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Quelle che la Bianca Deissi ● Ano hito!

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Ano hito e l’altezza dello sguardo

La palpebra, l’orizzonte piatto dell’occhio e il meridiano del deretano, che, posto così in alto, incanta l’oggetto “a” del visionatore, lo prende immediatamente e con forza, senza tregua, si fa fare lo shummulo.
La palpebra, mabuta, palpa la carne del culo, niku, mai così come il tergo di Merleau-Ponty; ovvero, dal lato del visionatore, è l’occhio del culo che non è più occhio, in quanto “me”, ma sguardo, “manazashi”, che è lungo come l’orizzonte piatto della palpebra che misura, topologizza, la distanza tra l’inchino, l’angolo della cortesia, e l’altezza del manazashi, lo sguardo, che è l’interiorità del visionatore che si ritiene rispettabile, in quanto dotato di un centro, pieno e consacrato.
Il manazashi è “mana”, “comportamento”, e perciò è pieno, dal grafismo nitido nell’esercizio del vuoto, e completo, come se fosse “man”, che, numericamente, sarebbe “diecimila”; ed è “zasshi”, come “rivista”, “periodico”. Periodicamente, quando passa l’oggetto “a” del visionatore al meridiano, l’occhio, “me”, del poeta è preso dalla carne e dalla palpebra, e questa linea orizzontale incrocia quella linea verticale, ed è “tutto”, “zen”, è il “bene”, “zen”, non fanno zen zen(“affatto”, “per niente”) - o lo fanno  perché è il punto zen zen dell’inchino e del manazashi-  ma semplicemente collimano nel buco, “ana”, quel punto, “ten”, che non è mai pieno, “komu”, è così, kono yō ni, in questo modo,  ano yō ni, in quel modo, è il buco della luce(kōmyō), l’ ano solare[i], l’ana kōmyo no.
Insomma, la traccia orizzontale della palpebra e la traccia verticale del deretano puntualizzano l’occhio verticale del culo[ii]. Mabuta, che è la palpebra, per quel che ne scrisse Barthes, fenditura ellittica del calligrafo anatomista, la fessura liscia di una superficie liscia[iii], qui viene tirata, stesa, scritta immediatamente in bella grafia da due tratti, tra “ma”, “un attimo”, e “buta”, “maiale”, nella calligrafia leggera di quell’archetipo-sostantivo profondo e fesso che può essere la “troia” del sibaritismo: il solco verticale, che è la traccia, e che è il luogo dove si fa lo shummulo, è il canale dell’avverbio dello shumullar, dello “zun zun”, “rapidamente”, “copiosamente”, “con forza”, “senza tregua”, perché  l’occhio non può appesantirsi ma l’oggetto “a” del visionatore sì.
Le mutande bianche sono shitagi shiroi, ma come ti inchini si fanno non scritte, kakushi no, quindi vanno al di sopra dello sguardo, come se ritornassero alla fenditura della palpebra e allo sguardo di chi si è  cortesemente inchinata: dunque è il suo manazashi che è iscritto direttamente nella pelle, è tale, è la pelle del culo[iv] che si vede nel suo sguardo, è questo, è così, kono yō ni, nel bianco del non scritto, si fa tale![v], dentro il flash di un haiku che non rischiara, non rivela nulla, come quello di una fotografia che si scatta con molta cura, alla giapponese, precisa Barthes, ma avendo omesso di caricare l’apparecchio con l’apposita pellicola[vi] o, oggi, avendo omesso di aprire il coperchio dell’obiettivo. Questo “tale!”, di questaBianca Deissi, lo chiameremo “ano hito”: hito è la persona, ano è quello, quella persona, quel culo dell’inchino; ano, per essere nell’inchino della cortesia, starebbe anche per  l’esclamativo “scusi”. Dōzo, “prego”(per invitare ad accomodarsi).


[i]Sensu Georges Bataille.
[ii]Un’altra traccia è quella del “fianco”, che come è “lato” e “larghezza” e fa “yoko” come “yōkō” fa il “sole”, e “yoku” è il “desiderio”, la “voglia” e “yoku” è “seguente”, “successivo”, così che il visionatore non colmi mai il desiderio seguente, non smetta mai di prendere il sole! Lo shummulo, quando ha avuto origine, fu nella posizione della mula,con la testa inchinata a ovest cosicché il sole potesse sorgere, yoake. L’alba si leva. Higashi yoake. E la mula affinò le palpebre per guardare se il visionatore era proprio nella posizione giusta.
[iii]Cfr. Roland Barthes, La palpebra, in: Idem, L’impero dei segni, trad.it. Einaudi, Torino 1984: pag.118.
[iv]La pelle del culo potrebbe essere in giapponese Kawashiri, che si impressiona di più nello sguardo quando manca la pellicola, usukawa.
[v]Cfr. Roland Barthes, Tale, in: Idem, L’impero dei segni, trad. it. Einaudi, Torino 1984:pag.96.
[vi]Ibidem:pag.98.


Ano Hito, la patagonica supermesomorfa è in qualche modo speculare a Reiko, la Miss 130 disegnata da Chiyoji , i cui dati morfologici sono indicati nella scheda contenuta in Miele.Il dolce kama-salila delle longilinee ectomorfe:vedi la Tavola C

▐ Marus quale│Marrës dove

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Si është fjalë e ndyrë, qual è la parola?

D’altronde Marrës che è Marus è la ricevente,
la destinataria e nel gioco alla mutola, nel gioco
alla Memec, qual è la parola? Comment dire
marrëzija, cioè “pazzija”, folleggia, marrëzija
qual è la parola, questo,
questo questo, ky, ky ky, ky këtú, questo qui,
terë ky ky këtú, Marrëzija tëre ky këtú,
qual è la parola, fjalë, o fjalë e ndyrë[i],
o fjalë e pisët[ii], shoh, vedere,
o shoh tregoj, far vedere,
o shihem, vedersi, marrijë o marra, che è
il ricevimento, la presa,
quale, si, dhe ky, e dove
si është fjalë e ndyrë?
Rroccëka, marrëzija atje poshtë[iii]
si ky, quale dove,
atij vend, in quel posto,
ky Maruzia marrëzija e marr,
si është fjalë endyrë,
marrëzija shoh si,
tërë ky këtú bythë e rroccëka[iv],
atjé larg atjé poshtë[v]
terë ky këtú
Marrëzija shoh si[vi]
Marr, kap , qual è la parola
Kap-rroccëka?[vii]
Bragalla? Brekë-kap?
Atjé larg atjé poshtë
në lehtë si marrëzija në Bragalla[viii]
si
si është fjalë


[i] La parolaccia.
[ii] E’ sempre la parolaccia.
[iii] Cazzo, imbarcarsi follemente laggiù.
[iv] Tutto questo qui culo e cazzo.
[v] Là lontano laggiù.
[vi] Mania, follìa, di vedere quale, come.
[vii] Prendere, afferrare, cazzi?
[viii] A lieve come ci si imbarca follemente a Bragalla.
daè : v.s. gaudio bragalla © 2007▐  


Leggi qui     ècomment diredi samuel beckett 

Il treno più lungo e il treno più corto del mondo ▌Jean-Michel Espitallier │V.S.Gaudio & Blue Amorosi

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Jean-Michel EspitallierLe train le plus long du monde

À ce jour, le train le plus long du monde est un convoi de 682 wagons ( 7,3 kilomètres de long) tracté par 8 locomotoves qui, au mois de juillet 2001, a transporté 82000 tonnes de minéral de fer entre Yandi et Port Hedland en Australie.

N.B. Mancano  i primi 9 vagoni che sono rimasti nella pagina precedente in:
&POESIA TOTALE 1960-2010 FRANCE par Isabelle Maunet-Salliet et Gaelle ThevalFondazione SarencoSalò(Bs) 2015
 
V.S.Gaudio & Blue AmorosiIl treno più corto del mondo


Il treno più corto del mondo è la littorina (automotrice con motore Diesel, a elevata velocità, entrata in servizio negli anni 1930-40) che, a tutt’oggi, non trasporta alcun passeggero tra Sibari e Metaponto nella Magna Grecia.



 
 

Agatha Christie e il biliardo inglese ♦

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Agatha Christie e la scala del diavolo
 
 

Vanessa Redgrave come demone dell’english billiards, in quanto Agatha Christie o, meglio, Theresa Moll[i], ha la frattalità delle scale diaboliche di Besicovitch e la polvere di Cantor; la denominazione matematica della funzione di Lebesgue della polvere di Cantor y=f1(x)in cui ciascuna delle intermissioni f(x)è costante va da sé che, se riferita o percepita in una fotografia per un fotogramma reso immobile, dovrebbe essere, quanto meno nella parte che formalizza una identità o un luogo, commutata in una formula che, con la sua costante e nell’intervallo di tempo   Dx“avvisi” del passaggio al meridiano del visionatore di questo fantasma o analemma esponenziale in cui Dy , che sarebbe l’energia di un rumore durante l’intervallo di tempo Dx nella scala del diavolo, qui, quando l’oggetto a che è Theresa Moll nel fotogramma immobilizzato nella scena del biliardo o della sedia elettrica, passa al meridiano del visionatore che è il poeta.
Un risultato numerico, lo sappiamo, dipende dai rapporti tra oggetto e osservatore, ad esempio là dove un visionatore distingue una zona ben separata da quelle circostanti, e caratterizzata da una dimensione ben precisa, un secondo visionatore vedrà invece soltanto una zona di transizione graduale, che può non meritare l’interesse della sua losanga desiderativa.
Un risultato numerico, riferito ad esempio alla somma dei tre cicli del bioritmo dell’attrice corrispondente alla data in cui il visionatore la vede nel film per farla entrare nella sua losanga desiderativa e riferito al fotogramma immobile, è possibile ottenerlo inserendo la scena fantasmata che passa al meridiano del visionatore in un grafico Ebertin: si può ottenere, volendo, una scala del diavolo, o la si potrà intravedere come si fratta lizza sull’asse che congiunge due gradi del cosmogramma dell’attrice, che, a seconda del fotogramma, si distribuisce lungo la verticale somatica, e dall’altro lato il paraparallelo più lungo, nella scala del diavolo,  è quello del vettore fallico (-j) dell’osservatore, la cui dimensione frattale aumenta quanto più ci si allontana dalla scala di Cantor.

Anche con un rapportatore Aquino si ottiene un sorprendente risultato numerico, che è utile per determinare il Dx in cui questo analemma esponenziale passa al meridiano del visionatore sollecitando un’altra visionatura viscosa e frattale delle scale diaboliche di Th. Moll.
Come abbiamo già rivelato in Swimming Pollis ou Bil-ludivine?[ii], il gioco del biliardo in cui chi vince prende tutto, lo specchio del desiderio, tra pool e pollis, che è dentro la polvere di Cantor, prende tutta la posta in palio, si vede che il gioco è suo, di Theresa Moll e di Agatha Christie; e che, di pari passo, il personaggio che le sta accanto , che è Dustin Hoffman, si capisce che a un certo punto non avrà più, come fallo(-j), i colpi della scala del diavolo di Agatha Christie, né fisicamente, né mentalmente: avrebbe da dividere la posta-pool tra l’effettiva Agatha e la speculare, inesistente, Theresa, quando si fa pool, che è lo specchio del desiderio, le palle connettono le losanghe nel fotogramma fantasmatico di Theresa-Agatha, e sono le bilie con cui il visionatore-poeta ha giocato e giocherà a biliardo italiano, invece al coprotagonista, nel film, gli è saltata fuori la palla dal biliardo inglese[iii].


[i]“Il segreto di Agatha Christie”, con Vanessa Redgrave e Dustin Hoffman; regia di Michael Apted, 1979.
[ii] Riferito al film “Swimming pool” di Ozon, Francia 2003, con Ludivine Sagnier, nella parte di Julie, e Charlotte Rampling, che è Sarah Morton, scrittrice di gialli.
[iii] Il salto fuori  dal biliardo , dal pool o dallo swimming pool, perché questo è il gioco del billard anglais mouillé(non è un caso che Agatha Christie si autodenomina “Moll”), fa perdere un occhio(in Swimming, Julie aveva l’ecchimosi sotto l’occhio) e quindi l’oggetto “a” non è visibile, non è inquadrabile; e, a proposito delle palle e della losanga di Lacan, le proiezioni fatte sull’Ebertin e sull’Aquino per Ludivine Sagnier-Julie  non sono più disponibili, in quando sono saltate fuori dalla chiavetta in cui l’autore le aveva registrate. Fuori dal gioco.



 







La Shummulõna dei Pa-Rrotë║ Uh-file di Narrativa

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photostimmung by v.s.gaudio
Lo zŭmmë e la Shummulõna

Sulla riva o, meglio, sul pendio, che si inerpica dalla Sella, che passa da 471 metri, più ad est verso Spartiventoè 490 l’altezza, a 375, a 340, giù a 116 nel fiume e,dall’altra riva, c’è, tra 363 e 405 metri, Armi Rossi, che si inerpica nell’agro di Villapiana dalla Punta del Saraceno, laddove, nell’agro delle Tre Bisacce, si inerpica la Sellata dell’imbroglio [e che fa parte della Commenda Gerosolimitana dell’Ordine dei Cavalieri di Malta o di San Giovanni di Gerusalemme o forse di Aïno, da cui discende il marinaio della nostra spedizione, tanto che la Shummulõna c’è chi dice che fosse una zoccola maltese e alcuni una troia aïnica, ma giacché la commenda finisce e si dirama da Gozo, o Gawdesh, si pensò, quando ci fu il rapimento di una magnifica preda, prima a Calza Rossa, poi alla Shummulõna dei Pa-Rrotë, per toglierne l’uso al gran capo di quegli Scalzacani, infine si disse che la rapita era addirittura Aquila Gaudio], il punto designato è il toponimo ritornello dedicato al gran capo degli Scalzacani (“e Zbathurqenët”) :

Ta-ta-rânnë-zŭmmë-zŭmmë
che è diventato il ritornello, canzonatorio in apparenza, rivolto a chi adesso è prostrato o caduto ma ha goduto del piacere, del gaudio, assoluto.

La prima traduzione sarebbe:
“il padre grande ha goduto lo Shummë e l’Enzumme”: nello zŭmmë si fa entrare sia lo Shûmmulo che l’Enzuvë;
anche se c’è un’altra versione un po’ sanscrita: “tata” , che è, in sanscrito, sia “padre” che “riva”, “ran”,“godere”, ma anche “risuonare”, “tintinnare”, lo zŭmmë, che è il patagonico suono del fantasma quando passa al meridiano come analemma dell’oggetto a, che rinvia al “suma” sanscrito, che è “luna”,”cielo”, “atmosfera”.

C’è una ulteriore variante del “ta”, che è “questo”, che , ripetuto diventa superlativo, cioè: “il grande questo sulla riva o sul pendio godette, suonò la luna(o il cielo)”.
La strofa completa è così cantata nel dialetto del Delta dagli Scalzacani stessi:
Tatarânnë jivë girănnë
Parròtt  jivë nzìvânnë
Girë e ‘nzïvë, zŭmmë e shŭmmë
Tatarânnë zŭmmë zŭmmë

La traduzione deve essere sempre a doppio senso:
Tatarânnë (= il Grande Padre) andava girando
Il cannone (il “top” chiamato “Parrott” dal nome del brevettatore) andava enzuvando
Gira e enzùva, fa lo zŭmmë e shŭmmë
Questo questo godette il cielo(o la luna) lo zŭmmë-zŭmmë!”  

  daèV.S. Gaudio La stagione della Sella dell’imbroglio 2
La Lebensweltcon Sten Nadolny sulla spedizione degli Scalzacani per il passaggio a nordovest del Delta del Saraceno│in “Quaderni di Arenaria” vol.VI da pag.47

Il mare degli Scalzacani│Uh-file di Narrativa

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Nel delta del saraceno c’è ancora questo pioppo
photo © blue amorosi
La costa degli Scalzacani

 

(…)

Quattro settimane dopo avevamo quasi raggiunto lo sbocco del fiume. Da allora potevamo incontrare in qualsiasi momento gli arbëresh d’Alisandra, che andavano a guardare le donne che lavavano i panni sulla riva del fiume. E-Kallam non se ne tornò a Castroregio con la sua tribù, puntò a est verso la costa degli scalzacani, anche se non sapeva come si sarebbero comportati i suoi guerrieri con quegli indiani, ma avevano le donne e con la maestria rïulesa e castracane avrebbero ottenuto sportule e commende per loro e le future generazioni: “Dicono di noi che siamo metà uomini e metà cani. Quanto agli scalzacani, bevono sangue crudo e mangiano pesci crudi, ma amano ngul[i].”
Si accordarono con Faluccio de Gaudio, che andasse con loro; se la spedizione fosse fallita e non fosse riuscita a raggiungere le terre dei Pa-Rrotë, avrebbe rifornito il forte della Sella dell’imbroglio di provviste e munizioni.
Saverio volle sapere dove avrebbe soggiornato la tribù nella primavera seguente. Con espressione imperturbabile, E-Kallam gli comunicò che sarebbero stati nel territorio  a sud. Il padre di Calza Rossa gli porse la mano e disse: “Save’, quando avrete fame dovete bere molto, e fate meno schizzi, altrimenti morirete!”

Eccolo di nuovo, il mare, con la sua cara pelle rugosa da elefante: il mare degli scalzacani delle Tre Bisacce! Presto avrebbero sfilato davanti a noi flotte di mercantili diretti a Taranto e le navi per Crotone. Ma in fondo, che cosa mi importava delle imbarcazioni! Mi misi a ridere. Ero di buon umore. C’era quiete sulla collina. Dall’altura ricoperta di erba gli uomini guardavano il mare oltre lo sbocco del Saraceno, il fiume degli arbëresh d’Alisandra.
Davanti ai miei occhi si stendeva una terra ignota, silenziosa e non tanto immensa, solo il doppio di tre bisacce, l’antica misura agraria della terra di Faluccio de Gaudio, ma immensa quanto il giardino dei miei avi, gli scalzacani della famiglia Pa-Rrotë.
E il mare era indistruttibile: mutava aspetto ogni giorno e restava uguale a se stesso in eterno. Finché esisteva il mare, il mondo, pur pieno di gliaroni, non era misero.

[da: La mia storia naturale  quand’ero un indiano dei Pa-Rrotë, © 2011]
daèV.S. Gaudio La stagione della Sella dell’imbroglio 2
 La Lebensweltcon Sten Nadolny sulla spedizione degli Scalzacani per il passaggio a nordovest del Delta del Saraceno


[i]Ngul” significa “infilare” ,”ficcare”, “introdurre”, “fissare”.

Armando Adolgiso ⁞ Carmina dant panem

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Un bar dove gli avventori si conoscono tutti fra loro. Più per nome che per cognome. Dal fondo della sala, provengono le note della canzone che più vi aggrada. In Primo Piano, Adolgiso parla con i suoi amici di sempre, sfaccendati o peggio.

 

Carmina dant panem


Jorge Luis Borges
from tumblr

Altre volte ho detto che mai mi sono macchiato della colpa di scrivere poesie, in parte è vero e in parte no. Perché talvolta è capitato che abbia composto versi. Naturalmente perché ne avrei ricavato quattrini. A Radiorai, per esempio, in occasione di non ricordo quale inizio di campionato di calcio, fu trasmesso in più puntate un mio poemetto intitolato “Il campionato che viene tra poco passerà”. La Siae paga bene i versi trasmessi dalle radiotelevisioni e ben lo sapevo proponendo quella cosa lì proprio in versi e non in prosa.
Quella composizione fu recitata da Dario Penne e s’avvalse di musiche originali di Guido Zaccagnini… come dite?... recitarlo io?... ma siete pazzi!... gratis, poi!... mi offrite una birra alta… vabbè per amicizia non posso rifiutare ma mo’ solo un pezzo, semmai n’altra sera vi recito il resto.

 


Un nuovo campionato sta per essere giocato
oppure è già stato giocato nello stadio?
Un po’ confuso l’ho appreso da quell’apparecchio a deliri1che è la radio
per dirla come Armand il franzoso
è il nome di Robin, poeta strepitoso!
Sento delirare l’apparecchio di Robin
e, con esso, forse io deliro nel suo sonoro Eden...
o forse sarà che l’altra sera, dopo aver un po' bevuto  - lo confesso -
ho fatto un sogno strano che mi ha reso assai perplesso.
Nel sogno, venivo ricevuto in un quartiere bonaerense
da un certo Jorge - un  ex  amanuense -
e pur con la cecità che la vista aveva oppresso
a guardia d’una porta, proprio lì, lo trovai messo.
Nel sogno, da complice, mi faceva entrare in un edificio maestoso
e con l’ascensore insieme a lui, di soppiatto, in un luogo sfarzoso:
una di quelle stanze da grande manager potente
che da falso com’è sorride sempre e se ne fotte della gente.
E assistetti - così  in sogno m’apparve -
a un incontro, vi giuro, fra due larve !

Il primo: un Presidente, dall’aria severa e odiosa
e l’altro: un telecronista, locutore dalla voce pastosa.
Embè, che si dicevano quei due tanto d’importante ?
Il capo dicea all’altro con aria dominante:    
“No, signor mio,  è ora che lei sappia
non esistono partite, né formazioni, né punteggio;
le cose oggi accadono solo alla radio o alla televisione...
l’ultima vera partita è stata giocata tanto tempo fa.
Da allora il calcio è un genere drammatico
interpretato da un radiocronista,
in una cabina radiofonica
o da attori in maglietta davanti al cameraman.
Si persuada e faccia come le dico io,
quelle son cose ormai  che non fanno più in nessuna nazione
fuori degli studi...pardon!!...degli stadi,  di registrazione2”. 

1.     Armand Robin, nato nel 1912, poeta, traduttore, autore di programmi radiofonici.
Tornato da un viaggio nel 1934 in Urss, abbandonò l’ideologia comunista e divenne anarchico.

Il 27 marzo 1961 lasciò la sua modesta abitazione e vagò senza meta per giorni. Arrestato, fu trovato morto in circostanze oscure nell’infermeria del carcere.

2.     Parole tratte da “Esse est percipi” di Jorge Luis Borges (sta in “Cronache di Bustos Domech”, Einaudi). 

Grazie, grazie, troppo buoni. Basta applausi…. Ma che ora s’è fatta?... ‘azzo!… s’è fatto tardi… domattina ho una sveglia terribile, devo alzarmi per mezzogiorno… ‘Notte… buonanotte a tutti.

Tutti i testi di questa sezione sono registrati in SIAE alle sezioni Olaf o Dor.
Per riprodurli, due congiunte condizioni: citare l'autore e la sigla del sito.

from : alien barê

Calza Rossa e gli schizzi del Gaudio│Uh-file di narrativa

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La baracca degli schizzi del Gaudio
(...)


Il 14 giugno i fiumi furono di nuovo percorribili per tratti così lunghi che decisi di partire. Tutte le carte e le annotazioni furono chiuse in un ripostiglio della baracca “Fortë e Shalë i mashtrimi”.
Sulla porta Aïno inchiodò un disegno che raffigurava un pugno alzato con un coltello lievemente azzurrino. Dal momento che sotto il Piano dell’Alpe ognuno, indiano o gliarone che fosse, poteva usare qualsiasi capanna, bisognava in qualche modo proteggere le carte. Anche I-Kallam riteneva che il disegno poteva essere più efficace della serratura. Comunque, qualora non fosse bastato l’avviso esterno, una volta dentro il viaggiatore intruso avrebbe trovato affissi alle pareti altri disegni che raffiguravano una ragazza indiana di straordinaria bellezza che usava il fallo dei viandanti alla maniera dell’eros dei castracani: anche I-Kallam riteneva che i disegni potevano essere un ottimo diversivo pure per gli intrusi ammašcânti e gli arbëresh d’Alisandra, che, notoriamente, erano poco propensi alle sollecitazioni della bellezza indiana[i].

Calza Rossa non era venuta con noi, era rimasta presso la tribù. Anche uno dei guerrieri di E-Kallam era rimasto là, per amor suo. Lo sapevano tutti tranne Saverio Gaudio. Persino io lo sapevo. Saverio raccontava che alla fine del viaggio sarebbe tornato là a “Fortë e Shalë i mashtrimi” e avrebbe vissuto con Calza Rossa, a Pozzofetente o da qualche altra parte financo nella zona costiera delle Tre Bisacce. Tutti annuivano e tacevano. Persino Mundo tenne a freno la lingua.
(...)


[i] E gli intrusi, si narra, furono tanti nel corso degli anni che la baracca fu chiamata “la baracca degli schizzi del Gaudio”, nella lingua degli Scalzacani: “abbaràkk diskîzz’i Gavidĵ”, nella lingua dei Castracani: “e barakë i skicave[la “c” si legge “z”] i Gazi”. Altra denominazione del luogo tipico: “e barakë e kuqe” che gli indiani delle Tre Bisacce commutano in: “abbaràkkä da Cucckä”, ma il nome più ineffabile di quel punto designato 33SXE271146(cfr. nota 17) è forse quello coniato dai quadarari meticci: “e shalë e mashtre”, che è sì, in parte, “la sella dell’imbroglio”, ma è anche un po’ “la sella della maestra”, cioè della Cucckä dei Castracani, l’indiana che ha somatizzato l’oggetto adel capo spedizione con l’indice del pondus 8 e l’indice costituzionale 59. Per i quadarari indigeni e geneticamente puri, “la sella dell’imbroglio” si è sempre specchiata nella loro sella dell’ ‘mbrógliu, che,essendo un “rotolo di rame”, aveva il “peso di 1 Kg”, difatti il toponimo quadararo è: “shalë i ‘mbrógliu”(cioè la sella che richiede l’arnese di 1 Kg) con la variante precisa “u trunânte p’u ‘mbrógliu”(la “sella” per 1 Kg di rotolo di rame).La somma cabalistica del punto designato nel Foglio n.222 della Carta d’Italia, IV S.O. Trebisacce fissa invece come numero il 21, che, nel “Foutre du Clergé de France”(1790), è la posizione dell’Imbronciato, che illustra lo stato amoroso di Saverio Gaudio: l’uomo volta la schiena all’indiana e lei dovrebbe infilarsi l’‘mbrógliu. Solo che così, giacché lei ci rimette almeno un pollice, il rotolo non è più da 1 Kg e nemmeno è ménzumbrógliu. Anche se, come sostengono i chierici francesi e gli indiani francocanadesi, l’indiana non s’addormenta mai quando albeggia, nemmeno con i quadarari di Albidona che manco un quartumbrógliu tengono. Comunque, la posizione 21 dell’Imbronciato è quella della persistenza e, difatti, per gli schizzi che ci sono nella baracca da Cucckä come può ‘a ‘ndrappuna  dormire?
Oltre ai residui umani e animali rinvenuti nella Baracca della Sella, e parecchi referti di natura genetica e culturale destinati a Calza Rossa, fu rinvenuto, in tempi recenti, un foglio manoscritto con evidenti incrostazioni di natura sessuale con questa poesia lasciata in omaggio ad Arshalëzet(cfr. annotazione in merito in “Strutturalismo della Sella”, a seguire):
il legno è come la pelle e un po’ come il melone
e mani e dita vanno nel senso del sole
e risalgono a posarsi dove la carne con lo gnomone
fa verticale e profondo il meridiano
di largo in lungo si viene si va
cielo e vento liquido e macchia anche stesa
in linea tra i bordi dov’è il campo
e questa tela che aderisce fino al ventre carico
e inclinato tra la giuntura dell’inguine e l’anello
solare così marcato e pieno, il Jésuve che tira
acqua muscoli dita glande non bastano
ancora per bucare tra carne e tuono
remando con tutta la mano
fino al punto d’entrare nell’arco
della durata che ha lo spessore della controra
 
La qualità letteraria del testo fa pensare che il lascito sia opera di un poeta colto. Il riferimento al Jésuve non potrebbe che farlo un profondo conoscitore dell’opera di Georges Bataille.
In calce al foglio è vergato: Enzuvëa Pascipecora .



Da qui verso nordovest
si può arrivare a Pozzofetente
photo © blue amorosi
daèV.S. Gaudio La stagione della Sella dell’imbroglio 2
La Lebensweltcon Sten Nadolny sulla spedizione degli Scalzacani
per il passaggio a nordovest del Delta del Saraceno

 

 



Quelle che la Bianca Deissi ▌Il Perfect-Score

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Non c’è altro  e non c’è dubbio che ci sia un reale invisibile, basta solo inquadrarlo. La deissi è alla base dei pensieri morbosi che il poeta ha quando fa la sua passeggiata di mezzogiorno. Quella storia dell’anima immortale e che se esistesse senza quel corpo tutti son convinti che quelle calze a rombi colorati le starebbero larghi, e non potrebbe mai stare più seduta così. La deissi è come un quadro, che se è Pè la rappresentazione di un oggetto a, ed è quando è come la fotografia o il fotogramma, come in questo caso,  che la deissi sembra che sia una rappresentazione pittorica di a in una certa e patagonica corrispondenza tra Pe un aspetto visivo di a, che è Scarlett Johansson così seduta. Un reale aspetto visivo di a o un aspetto visivo che a ha stando così seduta è come se accadesse una rappresentazione pittorica.  Le calze colorate, è quando la deissi ti rammenta la legge dei semafori: “Se è verde, non hai fretta”; o la legge di Oliver sulla dislocazione:”Se ci sei, non ci puoi andare”, che, qui, guardando Scarlett in The Perfect Score in questa immobilizzazione, diventa “E’ lì, colorata come la mia pulsione uretrale, mi fermo a guardarla”.

L’osservatore, cioè il visionatore di Edgar Morin, specialmente se fa il poeta e non pubblica un libro perché si è dato anima e (-j) all’ebook, è come chi va piano nella legge di Reece: ha del tempo da perdere. Una ragazza così seduta, se ti piace,ti sta bene e te la puoi permettere, tu la guardi e non stai a chiederle se sia in saldo. Continui a guardarla e non ti passa per la testa e per il (-j) che abbia una garanzia di due mesi e poi al sessantunesimo  spegne il computer e si alza dalla sedia, poi si gira e ti mostra il dito medio.  La deissi in un’immagine è sempre disponibile, il tuo oggetto “a” lo puoi ordinare ogni volta che il (-j) s’innalza al meridiano e l’analemma esponenziale di quell’immagine ti sta facendo il bagliore ainico all’anima del tuo (-j). Francamente, del film e cosa stesse facendo seduta così Scarlett nel film, al poeta non gliene frega un cazzo: la deissi seduta, e così colorata, è una figura retorica di quelle che tirano lo schema verbale del lanciare e l’archetipo-sostantivo-epiteto del perfect-score. Basta guardare stando seduto, il quadro come P, lanciato l’oggetto “a” del visionatore, è, reale invisibile,non c’è dubbio,  il Perfect-score. Basta solo inquadrarlo.

La deissi del Perfect-Score ▌

Verdologia ⁞ E Scarlett Johansson

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Verdologia
Legge sul sinergismo tra Anima e Animus
Il giorno che decidi di vendere l’anima, il tuo oggetto “a” si colora l’animus di verde.
Legge (r)erotica
Il verde del tuo oggetto “a” è una figura erotica.
Legge di Scarlett Johansson
Se l’oggetto “a” è verde, lo vogliono tutti.
Legge del semaforo
Se è verde, la tua anima accelera.
Leggi del piacere
1.Se ti piace, è verde.
2.Se ti piaceva, era verde.
3.Se lo vuoi, è verde.
Legge di Marte
Se è verde è una di fuori.
Legge della difesa
La migliore difesa è il pondus verde.
Regola dei colori
Il colore verde non esiste.

 

Canne ⁞ Blue Amorosi

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Canne e punctum

C’è un punctum in ognuna di queste fotografie? Il sole, il cielo, un punto nel cielo, la canna in primo piano, la nuvola, l’erba, la trama che percorre l’occhio per arrivare a fissare un punto ad ovest dove prima o poi il sole tramonterà? Comunque, partendo da qui succede spesso, come capitò alla spedizione degli Scalzacani di cui narra V.S.Gaudio in una Lebenswelt con Sten Nadolny, che ci si infili in una sorta di traiettoria che va verso nord-ovest: da queste canne, mentre uno sta vivendo la propria giornata mortale,e ancora con una relativa abbronzatura, seppure stia facendo capolino un po’ di raffreddore, nessuno è mai partito pensando di trovare non dico la felicità ma nemmeno un pezzetto di gaudio. Tra cornacchie, cicale, formiche, qualche rondine, e, giù, se guardate bene, c’è un canale pieno, ranocchi a non finire, dove pensate di andare fin dove l’occhio arriva a filmare il punto cardinale del tramonto? Le canne, più o meno come il cappello bianco che il poeta comprò a Bologna da Barbetti, non servono a niente, nemmeno quando il poeta fu per quel cappello che scambiò uno sguardo profondo, tra bellezza e patafisica dell’inseguimento di Baudrillard, con Diana, nonostante la vista difettosa, o forse proprio per questo, il poeta si convinse che i piaceri, anche quelli singolari di Harry Mathews, non durano che un attimo, e l’amore non esiste, nemmeno per un attimo. Manuel Vázquez Montalbán elogiò l’arco ogivale delle ginocchia di Maite che andava per funghi, d’accordo c’è qualche fotografo che si ostina ancora  a fare della canna il (- φ) di Lacan, vedi Joseph Auquier per via di Mila che fa della canna il meridiano del visionatore(e qui arriva un altro francese, Edgar Morin), ma, guardatele le canne, c’è un punctum? Servono a qualcosa, così tenere? Pensateci: voi guardate verso ovest e da sud ovest un giorno sì e l’altro pure, in determinate lune, il libeccio le piega verso il vostro occhio, ed è allora che dovete afferrare  con l’altra mano la visiera del berretto perché il vento non vi scompigli i capelli.

La minoranza degli italo-albanesi, che, qui, si è, invero, estesa dappertutto, non è più nel territorio dove in effetti compete il ruolo di minoranza,  la canna la chiama “kallam” ed è maschile: i kallam, dice: la guarda e dice: i kallam. Ma sapete qual è la meraviglia di questo popolo bilingue, o trilingue, se si vuole? Che loro, dicendo kallam, prendono il sentiero della “i”, e con kalìm trovano il “passaggio”, il “transito”, la “promozione”; se gli si impiglia la “e” sulla seconda “a”, hanno “kalém”, noi abbiamo le cannucce e loro con “kalèm” la “matita”. Quando sono stanchi di tutte queste canne del cazzo, guardano i kallam e bevono "kaliùm", potassio, e si ritemprano.
La bellezza, e il punctum di Roland Barthes, sta nell’occhio di chi guarda, almeno fino a quando non se ne uscì Nichi Vendola con la faccenda del punctum che era il suo orecchino, anche se il poeta continuava a pensare al punctum che Diana aveva guardato in lui e Diana, almeno fin quando visse, ebbe almeno un pensierino per quel punctum che vide nel poeta così incappellato[i]: qui, ci sono queste cannucce, e più in là il bidone della spazzatura, dismesso dal comune di Roma. Qualunque cosa è meglio che trovarsi in mezzo a un boschetto con un sorriso cretino a raccogliere fiori in un cestino, disse Woody Allen, a meno che non vi mettiate anche voi a fotografare cannucce ad ovest nel Delta del Saraceno. In questo caso, se non è chiaro, qualunque cosa è meglio che fotografare queste cannucce ad ovest nel Delta del Saraceno.byBlue Amorosi
[i] Anche con il “cappello” chi parla Shqip sembra che abbia più connessioni paradigmatiche: lo chiamano “kapelë”, la ëè metafonetica, semimuta; dicono “kapelë”, quello che il cappello in testa, e magari intendono “cappella”, sia quella che riguarda il fungo( è per questo abbiamo tirato dentro Maite che andava per funghi…) che la cappella in musica. Col kapelë, quando gli si intoppa la “m”, possono arrivare a “prendersi”, “afferrarsi”, “aggrapparsi”: “kàpem”.

Arno Schmidt ⁞ Canoa prima del temporale

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canoa prima del temporale

Arno Schmidt

 

«20 marchi di affitto imbarcazione la settimana ? – : Be’, troveremo un accordo !» : fece una faccia scema, ma poi consegnò la pagaia. (2 mandolini ridacchiavano nervosi sul terrazzo. Al cono misto ci fu venticello da nord-est; e la sua gonna volle tirarla bruscamente a me : brava la gonna ! Ma la cialda a quadri andò in frantumi giusto sotto i suoi dentoni, e allora lei mi avvinghiò da lì con gli occhi, muta, la bocca piena di gelida dolcezza). –
«Siediti sul davanti !» – Già s’era sdraiata, in pulloverino azzurro, strigliata e avidissima di scoperte : «Guarda là !» – vidi soltanto i rebbi lontani del viale dei pioppi; – o forse il canneto dove lingueggiavano scompigliati i piccoli gagliardetti verdi ? «No : le nuvole là !»; ah, le nuvole; e le onorammo partitamente per forme e colori meridiani : una sdrucita, una gibbuta, una gonfia, una a pallone, una magra impiccata : giocondi sventolano, ragazza, i tuoi nastri d’idrogeno ! Due uccelli a collo di mormorare oltre, come una voce dal lago. Lasciò anche galleggiare le dita a lungo lì lungo ballarono insieme alti nella luce; i giunchi rabbrividirono in avanti; risollevai la pagaia, e macinai lento acqua scintillante.
Tuctuctuctuc : «Dev’esserci una barca a motore sul lago» (lo disse sprezzante). E si annodò più volte l’acqua grigia attorno al polso prima vicino, che ciascun dito tracciasse la sua esile scia.
Sulla destra tremolò come di lidi : alberi di fumo soffiato; il trapezio brumoso di un tetto; ombre volevano infilarsi sotto getti di gas : dalla torrida aria grigia l’idea di una costa.
Lasciarsi trasportare : le sue dita scrivevano senza sosta il mio nome nell’acqua, tutt’intorno alla canoa, ogni goccia un puntino sulla i, dunque chissà che trucco da ondina, finché le interdissi tali pratiche sospette. Il sole ci marchiò cosce scarlatte (la mia fine peluria lì pareva ora biondo chiaro). Tuttavia : vecchi omini-nuvola pelosi si rotolavano pigri all’orizzonte ed emettevano rutti monocromi : non scarabocchiava l’assidua già di nuovo a tribordo ? ! «Scrittura a specchio !» spiegò fredda e stregadorabile, e chiusi per precauzione gli occhi (allorché poi li riaprii, tutto quanto il lago era già pieno di svolazzi e sottolineature. Con aria di rimprovero : «Vedi !». Ma la diaspra creatura si limitò a sorridere imperterrita, e mi ordinò di pagaiare : «Vedere quanto ci mettiamo fino all’altra sponda !»).
Sulla lastra d’acqua. Calor grigio. Smisi, e la posai di sbieco davanti a me, finché la canoa si fermò. L’orizzonte ci ebbe nel suo astuccio piatto. Davanti a me stava distesa muta una pellerossa chilometrica, le ossute ginocchia ad altezza del capo, il mento sul petto. Grosse rondini passavano così vicino, quasi che il nostro posto fosse vuoto, e noi non più presenti.
«Frena ! !» : un bombo andava inerme alla deriva agitando le zampette mosce; lo «salvò» premurosa, e lo posò davanti sul legno : «Qui può asciugare.»
I barbatelli scattarono irrequieti. «Un’altra volta al largo !» («Nacanoooooa ! !» : grida di bimbi in barca a vela, e mani innumerevoli vogarono nel lago). Le nubi a sud-est brontolarono e fecero gobba morta contro il vento che le spingeva da dietro. L’acqua divenne grigia : «Meglio tornare ai patri lidi !» Giunchi si presero per le pannocchie e fecero un breve girotondo intorno alla canoa : «None; andiamo !». Dietro, il barile di nuvole rotolò un altro po’ più vicino.


èArno SchmidtPaesaggio lacustre con Pocahontas(1953), trad.it. Zandonai Editore 2011
 
 

6 Parambòtet e Beckettit ⁞ Samuel Beckett in Shqip

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6 Mirlitonnades di Beckett in Shqip[i]6 Parambòtet e Beckettit

 

9.
së pari
prej sheshtë mbi fortë
e djathta
apo e majta
nuk ka gië

 
pastaj
prej sheshtë mbi e djathta
apo e màjta
e màjta
apo e djathta

 
më në fund
prej sheshtë mbi e màjta
apo e djathta
kuk ka gië
mbi tërë
e kokë

(d’abord/à plat sur du dur/la droite/ou la gauche/n’importe//ensuite/à plat sur la droite/ou la gauche/ou la droite//enfin/à plat sur la gauche/ou la droite/n’importe/sur le tout/la tête)

 

13.
natë që bëjen shumë
lùtem të agim
natë prej hir
perëndon

(nuit qui fais tant/implorer l’aube/nuit de grace/tombe)

16.
ai që kanë të sy
keq parë prej mirë
të gishta lënë
prej mirë për të zhvilluar
shtrëngo i mirë
të gishta të sy
i mirë
kthehet më mirë

(ce qu’ont les yeux/mal vu de bien/les doigts laissé/de bien filer/serre-les bien/les doigts les yeux/le bien revient/en mieux)

 

22.
të marra që tosht
kurrë më shumë
shpejt
rithoni

(fous qui disiez/plus jamais/vite/redites)

 

29.
më kembë i patùndur
megjithëse nuk duke presur
ai i kalon përpara
duke shkuar pa qëllim

(de pied ferme/tout en n’attendant plus/il se passe devant/allant sans but)

30.
sapò gjuai i vetmùari-vendi e kokë
që qe e qetësì pas e furtunë

(sitôt sorti de l’ermitage/ce fut la calme après l’orage)



Druuna Drunòre Druuna di Legno
[i] Sono apparse in gaudia 2.0nel giugno 2014 nell’intersvista a Druuna Shqiptare. Le Mirlitonnadesintere saranno, comunque, pubblicate in versione shqip su “Uh Magazine”. In verità, V.S.Gaudio le aveva già tradotte nel 2006. Per la pronuncia della lingua shqip, ricordiamo alcune regole: la ëè muta o semimuta; la c si legge come la z di stazione, prezzo; la ç è una c palatale, come cena; dh, come l’inglese th di there; gj ha un suono intermedio tra gi e ghi; j come la i di iuta; qha un suono internedio tra ci e chi; sh vale sc, palatale di sciarpa; xva letta come la z sonora di zona; xh va letta come la g palatale di gelato; yè la u francese; z  è la s sonora di isola.


 
 
 

Alejandra Pizarnik ⁞ Esquela

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Ven a vivir conmigo. Tendremos todos los libros de poesía que existen en el mundo. Toda la música. Todos los alcoholes que arden en los ojos y corroen el odio. Nos embriagaremos hasta oscilar como seres de una materia fosforescente, y diremos tantos poemas que nuestras lenguas se incendiarán como rosas.

Alejandra Pizarnik 


L'EMBARDAGE-DURAS ⁞ Uh-Book by V.S.Gaudio


Oliverio Girondo ⁞ Qué

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Prefiguras de ausencia 
inconsistentes tropos 
qué tú 
qué qué 
qué quenas 
qué hondonadas 
qué máscaras 
qué soledades huecas 
qué sí qué no 
qué sino que me destempla el toque 
qué reflejos 
qué fondos 
qué materiales brujos 
qué llaves 
qué ingredientes nocturnos 
qué fallebas heladas que no abren 
qué nada toco 
en todo

— 


Tropos Oliverio Girondo
 

 

Quelle che la Bianca Deissi ⁞ Elli dolce per spezzare l'anima

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Elli e lo squarcio allegro dei lampi

Elli[i], quando l’ho vista la prima volta, mi pare di averle detto di parlarmi dolce, se vuoi spezzarmi l’anima – e non vuoi – le dissi, allora parlami dolce, o cantamela, con tutta quest’aria tua dell’aria in sere di sogno e anche così estranea e incazzata, fossi stato Xosé Bolado[ii] t’avrei accarezzato i capelli, el to pelu per abituarmi al soníu del agua, al suono dell’acqua, sopra i vetri, al esgayu allegre de los rellámpagos. Lo squarcio allegro dei lampi, è questo che mi piace in te, e, non so se è il tuo sguardo o l’angolo tra naso e bocca e occhi, c’è questa suddivisione in ombre differenti e il mutevole calore con cui puntualizzi il tuo esserci , la tua deissi.
Se giunti a questo punto tiepido e così luminoso della notte, in cui non si va e non si ritorna, in questo spazio dei rilevamenti, che guardandomi mi tocca, fálameduce, disse il poeta, parlami dolce perché io non ho parola che appesa al tuo paradigma somatico possa profferire quando liscio el pelu del tuo bagliore ainico.
Tra voce e sguardo(a struttura centripeta, dolce, lenta, ostinatamente terrestre e stretta), e la tua pelle che un po’ sa di nespola ed è tra la grafite e l’onice, ma è sabbia, così candida e tangibile, che estende il meridiano fin tanto che il visionatore di nascosto non si stanchi mai di far pulsare la sua pulsione uretrale, se vuoi spezzarmi l’anima – e non vuoi- è questo che ti dice, parlami dolce, dentro i segreti della terra  nel punto più alto quando, come oggetto “a”, è al mio meridiano che,  se vuoi, puoi spezzarmi l’anima.


[i] Elli Jackson è la cantante nota come La Roux, che, in realtà,  è un gruppo synthpop inglese formato da due componenti,lei e il co-produttore Ben Langmaid.
[ii]Poeta spagnolo(Oviedo,1946) che recupera  e usa la lingua asturiana, il Bable.


Verdologia ⁞ 2

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Ana Teresa Fernández
Verdologia 2

 

Estensione del Primo postulato di Pardo
Le cose buone della vita sono illegali, immorali o fanno ingrassare. Le cose ottime sono verdi.

Legge sull’innamoramento verde
1.Non innamorarti mai di una persona vestita di verde.
2.Non innamorarti mai dell’aspetto intimo verde di una persona.
3.Non innamorarti mai di una donna in verde vista da dietro.

Estensione della 2^ Legge di Hartley
Non andate mai a letto con gente che indossa biancheria intima verde.

Principio geometrico verde
Le probabilità che un giovane maschio incontri una giovane femmina attraente e disponibile aumentano in proporzione geometrica quando :
1.Lei è vestita di verde;
2.Lei ha un cappello verde;
3.Lei cammina con le scarpe verdi;
4.Lei ha biancheria intima verde.

Distinzione verde
Ci sono due tipi di bona: la bona monosemica e la bona polisemica. C’è un solo tipo di bonazza: quella vestita di verde.

Legge del Verde davanti
La precedenza va sempre a chi è vestita di verde.

Legge dell’ineffabile
Non appena si nomina qualcosa…
…se è verde, sparisce.
…se non è verde, appare.

Il centauro e il calcio ⁞ Ziffiana in pista

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Le sensazioni dei centauri

Breve divagazione ziffiana[i]di V.S.Gaudio    R
Un motociclista può avere delle sensazioni? C’è chi dice, in specie su twitter,  che certamente è possibile; altri dicono, in specie quelli che hanno la Shell sulle palle per via delle trivelle,  che certamente non lo è.

Published  at 670 × 671 in Girls on Bikes
èleggi la nota(*) sulla Centaura dopo la Divagazione

1. Voglio parlare dei motociclisti veri e propri: devono essere  motociclisti dotati di moto, non degli enduristi. Postulerò che siano essenzialmente centauri, dotati di microelementi e di tutti i meccanismi necessari al funzionamento nervoso e muscolare di queste meraviglie dell’ingegneria somatica. Postulerò inoltre che sia fornita loro energia per mezzo di batterie microvitaminiche: invece di consumare il pranzo, consumeranno benzina.
Una volta messo in chiaro che i nostri motociclisti sono senza dubbio macchine o moto, allora, sotto tutti gli altri aspetti, possono essere somiglianti agli uomini quanto volete, a patto che paghino le tasse  per la bandiera nazionale, non solo alla partenza: possono avere le dimensioni di un uomo; se vestiti e anche con cappellino e una t-shirt, possono essere in effetti  indistinguibili dagli uomini, specialmente se  hanno conti in lidi non patri di parecchi zeri, e praticamente da tutti i punti di vista: nell’aspetto, nei movimenti, nel modo di esprimersi, e così via. Quindi, se non fosse per i vestiti e il conto non relativo al sistema bancario della bandiera nazionale, ogni uomo qualunque, anche il più insignificante tra i poeti e gli scrittori che fanno la fame senza avere un conto nemmeno loro relativo al sistema bancario della bandiera nazionale, li scambierebbe per uomini qualunque; non sospettando che siano motociclisti, nulla da parte loro glielo farebbe sospettare. Senza abiti, però, i motociclisti si fanno vedere in tuta in tutta la loro lucentezza metallica. Ora, il problema non è di vedere se possiamo sfumare la linea di confine tra l’uomo e la moto per attribuire poi al motociclista delle sensazioni; il problema è, invece,  di vedere se possiamo attribuire al motociclista, o alla moto, le sensazioni e quindi sfumare la linea di confine tra uomo, centauro e moto.

2. I centauri possono avere sensazioni? Possono, per esempio, sentirsi stanchi o annoiati, possono spazientirsi, o addirittura incazzarsi?
Lo sappiamo: i centauri sono meccanismi, non organismi, non dico che non siano creature viventi ma avendo un metabolismo ridotto alcuni dicono che non  avrebbero bisogno nemmeno della tiroide. Un motociclista potrebbe essere guasto, ma non incazzato: soltanto le creature viventi possono avere letteralmente sensazioni e, per questo, possono anche incazzarsi e tirare calci o, se vogliamo, sputare a mo’ di proiettile.
Se dico “Si è incazzato”, si può inferire generalmente che si tratta(o si trattava, o si tratterà nel caso che si parli di spiriti) di una creatura vivente. Più genericamente, il contesto linguistico “…si è incazzato” è aperto generalmente solo a espressioni che si riferiscano a creature viventi o, al limite, che camminano. Supponiamo che diciate: “Il motociclista si è incazzato”. La locuzione “il motociclista” si riferisce a un meccanismo: si può allora inferire che non si tratta di una creatura vivente, quantomeno se non paga le tasse alla bandiera per cui corre che lo ha dotato di codice fiscale o partita iva, che sia, se fosse stato in seguito omologato come servomeccanismo aziendale; ma dall’enunciazione della forma predicativa “si è incazzato” si può inferire che si tratta di una creatura vivente. Perciò, se parlate in senso letterale e dite “Il centauro si è incazzato e gli ha rifilato un calcio”, implicate una contraddizione. Non si può quindi predicare letteralmente” si è incazzato”(e nemmeno:”gli ha rifilato un calcio”) di “il centauro”(o “il motociclista”).
O ancora: nessun motociclista farà mai tutto ciò che può fare un uomo, ammesso che abbia un nome e un relativo codice fiscale. E non ha importanza quanti centauri possono essere costruiti e fiscalizzati o quale grado di complessità possano raggiungere i loro movimenti e le parti della loro moto. I piloti di motociclette possono mettersi il casco, la tuta, i guanti, gli stivali, la cintura elastica, il paramani e piegare in curva, ma non ragioneranno, letteralmente; probabilmente inforcano la moto e prenderanno degli oggetti, ma non li prenderanno in prestito, letteralmente; potranno scuotere il piede, ma non calciare, letteralmente; potranno esprimere delle lamentele, ma non potranno farle, letteralmente. Queste sono azioni che soltanto le persone possono compiere: ex hypothesi i centauri non sono persone.

3. I centauri possono sentirsi stanchi o incazzarsi? Un albero di trasmissione, la dinamo, il manubrio potrebbero incazzarsi? Gli pneumatici potrebbero dare un calcio a un altro pneumatico? E’ chiaro che non c’è nessuna ragione di credere che uno pneumatico si incazzi e dia calci. Ma questo non prova niente; un uomo può incazzarsi e potrebbe non esserci niente che lo indichi: non c’è bisogno che ci sia nulla che lo indichi né tantomeno un calcio; così potrebbe essere per il motociclista, o l’albero di trasmissione o il manubrio.

4.Supponiamo che tu e io andassimo a far visita a un centauro che sta facendo le prove al motodromo. Egli sta provando la moto e l’elasticità della tuta, e quindi lo vediamo che inforca la moto, impenna, e scalcia con il piede destro, piega in curva, si toglie gli occhialoni e dà un calcio con il piede sinistro. Ignora la nostra presenza, la sua corsa è impeccabile. Io so che sta provando anche l’elasticità e la tenuta della tuta. Tu mi chiedi: “Ma che cazzo, che cazzo di centauro è, dà calci a destra e a manca, e non c’è nemmeno gara!” “Ma no”, dico io. “Ma sì – dici tu-  non vedi come muove i flessori? Guardalo, se scalcia così prima o poi manda fuori pista qualcuno!”; e, naturalmente,  può non esserci niente che non va sia nella prova di un centauro sia in quella di un motociclista in gara: quello che non va, è dire che si tratti di una prova per verificare l’elasticità della tuta.

5.  Supponiamo che V sia un pilota. Un uomo qualunque può vedere V e, non sapendo che è un pilota e che ha fatto la pubblicità alla Cepu, può dire: “V si è incazzato”. Se gli chiedo che cosa glielo faccia pensare, può rispondermi: “Ha corso tutto il pomeriggio e quell’altro pilota lo sfotteva. Comunque basta guardarlo: se V non si è incazzato, chi ha dato il calcio?”.
All’uomo comune, quindi, e ai followers in particolare, V appare come il pilota che si è incazzato; questo però non prova niente: se io so che V è un pilota, non può sembrarmi che si sia incazzato, e che addirittura abbia rifilato un calcio al suo amico sull’altra moto. Non conta quello che vedo, ma quello che so; o meglio, non ciò che vedo in quelle determinate circostanze, anche televisive, ma ciò che ho visto altrove, o sentito alla radio. Dove? In un motodromo, dove ci sono i motociclisti che guidano ognuno la propria moto. Dove si è scoperto che non si può  dire ragionevolmente che un centauro abbia delle sensazioni, E perché no?

6. Perchè non ci sono verità psicologiche relative ai centauri, ma ci sono soltanto quelle relative ai costruttori fiscali dei piloti. Perché il modo in cui un centauro si comporta(in un determinato motodromo) dipende principalmente da come abbiamo programmato il suo comportamento e il motore della sua moto. Perché possiamo programmare il comportamento di un motociclista in qualunque modo vogliamo che esso si comporti. Perché un pilota potrebbe essere programmato per comportarsi come un uomo che si incazza dopo che l’amico lo sfotte e non dopo che il fisco gli ha prelevato un patrimonio ponderale.Perché un pilota non potrebbe aver fatto quello che ha fatto più di quanto la leva del cambio di velocità possa spostarsi per andare più veloce. Perché potremmo far incazzare un pilota in qualunque momento volessimo. Perché desiderare la donna motociclista del tuo prossimo sarebbe come desiderare la sua moto e non come desiderare la sua modella. Perché i motociclisti sono sostituibili. Perché i centauri non hanno individualità. Perché si può fare la copia di tutti i pezzi e ottenere due motociclisti praticamente identici. Perché si possono cambiare tutti i pezzi e avere pur sempre le stesse moto. Perché si possono scambiare i programmi di due piloti aventi la stessa struttura costituzionale. Perché…
Perché nessun motociclista si comporterebbe da persona incazzata: un pilota potrebbe comportarsi soltanto come un pilota programmato per comportarsi come una persona che si incazza.


[i]La nostra breve divagazione va con gli indicatori di direzione verso:Paul Ziff, Le sensazioni dei robot, in: Idem, Itinerari filosofici e linguistici, © 1966, trad.it. Editori Laterza, Bari 1969.
(*) E che diremmo se tutto ciò si dovesse fare un giorno con gli esseri umani semplicemente fiscalizzati? Che succederebbe se un giorno dovessimo distruggere la differenza fra l’uomo e il motociclista? Allora, un giorno o l’altro ci sveglieremmo e scopriremmo di essere motociclisti, centauri. E allora , vedendo arrivare la mia amica centaura, dovrò spesso o ogni volta chiedermi “Sarà incazzata oggi e mi darà un calcio nei coglioni?”. O non ce ne sarà motivo, perché non ha senso parlare di centauri che abbiano sensazioni, figuriamoci se una centaura, come la mia amica, potrebbe mai incazzarsi e rifilarmi un calcio? Una centaura si comporta come un motociclista: non scalcia, e non s’incazza.

La Centaura e il Poeta ⁞ Uh-file di Narrativa

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La Centaura e il Poeta

Chevy Non è Simona Pisani

¾

¾

[sopra Sunn, il Vento]



¾[sotto Cenn, L’eccitante, il Tuono]

42.I – L’accrescimento.

La Legge della Gravità selettiva: un oggetto cadrà sempre in modo da produrre il maggior danno possibile: che dimostra, Vuesse? Che se cade un motociclista, questo produce sempre il maggior danno possibile. Non conta come e perché sia caduto, sarà caduto perché non si regge in piedi e non sa prendere le curve. Si può pensare anche questo. Non si può, invece, pensare che sia caduto, quel centauro, ad angolo retto, per via della Legge di Sprinkle[i]. Ed è pur vero che non sia caduto dal pavimento, perché, è risaputo, non si può cadere dal pavimento. Poi, te lo dice una che va in moto, e non t’incanta il (-φ) il mio casco?, sulla pista verso quel punto, ma anche sulla strada, l’oggetto caduto ti pesterà il piede. Ora: è pur vero che nella diatriba di cui si dice chi è caduto non ha pestato il piede a chi lo ha fatto cadere, il corollario della Legge dell’officina è una cazzata.

Per quanto riguarda la Legge di Cooper: le macchine sono tutte degli amplificatori: devo aggiungere che anche le moto amplificano, tu stesso, quando mi vedi  sfrecciare in moto, dici che ti sembro più ampia, da ectomorfa dici che ti sembro addirittura una mesomorfa dal pondus patastratosferico. Certo, capisco quel che vuoi dire: che andare in moto e prendere tutti quei soldi, e poi non è che cadi  molto, visto che piove un gran premio sì e uno no, è questione di pondus amplificato. Ma allora com’è che i piloti son così inconsistenti, per via della parola, mi dicesti una volta, hai visto un po’ com’è l’eloquio di quel pilota che dice così e ridice cosà e bla,bla,bla lo hanno laureato, così sull’emissione di qualche parola, in comunicazione, e hai aggiunto: certo che comunica, ma, per la Legge di Sattinger, comunicherebbe meglio se si mettesse la spina[ii]. E io mi misi a ridere, quella sera, e mi dicesti che di tutte le meraviglie della natura, come ridi tu è la meraviglia più notevole, perché sei stupenda quando ridi nel casco e sei imbragallata nei leggings o nei jeans che ti metti per andare in moto, e, aggiungesti, se fossi un boscaiolo che sta per abbattere un albero, a vederti sorridere con il casco e con quei pantaloni dopo che sei stata in giro in moto, deporrei l’ascia  e dovrei usare la motosega per sbatterlo giù, perché dopo averti visto sorridere con quel casco e quei pantaloni un poeta non ha più la forza necessaria per abbattere un albero con l’ascia, fosse pure un semplice fico. E poi ci fu la storia dei fichi e della marmellata di fichi che non sto qui a raccontare. Piuttosto, e questo è vero, la maturità di una persona non si misura per come va in moto, ma da come scende dalla moto e sorride al poeta: una volta, lo ricordo, mi dicesti: sai cosa  fa di te una centaura matura e intelligente? Ti guardai perplessa e con un vago sorriso: quando scendi dalla moto e sei stata in giro portata dietro come un trofeo, è il principio dell’aria, o meglio: è il vento  che rende perseverante  la centaura, e io ti risposi: e il ricettivo opera sublime riuscita! Il vento, dai, quando scendi, non sta sopra, è sotto il Cielo, e non sei innocente, né inaspettata, Simona, il poeta ha ricevuto dal cielo la sua natura originariamente buona, onde essa lo guidi in ogni suo poema, invece tu, quando non fai la centaura e monti dietro il pilota e poi è da lì che smonti io che vedo se non la natura istintiva che ha un significato superiore a qualsiasi parola, e dico: ecco ciò che coincide con la volontà del cielo. E ti dissi: E chi devia dall’innocenza dove va a finire? La volontà e la prosperità del cielo, mi rispondesti quella volta e stava piovendo ed ero bagnata, quando non accompagnano i tuoi atti  e sotto il cielo non passa il tuono e quindi tutte le cose non hanno più lo stato naturale dell’innocenza, non sono nell’immagine dell’accrescimento, e allora perché ti vedo così cresciuta adesso che hai attraversato la grande acqua? Mi piace vederti camminare, se cammini nel mezzo tu hai un buon cuore, ma è quando sei nel segno del KOU, che è il farsi incontro, allora il cielo sta sopra e il vento sta sotto e tu sei sempre la ragazza potente, e lascia perdere quello che dice l’I King, che non bisogna sposare una tale ragazza, che cazzo c’entra il matrimonio se sei la centaura a cui il camminare riesce gravoso che, però, quando scende dalla moto e cammina è come il nove al quarto posto: allontanandoti e non venendomi incontro tu mi volti le spalle e poi non sei a mia disposizione quando potrei averne bisogno, ma, quando ci si è ritirati dal mondo, veder andar via una centaura così orgogliosa e inaccessibile e nel vaso non vi è alcun pesce….

Niente: sono andata via nell’immagine del farsi incontro, al di sotto del cielo è il vento,e la parola o lo schema verbale che non ci fu, come il pesce tipografico,,, e, fu per questo che poi un’altra volta, ti chiesi che cosa sarei stata scendendo dalla moto dopo averla pilotata un intero pomeriggio?  In mezzo alla terra cresce il legno: sempre sotto il vento ma sopra c’è la terra, il desiderio ascende per gradi, ragazza, nel buio la perseveranza reca salute e gaudio, per quella storia dell’amplificazione della macchina , così sei nel segno di SCIONG, l’ascendere al meridiano dell’oggetto “a”, istanti, giorni, mesi, anni, metti sempre in moto il mio (-φ): è questo allora: la terra sopra, il trigramma delle linee spezzate; il vento sotto, con due linee intere e  il sei all’inizio, tutto si regge sulla linea spezzata, che è in basso e non è rivolta al sole, ma è dal legno di quella radice che prende la forza la ragazza e si mette in moto, ascende lungo il mio (-φ), istanti, giorni, mesi, anni.

Quello che sento è che, quando sto dietro il pilota sul sellone, che il poeta mi disse, quando guardi la legenda della motocicletta, è sempre il 27, c’è poco da sbagliare, nella sequenza degli esagrammi del’I King mi vede come centaura, nella velocità, in un baleno, a volo d’uccello, forse, lanciarmi dal 42 al 46: dal segno I.L’accrescimento, in cui il vento è sopra il tuono ed è lì che il poeta mi dice che “cammini nel mezzo”, e si riferisce a se stesso che mi guarda, perché egli (mi) seguirà; al 44.Kou.Il farsi incontro, in cui il vento è sotto il cielo, ed è lì che faccio la ragazza potente del poeta e lui che guarda vede, al quinto posto, la linea del melone coperto con foglia di salice, io mi giro a salutarlo con la mano ed ecco che ci cade in sorte dal cielo l’ascendere dell’esagramma 46.Sciong, in cui è la terra che sta sopra il vento: lo sento che mormora: in mezzo alla terra cresce il legno: l’immagine dell’ascendere, ed è da lì che mi faccio definitivamente oggetto “a” irredento del poeta , lentamente lui crea, e mai distrugge, aggiunge granellino a granellino di sabbia, cancella istanti, giorni,mesi,  anni, io giungo sempre più avanti fino al sei sopra: è quello che il poeta disse: è il perseverare del tuo ascendere nel buio, altro che piacere singolare di Harry Mathews! La velocità è il vento: mi piace vederti a tutto gaz, mi confessò il mio visionatore, per via di questo Dasein, in cui tutto quel gaz è, per vie linguistiche, la velocità come il vento e anche come un’anima dannata che è nel sostantivo-archetipo del mio nome; pensaci, Simona, quando parti in quarta e sei più veloce della luce, vai a vedere sei nello schema verbale di Urano, che, non ci sono dubbi, sarà incollato al mio meridiano, tra medio cielo e fondo cielo, tra (-φ) e angoscia, tra desiderio e tachimetro dell’anima: all’inizio, pensai che fosse tutto connesso “in un fiat”, per via delle sospensioni patagoniche che ebbi modo di visionare nel sospensorio direzionale della fabbrica meccanica sabauda ma, poi, mi dissi, non può essere, Simona è nell’energia posizionale, è quella dell’accelerazione istantanea e della velocità orizzontale per questo ascende, va a volo d’uccello e a tutto gaz.
Quando poi arrivi e smonti dalla sella hai somatizzato tutta l’accelerazione centripeta, ritorni all’esagramma 42.I.-L’accrescimento, alla linea del nove sopra: certamente qualcuno lo percuote(il tuo corpo). Confucio se ti vedesse direbbe: “La centaura acquieta la sua persona prima di mettersi in moto. Sta consolidando le sue relazioni prima di mettersi a chiedere una cosa. Si raccoglie nella mente, con tutta la potenza uranica somatizzata tra vento, cielo e terra, prima di mettersi a guardare, sotto, l’effetto che fa nel poeta, sopra”. Messa così la risoluzione visiva, il poeta chiosò infine: tra le gambe, nel vento  di Sunn, che è il mite, e il piede, il tuono dell’eccitante, Cenn: tra le cavalle saresti tra quelle che sanno ben nitrire e hanno le gambe posteriori bianche, quelle che galoppano, nel giallo scuro dell’espansione e della grande strada, sembri la risposta dell’Anas al mio cognome che, quando gli curvano due lettere, è nel paradigma della Guadiana, il fiume iberico anticamente chiamato “Anas”; bianca invece sei come vento, e sei lunga, alta, come il principio yin: il legno cresce lungo, il vento arriva a grandi altezze. Il mio oggetto “a” che s’innalza al meridiano, la losanga che avanza e si ritira, che calza stivali da centaura numero 38.  Simona Pisani



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[i]“Le cose cadono sempre ad angolo retto”: in Murphy’s Law© 1977.
[ii]“Funziona meglio se si mette la spina”: è la vera Legge di Sattinger: in Murphy’s Law© 1977.
 
 
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