi accetta la sfida, sempre che il duello non avvenga”[iii]. Supponiamo che io dica “Sta piovendo”, e invece non sta piovendo. Anche se ho l’ombrello aperto, quel che ho detto non è vero. Quindi pur essendo grammaticale la frase può essere non vera: dico “Sta piovendo”, apro l’ombrello, il sintagma verbale è grammaticale, l’ombrello no? Mettiamo che io accetti la sfida, facciamo a  pugni oppure ci prendiamo a pistolettate o, meglio, col cannone americano Parrott, quello col calibro minimo[iv], mi danno la stessa  pena, ammesso che quella mattina all’alba non sia andato nel bosco del Pantano col mio cannoncino portatile. Poi, vai a vedere, quella mattina pioveva  a dirotto e il Pantano era impraticabile anche con gli stivali da palude.

6.       La grammatica di una lingua può essere pensata come un sistema di qualche tipo per attribuire descrizioni strutturali a certe espressioni della lingua. Il codice penale di una nazione, che ha in uso una siffatta grammatica della propria lingua, può essere pensato anch’esso come un sistema di qualche tipo per attribuire pene strutturali a certe azioni devianti?

Le descrizioni strutturali si dividono in due sottogruppi: quelle accettate e quelle non accettate; perciò se una frase è non grammaticale, allora, in una grammatica corretta della lingua, questa frase avrà una descrizione strutturale non accettata.  Nel codice, per la tutela arbitraria delle proprie ragioni, la sfida a duello è strutturalmente connessa con i portatori di sfida(art.395), e l’uso delle armi in duello(art. 396). Così, se quella mattina, portavo il mio piccolo Parrott nel Pantano mi avrebbero punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa da lire centomila a duemilioni, sempre che non avrei centrato con una palla di cannone il mio avversario; se il duellante portava il suo cannoncino Parrott e mi faceva volare al primo colpo al meridiano insieme al mio oggetto “a” si beccava solo da uno a cinque anni, sarei stato fesso ad andarci, non credete?

7.       Se mi avesse ferito, sarebbe venuto il carabiniere della locale stazione o anche il giudice di pace, se il reato gli compete, oppure un p.m. onorario e mi avrebbe chiesto: “Lei si è ferita da se stesso?”

Cosa avrei dovuto rispondere? Che è non grammaticale? Oppure, guardi, che la signora non centra, e poi non pare che si sia ferita? Quindi la signora non si è ferita, avrebbe verbalizzato il carabiniere è non grammaticale, secondo lei. Ma se fosse stato l’essere adulto femmina che io ho sposato non è ferito, questa sì che sarebbe stata grammaticale, anche se in questo caso il duello non sarebbe stato regolare, perché il duellante, contravvenendo alle regole, avrebbe cannoneggiato col suo Parrott anche mia moglie. La prossima volta  si fa con la scherma, così mi porto la Granbassi come madrina e vediamo se il mio avversario viene infilzato dalla schermitrice chi se la sentirà di penalizzare la campionessa[v]!
Vi sono limiti a quello che una grammatica ci permette di fare pur conservando il suo carattere di grammatica. Altrimenti la grammatica non è corretta.  Il codice, invece, non ha limiti: ci permette la sfida a duello, e anche con schemi verbali e armi non convenzionali, con padrini  o secondi che siano e portatori di sfida. Il codice, anche quando è non grammaticale, o addirittura incostituzionale, è sempre politicamente corretto; forse sarebbe opportuno considerare la non grammaticalità del codice di procedura che, è ovvio, con un codice corretto, non potrebbe procedere per una frase come “Chiunque sfida altri  a duello” che è strutturalmente inadeguata e non grammaticale in una grammatica adeguata in uso in una nazione che si è proclamata Repubblica e ancora ha in uso il Codice Penale in uso quando la nazione era un Regno.



[i] Art.394.Sfida a duello.-Codice Penale[Regio Decreto 19 ottobre 1930, n.1398]
[ii] Cfr.Paul Ziff, Sulla non grammaticalità, in: Idem, Itinerari filosofici e linguistici, ©1966; trad.it. Laterza Bari 1969.
[iii] Art.394 C.P.: secondo capoverso.
[iv]Quello da 10 libbre con 2,9” di calibro.
[v] Le armi taglienti sono unite agli archetipi del Regime Diurno della fantasia, come simbolo di potenza e di purezza. Come Minerva, la mia seconda è una dea armata in cui confluiscono, attorno allo spirito della mente, la spada, il padre, la potenza e l’imperatore,ma, per vincere il mostro, che è il mio nemico, il fioretto della mia madrina è come la cintura di S.Marta con cui allaccia la Tarasca; resta comunque l’archetipo della spada e della langula, che è il manico, la vanga  o gambo, che come linga e fallo è all’origine dell’accezione diairetica  e trascendente della spada.

Margherita Granbassi in duello...

Massimo Sannelli □ La frase perfetta e la grazia del mandarino

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di Massimo Sannelli
Barthes è molto delicato, ogni volta. Ma nella periferia uno non capisce, e non deve capire per forza; e dalla periferia – che si chiama banlieue – si arriva all'Isis, non a Barthes; ed è inutile la giustificazione, non si addomestica chi sta male, la cultura parla alla cultura, il resto parla al resto. Ma il resto è tutto, e perché il tutto dovrebbe sottomettersi alla cultura? Barthes è cultura e Godard è cultura. Tutto quello che per me è stato grande ha questo limite: essere cultura, cioè una cosa minore, e non sa piú di esserlo. È facile: io penso ad una specie di gloria, frammentata, ma gloria, e imperfetta, ma gloria; e l'attualità in cui entra il cúneo – un uomo attivo –, questa attualità deve essere dominata; e lo stridore deve essere dominato, e chi c'è c'è, chi non vuole non ha; cosí c'è un'egemonia precisa: se il papa mette il naso da clown, il papa fa un atto di autorità; e questa egemonia precisa è un'arte precisa. È una forma di spettacolo. Bisogna organizzare bene, bisogna organizzare un clamore speciale, e organizzare la chiamata, e con furia. Non la bolgia – il gruppo doloroso –, ma la biologia singolare e personale: una storia, UNA. Nella stessa giornata: Farinelli voce regina, Il giovane favoloso, uno dei film dove il Mondo è un Cane, e Scandalosa Gilda. Oggi ho visto – ho studiato – il livello medio e il livello basso.
Non si chiamano camere separate: si chiama separazione. È un fatto vero, è concreto. Ma anche la parola separazione è troppo astratta: è meglio dire errore, ma senza spiegazione non si vede l'errore, e allora è meglio non dire niente.
Il mandarino ha la sua grazia, il poeta è un osservatore dei mandarini. Poi muoiono centinaia di africani nel canale di Sicilia, ma che cosa volete? E che cosa vogliono loro? Noi siamo occidentali. E quindi abbiamo due possibilità: non ce ne importa niente oppure siamo artisti, e quindi pensiamo alle nostre soluzioni formali. Io ci penso. E mi giustifico così: sono vissuto senza acqua in casa, ho mangiato spazzatura, ho dormito per terra. Per questo mi giustifico. Perché la ricerca della forma perfetta – la frase perfetta – sta dentro questa disperazione. Ma la vera disperazione non è questa, perché è privata; e quando l'avrò messa in un film sarà un ruolo, e sarà lasciato.




 

$Di Massimo Sannelli leggi l’ebook [sul film che sta girando per Fabio Giovinazzo]di Uh-Book on Issuu: è gratis ed è scaricabile!

Il passo a quinconce di Sandra Alexis Baldanders ▼preferito da Issuu on Twitter

Danilo Dolci □ La luna di Za Dia

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Za DiaNe penso che devono trovare l’entrata e l’uscita: ma l’hanno trovate queste? Se per esempio viene la persona: “Si entra di sto modo, di sta porta; si esce di un’altra porta!”. Ma ancora c’è venuto nessuno a dire: “Si entra di sta porta e si esce di sta porta”? E trovare se c’è alberi, se c’è cristiani, se c’è capre, se c’è case, hanno a vedere quello che c’è! E terreno fermo come qua, può essere mai?

Danilo Dolci4.Dicono che hanno tirato un razzo  sulla luna: che ne pensiamo?, in: Idem, Conversazioni contadine© 1962 ; il Saggiatore, Milano 2014

Idiomatica Proibita │Europeologia

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L’ Еυρωπέολογία mi fa pensare innanzitutto a tutta la faccenda del pene in astrologia, anche perché, essendo la Grecia uno stato posto a sud-est dell’Europa, ci si vede il paradigma di Marte in casa XII, quello che, quando è così nel vostro cosmogramma, anche se non siete né greco né magnagreco, potrete sempre cantarvela nel vostro narcisismo cosmico per il fatto, si fa per dire, che avete un “pene notevole”, o un “pene mostro”, un “pene eccezionale”, un “pene assoluto” o “strano”, “straordinario”, “meraviglia del mondo”, altro che dell’Europa… Poi, si scrive “un pene” ma, è ovvio, per via dell’eccezionalità o del fondamento chimerico della casa XII, postovi colà il significante del fallo, il fallo può essere anche doppio, anche se , dall’altra parte, ci sarà sempre qualcuno o qualcuna che , vedendovelo in casa XII che è omologa ai Pesci e ai piedi, sì vi dirà pure che avete un pene che arriva ai piedi, ma poi potrebbe aggiungere che può darsi che guardi in giù e quindi siete un pene moscio; una volta, un poeta della Magna Grecia ebbe a interagire con una cantante che, era una rocker scatenata, aveva Marte in casa I, che è la testa, e quindi era una testa di cazzo, che, quando vedono, quelle che hanno Marte in I o in Ariete,  uno che ha Marte in XII, che ha il pene misterioso o straordinario o fantasmagorico o che si erige solo in particolari condizioni della libido, cominciano a dare di testa o cantano, insomma vanno giù con la pulsione sado-orale e per il partner, passato il gaudioso impatto iniziale, son cazzi uretrali!
Tutto questo cosa c’entra con l ‘Europeologia?
La questione dell’europene e della moneta, se ci fosse stato Lacan, sarebbe stata fondamentale per un seminario in un rigido inverno parigino: l’illusione di Frotingham[i], da un lato, e la legge di Crane, dall’altro, E, poi, andando verso sud-est, la legge di Paulg: “Non importa quanto costa qualcosa, ma quanto forte è lo sconto”, abbinata alla Legge di Juhani: “Un compromesso è sempre più costoso di una qualsiasi delle soluzioni che media”. Mentre noi stavamo aspettando, per la prima legge di Weinberg[ii], il fine-settimana risolutivo, mi è venuto di pensare che, se ci fosse stato Lacan a farci un bel seminario, nell’inverno rigido di Parigi, sul (-φ) e l’euroπέος, tutta questa faccenda l’avrebbe tirata dentro con il fallo in casa II che si dà come se fosse in banca, un pene in risparmio o un pene b.o.t., per quelli della Magna Grecia; pensate: il (-φ) e la connessione con la banca, una  questione preposizionale: “pene in banca”: se versato in risparmio o se per assegno circolare o da conto corrente o se in transito in banca; “pene per banca”: invece, sarebbe il pene da usare in banca per calcolare il tasso di interesse. Ed è giusta questa variante che interagisce con la legge di Paulg e la legge di Crane, che, inutile ricordarlo, è: “Niente è gratis”.
Per come πρός , nel greco antico, era una preposizione propria e reggeva tre casi, insomma  era versatile  e si convertiva agli usi;  Per come αΠό, invece, ci stava solo con un caso, come εις=in.
Resta, per quel Marte in casa II, l’opposizione virtuale, e la preposizione impropria Χωρίς(leggi: “chorìs”), che sta per “senza”, che va con il genitivo anche “senza banca”. Comunque stiano le cose e la moneta con Marte, l’europeologia dimostra che il (-φ)è di pertinenza di Plutone non fosse altro per la plutocrazia che parte sempre dall’osservazione di Hongren: “Tra gli economisti, la realtà è spesso un caso particolare”[iii]; il fallo plutonicoè dello stesso tipo, niente è mai fatto per le buone ragioni, ovvero puoi sapere dove va il mercato e l’Europa, mettiamo, in generale, e la Germania, in particolare, ma non puoi sapere dove vanno i tuoi soldi, il fallo plutonicoè doppio o triplo, lo dimostra il semplice fatto che la banconota base del sistema economico greco, la banconota di 100 dracme(=652 lire negli anni novanta, lire più lira meno), equivarrebbe a meno di un terzo dell’Euro, vacci in queste condizioni al mercato, che, poi, è il mercato gestito da quella signora a cui quel cavaliere basso [che se ci fosse stato ancora Alfred Adler avrebbe rifondato le basi teoriche della sua psicanalisi del complesso d’inferiorità ] attribuì un attributo plutonico, ovvero plutocrate, solo che, non essendo bello a vedersi, un po’ come l’economia plutonica, non tutti percepirono il secondo livello connotativo, quello segreto, quello economico. Posta la combinazione tra pulsione anale e pulsione fallica attivata da Plutone, il fallo plutonico in casa XII ha una sorta di plusvalore che non si combina con l’utilità e la matematica finanziaria, sfugge ai parametri del bilancio pubblico e dell’econometria; se fosse un’impresa, il fallo plutonico non pulserebbe mai tra consorzio e azienda controllata o consociata. Il fallo plutonicoè nel paradigma dell’impossibile: irrealizzabile, incredibile, inverosimile, utopistico. Poi, se va al mercato comune o in banca, è subito indicato come inaccettabile, inammissibile, illecito, non permesso, vietato, illegale.
Forse è per questa forza ineffettuabile che la dracma(+∆)sarebbe stata più figa, cioè più(-φ)[iv].


[i]“Il tempo è denaro”:Murphy’s Law, © 1977.
[ii]“Il Progresso si compie a venerdì alterni”: Murphy’s Law,© 1977.
[iii]Murphy’s Law Book Two,© 1980.
[iv] D’altra parte, l’Herkunft della “dracma” è connessa al tema δραχ : afferro che genera δραχμη, dracma, peso, moneta di sei oboli. Senza far finta di niente che ci sia una radice nascosta per via di un arrotondamento fonetico che è quello di δραγμα, che, come tema, dà origine allo steso schema verbale di afferro come è dato da δραχ; e allora i 6 oboli sono “ciò che si prende con la mano”, ovvero δράγμα è fascio di spighe, covone (Senofonte, Plutarco), financo messe, grano (Luciano). Le vie linguistiche degli archetipi sono infinite, e partendo dalla Grecia non possono non essere emigrate in Magna Grecia, tanto che in questi luoghi della corruzione postmoderna, ancora ai nostri giorni, anche in seno al gergo delle forze dell’ordine, riferendosi a chi ha preso il grano, si intende, sempre e comunque, qualcuno che può essere connesso al tema δραχ vsδρακοντ, “simile a serpente e a drago”, che allittera il tema “’ndrank(gh)eta”, schema verbale o sostantivo archetipo (plurale) di movimento che sta tra drago, serpente e grano.
Se vai a vedere, “ndrankata” è ottenuto con la desinenza neutra plurale(con aumento sillabico) ατα, che, nella trasmutazione dialettale, perde un po’ della pienezza fonetica della prima alfa.

Aurélia Didou Rocher │Dopio Gaudir

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A poco a poco, senza che io senta arrivare niente,
lei ritorna dall’esilio della notte, dal lontano della
noté, dall’inverso del mondo, qouesta ombra négra
ové ella si tenir.
Ella caminar per la chità.
La vedo raggiungere un hôtel del porto à La Goulette.
Si è girata; ha esitato e poi si è allontanata.
So che la notte che verrà verrò per questa via e
che la cercherò, elle, celle que vous avez croisée ce
matin dans la ville, et que vous avez regardée.
Per il suo vestito leggero, forse, la sua pelle liscia
e tesa, con lo stesso colore e la stessa densità solare
della spiaggia; o per la sua andatura di puledra immensa
e più chiara della luce, per questo sguardo impotente
e stupefatto, estraneo a se stesso, riflessione
selvaggia dell’assenza, di una delicatezza che
interrompe il soggetto e sembra che si ritiri in una
istantaneità artificiale che allarga, ingrossa, il mondo.

 

Je suis allé me coucher sur cette profondeur de la
mer; elle était encore fiévreuse, chaude; petite fille,
jeune-con, cavala qué chiapar, bionda mouchou bonou
qué ella andar in strada grandi; mi mirar ella mouchou
tempou, mi pensar ella, fantazema con il corpo
qué estar aki[i].

 

Je l’ai appelée de noms divers, la figoura, de celui
d’Aurélia, d’Aurélia Steiner.
Nella penombra pregna della sua fragranza bionda
di cavalla, dans sa profondeur, amour, amour, qué surprendir
in strada grandi ou sedouta sopra una cadiéra, son “sédir”[ii];
j’ai l’appelée encore: dgiovine, picolo pigioun,
lampo del domingo, dona-dodichi, mouchacha di mi, dopio
gaudir, stréto spacioso, dgiovine cavala judea, zoukaro e vento[iii].

da!AURÉLIA DIDOU ROCHER
Aurélia Steiner de Tunis


[i] Diamo la traduzione dei termini in lingua franca: “(…) cavalla che accalappia, soave bionda che va per la grande via; io la guardo a lungo, la penso, fantasma il cui corpo sta qui”.
[ii] (…) “che sorprende per la grande via o seduta su una sedia, il suo sedere”.
[iii] (…) “piccola, piccioncino, bagliore della domenica, donna delle dodici, muchacha mia , doppio-gaudio, spazioso stretto, puledra giudea , zucchero-e-vento”.

Clara Lukács at Loon Lake ░ In memoria di E.L.Doctorow

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Uh Magazinericorda E.L.Doctorowcon questo testo, estratto da LOON DROP. La Stimmung di V.S.Gaudio con E.L. Doctorow del 2009

Clara Lukács at Loon Lake

In memoria di E.L.Doctorow






Maria Sharapova
è un po’ Clara Lukács
nella Stimmung con E.L. Doctorow
 non solo per via del suo drop
Le strolaghe che udivano erano le strolaghe che oggi udiamo,
per poi emergere in un vortice d’acqua tenace
un indiano che le udiva la notte nei loro tuffi
ne udiva le strida non come trionfo o furore
o la folle compatibilità con la terra
attribuita ai rapaci
ma come protesta contro quel cadere
quel dover cadere nell’acqua nera
e poi risollevarsi lottando ancora  a spruzzo
risollevarsi aerodinamica alla luna
l’acqua che bacia e stringe e sussurra
la presunzione terribile dell’acqua
che sprizza gli occhi dal capo
della strolaga librata nell’esilarante sforzo
che l’indiano vede eguale alla morte
nello spazio nero alcuni tragitti ferroviari
sopra le Adirondacks
nell’estate fredda in alto su questi monti dell’Est
quando arrivò nel ritiro d’un uomo ricco
certa gente nella notte più chiara nei cieli
per portarla il primo mattino dopo giù dal monte
e farla correre nel suo più bel motoscafo
che scuoteva rumorosamente  le relazioni simmetriche
e uno degli uomini che tra le labbra
teneva una sigaretta spenta
se la sentì frustare via dal vento
si voltò vedendola volare sopra la scia
dove una strolaga comparve dal nulla
e la colse prima che toccasse l’acqua
in un volo asimmetrico come è giusto che sia
quando l’oggetto  a riascende al cielo sopra la montagna

 
la ragazza del gangster  sollevando le ginocchia,
levandosi le scarpe, sganciandosi le calze
Gesù disse udendo la separazione morbida
Insieme a grugniti ringhi guaiti
carne azzannata e strappata da un corpo
Jesuve, risollevandosi aerodinamica alla luna
ed io all’unisono con lei, vivo in quell’attimo dal fuoco acceso
Gesù, m’ero premuto a ragazze come lei negli androni
le avevo piegato all’indietro contro le ringhiere,
avevo tirato loro i capelli alzato le sottane abbassato i jeans
le avevo strofinato finché non s’erano sciolte nelle mutandine
Gesù era proprio lei la mia rivelazione che i poeti dicevano
di riconoscerla, però io conoscevo il suo accento, era figlia
dell’Est industriale e del Sud dei terroni, era uscita da  strade come
le mie strade era nata dall’infima classe degli anonimi lavoratori
la mia propria esclusiva classe ammašcata,
se il poeta poteva averla alle condizioni poste da lei e il ricco alle sue
io potevo averla alle mie, potevo poeta sapere quel che lei
non poteva ascoltare sempre, di già al mattino Clara s’era seduta
sulle ginocchia del padrone del Lago delle Strolaghe e con le nuvole
addirittura sotto di noi sul lago che scorrevano via tra gli alberi
dei monti, aveva detto “Secondo me le nuvole dovrebbero restarsene
in cielo che è il loro posto”, com’è implacabile nei suoi umori,
ognuna delle sue emozioni così intensa e vera per se stessa
se non che dandosi come oggetto ase ne fece resto oscurandosi
e illuminandosi come i momenti della giornata

(…)
da àv.s.gaudio LOON DROP.La Stimmung con E.L.Doctorow sul gioco eterotopico di Clara Lukács│© 18-20 luglio 2009

Clara Lukács at Loon Lake 2│In memoria di E.L.Doctorow

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Clara Lukács at Loon Lake 2In memoria di E.L.Doctorow

 

che cosa c’è di nascosto che possa costituire l’incantesimo
soprattutto non un desiderio realizzato ma la bellezza di un artificio, il profumo della pantera è anch’esso un messaggero interessato, ed è esca
désir invisibile come Clara Lukács sotto il tuono, una che riverbera di frammenti di sole e in alto volava
come una coppia di enormi svassi neri e bianchi, grandi come cigni
sul lago là fuori, un lago di montagna, con un’acqua dentro
che sembra che accarezzi l’aria, questa ragazza coi capelli biondi
che esiste solo grazie alla sfida che continuamente lancia e alla quale
si è tenuti a rispondere, niente è orizzontale, lo specchio
spazio diventa davanti all’occhio, e dietro non c’è niente,
la dimensione della prospettiva è sempre quella della cattiva coscienza
del segno verso la realtà, benché Clara che non era sorella
della Strolaga non prese mai l’abitudine di specchiarsi nel lago
forse perché mai si lascia catturare dal proprio desiderio
quantunque la grazia sproni ripetutamente a immergersi tra passione
e godimento
Clara era la ragazza del treno che non va piano con il colpo
che dice “Ma già, che gioco è mai quello in cui non si può
colpire con tutta la propria forza”
non c’è niente in questo gesto che raccolga la lentezza
non c’è nessuna sospensione o una poetica fase dell’esplosione
in cui il tempo di mancarsi è in questa sottrazione che prima
di compiersi ci può essere la perfezione del desiderio
la ragazza non ci crede, ci guarda, come un’apparenza pura
costituzione artificiale in cui si lascia prendere il desiderio
dell’altro
il Lago delle Strolaghe un po’ come la giovinezza di Clara
illuminata dal fioco lucore e lei che non diceva niente
appesa soltanto alla cinghia di cuoio del suo finestrino
in quella lunga corsa attraverso il bosco fino alla Statale
e io che la guardavo a ogni istante questa sorpresa
che ricade su tutto il mondo circostante del “reale”
rivelandoci che la “realtà” non è che un mondo messo
in scena, un’ipersorpresa tattile delle cose, che è il
fantasma tattile della sorpresa che intercorre con l’abolizione
della scena, un simulacro surreale è dunque lei la sorpresa
radicale delle apparenze, ed è il suo effetto di funzionalità
il punto in cui ci attacca, in questa metafisica che è un
tutt’uno con la strolaga, il suo volo
il Lago, che Clara non rivolge che a noi, questa sua
metafisica radicale che è la parure, la risoluzione senza
che niente venga svelato, se non la circolazione invisibile
e segreta di un segno-enigma nella gioia del segreto

sedici laghi nelle montagne Adirondacks detti Lago delle Strolaghe
e il grido della Strolaga che udito una volta è indimenticabile
così sgombro è lo spazio in cui avviene attraverso il cielo
attraverso i sogni attraverso lo spazio giù molto giù
nel buco dabbasso
dove  è lì che alle Strolaghe è sola con lui e scopre che tuttora
non c’è intimità e il mistero di questo fatto comincia a interessarla
perché dopo che si è vestita e siede per la colazione sulla terrazza
che sovrasta il lago e nell’attesa che vengano fuori per vedere cosa
desidera mangiare mezzo pompelmo lì nella sua conchiglia d’argento
nel ghiaccio sfidando chiunque compreso Bennett a guardarla storto
Clara Lukács ha una efficacia simbolica che non passa né per
la decifrazione né per la credenza

(…)


 
 
 
 
da àv.s.gaudio LOON DROP.La Stimmung con E.L.Doctorow sul gioco eterotopico di Clara Lukács│© 18-20 luglio 2009

Clara Lukács at Loon Lake 3│In memoria di E.L.Doctorow

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Clara Lukács at Loon Lake 3In memoria di E.L.Doctorow

così se ne sta silenziosamente dopo alcuni giorni
rimessa insieme molto spaziata nella sua densità e osserva
attraverso alcune ramaglie e alcune foglie
Clara Lukács considera il mondo implacabilmente
non ci sono principi evidenti ognuno dei suoi umori
ognuna delle sue emozioni è intensa e vera di per se stessa
s’oscura o si elimina come i momenti della giornata
“Secondo me le nuvole dovrebbero restarsene in cielo
che è il loro posto” dice Clara “Non pensi?”
E Bennett ride. Anche Joe e Warren Penfield e Tommy
Un ritiro d’alta montagna tanto puro e freddo
e trasparente quanto un’acqua tenuta a coppa tra le mani
è per questo che i mecenati dei pittori e dei poeti vedendo e udendone le notizie acquistarono ampi tratti
delle  Adirondacks per pochi soldi e cominciarono
a costruire ritiri grandiosi inventando  quindi
la natura come lusso
se ascolti quel piccolo splash è il castoro;
nuotando i castori tirano indietro la pelliccia
e attaccano gli alberi giovani abbattendoli
declivi interi franano nel lago quand’hanno finito
costruiscono i loro padiglioni di pali sbucciati, fango e rami
sul Lago delle Strolaghe
che era una volta la meta di carrozze ferroviarie private
ondeggianti su un’unica rotaia
attraverso boschi di pini abeti rossi e canadesi
se pesti un arbusto su un soffice letto d’aghi di pino
sotto un’antica tribuna di questa selvatichezza
non susciterai rumore
ognuno sapeva dove stava tra gli indiani
del Lago delle Strolaghe alle nazioni delle Adirondacks
che limpida fredda vita dev’essere stata
prima d'intonare le funebri preghiere
prima d'iniziare il compito difficile di morire con volontà
sulle secche amache d’aghi di pino
è qui in questo luogo eterotopico che qualcosa viene
a mancare, è qui che ciò che vuole l’oggetto “a
non è amarti, né accarezzarti e neppure provocarti,
è qui che voglio sedurti nella sfida della strolaga
desiderio e amore si volatilizzano
Clara Lukács, in definitiva, è apparenza pura e non
fa che credere all’altro che è lui il soggetto del desiderio
lei non ci crede, ci gioca, si pone in gioco
provoca e delude il desiderio, che come soggetto
infine non riuscirà neppure a sapere
che cosa gli sta succedendo,
la bellezza che seduce è esoterica e rituale
sta nel segreto creato dalla levità dei segni
dell’artificio, la parure è tra il rito, la bardatura,
la maschera, la cerimonia, la frattalizzazione
del mondo e del corpo, tra l’asimmetria
che attiene al dispositivo di alleanza
e la simmetria artificiosa del dispositivo
di sessualità, tanto che la strolaga librata
nell’esilarante sforzo della presa sul pesce
risollevandosi aerodinamica alla luna
strida nella notte non per la compatibilità
con la terra ma contro quel cadere,
quel dover cadere, contro la presunzione
terribile dell’acqua che sprizza gli occhi
dal capo galleggiando via i polmoni
fin sul becco che li stringe
come pesci guizzanti
espellendo ogni organo ogni escremento
rivoltando il volatile
come l’indiano vede eguale alla morte
l’ambiente che si offre in cambio dell’essere
nello spazio nero alcuni tragitti ferroviari
sopra le Adirondacks Clara Lukács in quella
gran bella residenza in cui nulla mancava
con le camere da letto ognuna con veranda
sopra il Lago poteva essere benissimo
Maria Sharapova per come s’incazza
con il poeta a cui dice “Che sport è mai questo
se non si può colpire la palla con quanta più
forza si può!”, oh Dio, era lei Clara allora,
ecco chi era, la ragazza del treno, nessun dubbio
in proposito, due volte ormai il vederla
m’aveva ferito il cuore.




(…)


da àv.s.gaudio LOON DROP.La Stimmung con E.L.Doctorow sul gioco eterotopico di Clara Lukács│© 18-20 luglio 2009

Clara Lukács at Loon Lake 4│In memoria di E.L.Doctorow

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Clara Lukács at Loon Lake 4In memoria di E.L.Doctorow
E’ dunque il Lago delle Strolaghe un’illusione che denuncia tutto il resto del mondo come un’illusione,
come una casa chiusa, una eterotopia
in cui si ha l’impressione di accedere a quanto c’è
di più semplice, di più offerto, e in effetti
si è al centro del mistero, e della sottrazione,
si va, si entra nell’Eremo delle Strolaghe di Bennett  ma in realtà una volta entrati ci si accorge che è un’illusione e che non si è entrati da nessuna parte, l’eterotopia, disse Foucault, “è un luogo aperto, ma che ha la proprietà di farvi restare fuori”
a me sembra che il Lago delle Strolaghe sia aperto ma in verità ci entrano  dentro solo gli iniziati, o chi in questo altrove
deve essere iniziato

 
Clara Lukács è un po’ come il Feminae Semipondus
di Gombrowicz, questa giovinetta che in relazione
all’adulto è sempre in una diade asimmetrica
che mette il suo corpo, altrove rispetto al mondo,
punto zero del mondo, laddove le vie e le ferrovie
i voli e gli spazi si incrociano, il corpo
alle Strolaghe non è da nessuna parte: è al centro
del mondo questo piccolo nucleo utopico
che non ha luogo, ma è da esso che nascono
e si irradiano tutti i luoghi possibili,
dal meridiano 74 dei Monti Adirondacks
dove passa nell’estate frivola del 36, nei primi
giorni di agosto, quando l’altezza del sole
alla Latitudine 44° Nord è 29°, che forse, tra
illusione dello specchio e mimica della morte,
è la stessa altezza del volo della Strolaga,
o del colpo immediato di Clara Lukács,
o dello Shrapnel-dropdi Maria Sharapova
o semplicemente è la stessa altezza del sole
nel luglio del poeta che rende, nel Delta del Saraceno,
tutte le nostre esigenze reciproche irripetibili
o semplicemente analemmi esponenziali
implacabilmente sibariti, forse così riappariamo tutti,
come ebbe a scrivere Warren Penfield
a Joe dal Lago delle Strolaghe
il 24 ottobre 1937

 
Clara Lukács non ha luogo al Lago delle Strolaghe
ma è da lì che nascono e si irradiano
tutti i luoghi possibili, reali o utopici
è al meridiano 74° e alla latitudine 44° N
che il suo corpo si fa punto zero del mondo,
a destra, a sinistra, avanti, indietro, vicino,
lontano, è sempre altrove; legato com’è
a tutti gli altrove del mondo alta sull’orizzonte
a 29° risollevandosi aerodinamica alla luna*
librata in quell’attimo dal fuoco acceso
sembra che si impenni nell’acqua
come il cavallo di Buck Jones e uno
degli uomini che tra le labbra teneva
una sigaretta spenta se la sentì frustare
via dal vento, si voltò vedendola volare
sopra la scia dove come Maria Sharapova
comparse dal nulla e la colse prima
che toccasse l’acqua rilanciando la palla
al cielo sopra la montagna
elegante è nell’abito da tennis
guardava il poeta tenendosi
la racchetta sulla spalla
e quel poeta ora le batté la palla e immemore
di tutti i suoi consigli lei la colpì con grande forza
proiettandola ben oltre la retta fin sul punto,
prese il poeta un’altra palla e la batté delicatamente
e di nuovo lei ci si lanciò furiosamente contro
e la palla volò sopra il reticolato, ancora lui le spedì
una palla e lei vi si avventò mancandola completamente,
il poeta disse qualcosa, lei lo fissò, lasciò andare
la racchetta e uscì dal campo, a grandi passi attraverso
l’erba gettò il berrettino con la visiera, non badando a
lui che se ne stava nel campo chiamandola  con tono
metà di rimprovero metà di scusa: “Clara!Clara!”

 
Oh, Dio, era Clara, ecco chi era, Clara
la ragazza del treno, nessun dubbio in proposito.
Due volte ormai il vederla m’aveva fermato il cuore,
così conosco il segreto dell’altro ma non lo dico,
e l’altra sa che io so, ma non sollevo il velo:
l’intensità tra me e Clara e tra me e Maria Sharapova
non è altro che questo segreto del segreto
una complicità che non ha niente a che fare
con una infatuazione tenuta nascosta, è la
complicità esoterica nell’assorbimento dei segni
nel lento e lontano estenuarsi del senso
che non è un significato nascosto
non è la chiave di qualcosa
ma circola e passa attraverso tutto
ciò che può essere detto
come la seduzione opera solo per il fatto
di non essere mai detta e mai voluta
così risplendentemente bella e incazzata
con quel cazzo di rovescio alla Shrapnel-drop
meravigliosamente maldestra così definitivamente
propensa a farsi l’oggetto “a” del poeta
con quel suo Sole a 29° Strolaga
che con questo angolo colpisce
con forza nel segreto e nella gioia del segreto,
Gesù, m’ero premuto a ragazze come lei
negli androni e sui tram, le avevo piegato
all’indietro contro le ringhiere e fatte
inginocchiare sui sedili dei treni,
avevo alzato le sottane e abbassato i jeans
le avevo toccato con l’Enzuvë sinché
non erano pronte per lo Shummulo
o la beccata nell’acqua della Strolaga,
perché è questo il segno della strolaga
ciò che non dà su niente, si hanno tutte
le ragioni per aprirlo, come la precessione
del moto c’è la vertigine dell’obbligo
svuotato di senso, la sua efficacia simbolica
è perché vola nel vuoto e quando è priva
di contrasto e di riferimento,
e prende allora la forza di un drop
così intensa perché ha la tensione deliziosa
dell’altezza di 29° sull’orizzonte
e della longitudine del sole di chi colpisce
con tutto l’impatto di qualcosa di fortuito
e di riassorbimento sempre in ciò
che basta a se stesso


*“Il cielo era bassissimo e le cime dei ponti intorno al lago velate di nubi.Scivolavano attraverso gli alberi,le nubi, lei era sorpresa da quell’intimità.Pensava che dovessero restare su nel cielo cui appartenevano”(Doctorom,Loon Lake):  il Sole alto 28°10’ nel ritiro delle Adirondacks a 1628 metri te lo trovi dinanzi agli occhi?

La declinazione del Sole al 2 agosto 1936 è 17°50’ N;  alla Latitudine 44° N, essendo la distanza azimutale z=90° - 28°10’= 61°50’, l’altezza del Sole all’alba del 2 agosto 1936 è 28°10’; come log= 1.44870 = Ts 0h51m che alla Lat 44°N corrisponde a: Medio Cielo 14, che corrisponde mezzopunto MC/Giove del poeta e trittico Mercurio/Giove/Nodo Lunare di Maria Sharapova; Ascendente 120.9= Sole/Asc Poeta.

(…)


da àv.s.gaudio LOON DROP.La Stimmung con E.L.Doctorow sul gioco eterotopico di Clara Lukács│© 18-20 luglio 2009 

Clara Lukács at Loon Lake 5│In memoria di E.L.Doctorow

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Clara Lukács at Loon Lake 5In memoria di E.L.Doctorow
 

E’ proprio lei, pensa il poeta, senza dubbio, vestita ora
coi calzoncini a fior di culo da tennista, in lotta coi tormenti della sua giovinezza così asimmetrica, ma è lei, la medesima ragazza tornata alla mia vita, cambiata quanto a tempo, è vero, cambiata quanto a luogo, cambiata siamo onesti quanto a carattere, ma come posso dubitare dei miei sentimenti, sono tutto ciò che ho, una vita ho speso a studiarli e di tutti questa è l’indiscutibile costante, la sensazione di riconoscimento che ho per lei quando mi compare, la facilità con cui viene a me al di là delle circostanze giacché non ho attrattive particolari per le donne, soltanto per questa donna, e il suo archetipo, e così il riconoscimento deve essere reciproco, ci spinge l’uno verso l’altra nonostante le nostre diversità e le incapacità che abbiamo di capire l’idioma l’un dell’altro, questo è sicuro, ed ecco che è accaduto di nuovo sebbene io sia indiscutibilmente più vecchio, più endomorfo e più ridicolo come simulacro d’amore di quanto non lo sia stato prima.
Sono più vecchio sempre.
E sempre non c’è verso di capirci.
Sempre la perdo.
Oh Dio che hai fatto questa ragazza,
dammela questa volta perché possa tenerla
lasciami sprofondare nel suo segreto
nel suo specchio nascosto in cui c’è il suo corpo
e la sua immagine, lasciami immergere nel suo riflesso,
nel bagliore che c’è in Lukács , tra luce e luna, prato e bulbo,
questo bagliore che alla luce mi attende sul prato
questa grazia di una congiunzione assolutamente insensata
tra ellissi del segno ed eclissi del senso,
adescamento distratto e istantaneo del doppio

 
Sono un  poeta e ho trovato solo questo luogo,
quando giunsi qui fu per uccidere il soggetto che nella relazione
asimmetrica è sempre alla svolta di un mercato
e che quando vede il poeta vuole sorprenderlo
per averlo visto prima e in un altro luogo
mentre aveva affrontato altrove il giorno dopo,
è sempre il vecchio che una notte quando i cani
sopravvengono nella notte mai così oscura e piena
di luce e si scagliano sul giovane nella loro furia
ma con inefficienza massima, si rivoltano l’uno contro
l’altro ringhiosi per gli intralci che stanno vicendevolmente
creandosi è nella tenue memoria dell’odore di quei cani,
i latrati e il ticchettio secco dei denti dopo che la carne
è stata trovata,il rapido allentarsi e la ripresa più giù fino
all’osso, tutto che si quieta immediatamente, il rumore
morbido di carne azzannata, e l’esplosione di un fucile
o d’una pistola tutto è nell’ordine del vecchio, che sta
sempre su, nella relazione asimmetrica con la giovinezza,
alle Adirondacks sul Lago delle Strolaghe ritiro d’alta montagna
tanto puro e freddo e trasparente quanto un’acqua
tenuta a coppa tra le mani

 
Per questo la sua comunicazione è manipolatoria
affinché la relazione diadica della coppia giovane e simmetrica
sappia finalmente avvenire e soccombere,
Clara Lukács si dia al dispositivo di sessualità di Joe Paterson
cosicché prima di ritornare la strolaga al Loon Lake di Bennett,
del vecchio, faccia del sentimento di sé
la fenomenologia che ha sempre, quando è giorno,
quell’aria un po’ loony e un po’ radicalmente ottusa,
che è paradigma quasi sadico della sentimentale infinitista
che gioca in modo così apparente
e perciò costantemente invisibile
sempre a I Show up for Your People Adults,
in cui la prospettiva relazionale della sentimentale infinitista
che è Clara Lukács ha sempre adescato tra autoinganno
e disamore, ed è per questa ragione comportamentale
che la conflittualità nella coppia è quella espressa
in modo obliquo, invisibile, attraverso preludi, impliciti,
non detti e semidetti[i]

[…]

da àv.s.gaudioLOON DROP.La Stimmung con E.L.Doctorow sul gioco eterotopico di Clara Lukács│© 18-20 luglio 2009

 

 




[i] Cfr. V.S.Gaudio, La comunicazione  manipolatoria  e obliqua in Gombrowicz, in: Alessandro Gaudio, Il limite di Schönberg.Il principio ibrido, il disagio e la mancata fine del romanzo, Edizioni Prova d’Autore, Catania 2013: pagg. 129-133.


Clara Lukács at Loon Lake 6│In memoria di E.L.Doctorow

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Il gioco di Clara Lukács
I Show up for you People Adults (1)



Tesi

Il gioco è una sorta di “Rapo” di secondo grado, fino a quando non provoca pericoli permanenti e irrimediabili, o che i giocatori preferiscano restare nella trama di Doctorow : il poeta o il giovane sono sempre assaliti dai cani. Contiene virtualmente all’interno della struttura anche elementi di “Vedetevela tra di voi”: come rituale, in questo caso ha la tragedia dentro ma non per i protagonisti: l’uso esige che i due uomini riconoscano nel loro dispositivo di sessualità la stessa donna perché quando giocherà a “Vedetevela tra di voi”, in cui lei, oggetto “a” del poeta, non fa che far godere due Adulti e un Bambino.
Tipo clinico
Isterico.
Dinamica
Il gioco ha forti elementi uretrali per via della durata. E’ un gioco bagnato e intenso. Esempio: “Tanto poi ritorna su dal vecchio”.
Parti
Clara Lukács , Joe Paterson, Bennett, il poeta e Warren.
Paradigma psicologico
Bambino-Bambina.Genitore.
Genitore alla Bambina: “Cerco di farti godere, al livello di libido semantica, con Joe”. Bambina: “Io giocherò con Joe perché il Genitore(il poeta) e l’Adulto lo sappiano. Poi torno dall’Adulto senza che il Genitore sia più presente”.
Adulto dell’autore: “Che briccona, la Lukács!”(2).
Paradigma sociale
Adulto-Adulto.
Adulto:”Fallo!”
Adulta: “Con questo Genitore(il poeta)  e Adulto da cui è guidata e gestita la nostra relazione simmetrica che possiamo fare se non scopare quel tanto che venga soddisfatto il dispositivo di sessualità, alimentare così l’erotica della libido del Genitore del Bambino del Poeta, adesso e nel tempo finché la giovinezza superi il limite della sua istantaneità artificiale”.
Vantaggi
Psicologico interno
“Me la faccio con il Bambino mio pari facendo godere il Genitore dell’Adulto”.

Psicologico esterno
“Alimento il dispositivo di alleanza dell’Adulto e tengo in scacco il Genitore della ragazza”.
Sociale interno
“Te la puoi shummulare la ragazza che hai riconosciuto nello specchio del tuo narcisismo”.
Fa godere il Bambino della ragazza tenendo in attesa il Bambino del poeta.

Sociale esterno
“Vedetemi tra voi” vs “Vedetevela tra di voi”;  “Non è terribile?”; “E i figli di puttana chi sono?”

Biologico
Scambi sessuali intensi e meridiani; notturni, in alta quota, nell’eterotopia del Loon Lake e dintorni in zona industriale.

Esistenziale
Godendomela così, quale Adulto avrà da ridire?Oppure: “Me la godo con l’Adulto del Vecchio ma anche il suo Bambino si dà il bonheur”.

Maglietta
Davanti:”Li faccio godere tutti su e giù”.
Dietro: “Ma è il Genitore del Vecchio che mi fa fare su e giù”(3)
(1)  Cfr. V.S.Gaudio, Henia’s Game.Ebook UH-Book 2015.
(2)    Cfr. l’avverbio russo come radice del cognome Lukács: пүҝаво(leggi:”lukáva”), che sta per “ con furbizia”, “maliziosamente”, “giocosamente”; senza dimenticare che la radice пүҝ(leggi:”luk”)  è l’archetipo-sostantivo dell’ “arco”(che rinvia al volo ad arco della strolaga”) e della “cipolla”.
(3)   Per Bambino, Adulto, Genitore e altri termini dell’Analisi transazionale, vedi: Eric Berne, GamesPeopleDay, ed. cit., trad. it.: A che gioco giochiamo?, Bompiani, Milano 1967; Eric Berne, “Ciao!”…e poi?, La psicologia del destino, trad. it. Bompiani, Milano 1979. Per lo specifico in ambito letterario, vedi: V. S. Gaudio, O’Connor’s Life Games, © 2003; Idem, L’embardage-Duras, © 2003.L’ebook Uh-Bookè qui on Issuu.
 

L’Arcano della Libido forte

C= 2 x 5=10

L=3x4=    12

A=1x3=      3

R=2x2=      4

A=1x1=      1

                   30

L= 3x6=   18

U= 6x5= 30

K=1x4=    4

A=1x3=    3

C=2x2=    4

S=3x1=     3

                 62

30 + 62= 92= 9+2=11 [1+1=2]

L’arcano XI, che è Clara Lukács(3), è quello della produzione del gioco e dell’illusione, l’arcano della forza è quello della trappola e della simulazione che attende al varco per adescarti anche l’erotica e il desiderio, solo che, perché cominci l’incanto, bisogna lasciarsi catturare dal proprio desiderio; quando il suo riflesso stesso o bagliore che c’è nella radice del nome e del cognome si arcua, come la strolaga, sull’acqua, del 2(1+1), che è l’arcano che si costituisce da ciò che è nascosto: la presa ad arco immobilizzata, la più pura, della strolaga, quella che è la stretta immediata, all’insaputa degli altri e del loro discorso, la conquista violenta e tattile, nell’immobilità e nel silenzio del fortuito atemporale e privo di proprietà.
Come arcano XI, Clara Lukácsè nell’arco temporale che va dal 21 marzo al 19 aprile, che connette la diciottenne ragazza del gangster che gioca a tennis col poeta alla diciottenne Maria Sharapova  del 19 aprile.
Come arcano II, Clara Lukácsè nell’arco temporale in cui si esce sul balcone buio udendo la vita notturna del bosco e del lago, gli splash dei pesci spaventosamente rimossi dal Lago delle Strolaghe che va dal 20 giugno al 21 luglio, e che è la data di nascita del poeta che l’attende e la riconosce come Maria Sharapova nella fragilità del suo venir meno, che seduce quando si fa epicentro vulnerabile del vuoto che incombe su di noi, e trattando trionfalmente la sua fragilità ne fa un gioco in un momento, a caso, come un incidente, un ritrarsi aleatorio, la sospensione di una mancanza, tra caduta ed esplosione, che, prima di compiersi, come la beccata o il drop della strolaga, ha il tempo di mancarci.
La mano nell’azione di prendere e tenere, che, insieme, riflette Clara L. e Maria S., è il sintéma della Strolaga, che si realizza come schema verbale dell’arco nella pienezza dell’estate.
(4)    Usando l’Alfabeto Numerologico in uso nell’Astrologia Onomantica, ricaviamo i valori corrispondenti alle lettere del nome e del cognome, procedendo nel modo indicato. Regola importantissima è quella che prevede che ogni cifra di ogni lettera del nome, a cominciare dall’ultima, vada moltiplicata per un numero progressivo da 1 a 9. Così, l’ultima lettera(=A) va moltiplicata per 1\; la penultima(=R) per 2; la terzultima per 3, e così di seguito. Il numero di Clara è 30, il numero di Lukacs è 62; si fa la somma cabalistica: 3+ 0 + 6 + 2 e si ha 11; che ha come numero-ombra il 2, perché 11= 1+ 1= 2.

da àv.s.gaudio LOON DROP. La Stimmung con E.L.Doctorow sul gioco eterotopico di Clara Lukács│© 18-20 luglio 2009 ░     [fine]

con la sesta parte della Stimmung con Loon Lakechiudiamo l’omaggio reso a E.L Doctorow, pubblicandola proprio nel giorno del suo secondo nome, Lawrence.

 
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