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Pasolini nudo e l'umanista in jeans ▌Massimo Sannelli

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di Massimo Sannelli
Asor Rosa dice: "Mi viene in mente quella serie di fotografie che" Pasolini "si fece scattare nel suo ritiro del Cimino mentre scrive nudo. Se lo immagina Calvino in mutande? Ma non è un giudizio di valore, è pura descrizione" ("La Repubblica", 28 ottobre 2015). Pasolini nudo è un problema. Perché?Bisogna guardare le foto: Pasolini è un nudo molto rigoroso, senza sorriso, senza gesti da pagliaccio porno, e con il sesso morbido; in realtà fa paura proprio perché è un nudo molto rigoroso, senza sorriso, senza gesti da pagliaccio porno, e con il sesso morbido, ma grosso. Il problema è che Pasolini è un umanista, come crede Asor Rosa, umanista da sempre. Pasolini è impudico, solenne come un fauno, ma non è professionale, come umanista. Non si sarebbe dovuto spogliare, oppure avrebbe dovuto parlare da umanista. Che cosa fa l'umanista? Potrebbe citare un classico specifico, per esempio Palazzeschi: "Lasciatemi divertire". Sanguineti fa così, nel 1997: mette i jeans Carrera e fa pubblicità, ma cita Palazzeschi. In pratica chiede il permesso e dice la parola d'ordine: "Lasciatemi divertire". Poi Sanguineti mette le mani avanti: io sono buffo, non sono proprio bello, non vedete che NON sono "in corsa per lo scettro di top model maschile di fine millennio"? ("La Repubblica", 29 agosto 1997). È come dire: io, Edoardo Sanguineti, NON sono Pasolini. Pratico l'ironia, che è una figura retorica, all'interno del mio ruolo, perché sono Sanguineti, umanista e politico. Non sono mica un divo, e neanche una troia mediatica, ma sono Sanguineti: umanista e politico. Quando Dino Pedriali lo fotografa, Pasolini è nudo, ma non è esibizionista, non è citazionista, non è pagliaccesco e non è parodico; non è neanche brutto, a parte la devastazione del viso. Ma Pasolini, nudo o morto, è un problema, perché non è più un umanista. È Pietro II, autoproclamato, e poi la vittima, e poi il profeta, e poi il filosofo della "lingua scritta della realtà", e poi l'inventore di aforismi; l'ultimo vero mito italiano, e non importa che sia un "letterato mediocre" (Lello Voce, "Satisfiction", 3 novembre 2015), un "mediocre regista" (Paolo Barnard, il 1° dicembre 2015), un "regista mediocre" (Franco Zeffirelli, "Corriere della Sera", 25 febbraio 1996). Non importa che abbia "impoverito e sgrammaticato il linguaggio cinematografico dell'epoca" (Gabriele Muccino in Facebook, 3 novembre 2015). Ora sono cazzi acidi, veramente. Pasolini può essere tre volte mediocre e "senza stile", come dice Muccino. Però tutta questa Mediocrità funziona, e si vende ancora bene. E i letterati (più Zeffirelli e Muccino) soffrono e gridano. Soffrono e gridano giustamente, quando Pasolini li inchioda ad un ruolo minore: precisini e noiosi, brutti e lividi.
Chi non si smutanda è perduto? Un po', o molto, caso per caso. Ma chi si smutanda è post-letterato, fino in fondo. È il comico e il prete: l'insegna e l'insegnante.

Clarice Lispector ⁞ Entender é sempre limitado

Clarice Lispector ⁞ Capire è sempre limitato

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Clarice Lispector Capire è sempre limitato
Non capisco. Questo è tanto vasto che oltrepassa qualunque intendere.
Comprendere è sempre limitato.
Però non capire può non avere frontiere.
Sento che sono molto più completa quando non capisco.
Non intendere, dal modo come parlo, è una virtù.
Non intendere, ma non come uno spirito semplice.
Il bello è essere intelligente e non capire.
E’ una benedizione strana
come essere matta senza essere pazza.
E’ un disinteresse coltivato, è una dolcezza di asinaggine.
Solo che a volte quando viene l’inquietudine:
voglio comprendere un poco. Non troppo:
ma perlomeno capire che non comprendo.

*Traduzione di v.s.gaudio|

Naomi Watts a V.S.:"Non lo faccio più"! ⁞ Ilaria Bernardini & V.S.Gaudio

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 10 GIUGNO 2011
Idea per un film

·         Film su un amore immenso e la grave malattia di uno dei due innamorati. Ah no. Fatto.

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vsgaudio  4 anni fa
NAOMI, IRREMOVIBILE: NON LO FA PIÙ
Mi ha telefonato Naomi:”Scusami. Non lo faccio più”.

 
vsgaudio  4 anni fa
CON NAOMI, NON SI PUÒ FARE…


Lei è Naomi Watts, che ha appena finito di girare “21 Grams”(2003, diretto da Iñárritu), ha quel trench che dona sempre un’aria da pioggia anche se non sei del tutto una dolicocefala bionda, e quindi si presuppone che sia malata; lui non è Sean Penn, non è che non mi piaccia, anzi, è che voglio girare io un film con Naomi, anche con qualche grammo di meno, però adesso sto bene, tolte certe lipotimie con qualche cefalea di troppo, però da ragazzo ero proprio longilineo e avevo i capelli lunghi e Naomi mi amava tantissimo, a suo dire. Io le parlo del trench che indossa Diane Lane in “Unfaithfull”(2002, diretto da Adrian Lyne), dico hai visto che dolicocefala bionda, non trovi che qualcosa del fascino dolicobiondo di Diane Lane sia in qualche grado alcionico del solstizio invernale, quella regione astronomica della quiete esagerata che fa da punctum che d’improvviso è sorpresa dal fortunale, dal vento, da una caduta, che “fall” o “falling” che sia, è sempre una facile vittima che sta per cadere, cadrà, e che non è quella che cade per farsi demone della seduzione? Lei, Naomi, s’incazza di brutto, si toglie il trench dei “21 Grams”, me lo lancia addosso:”Fattelo con quella zoccola il film, malato!”.

La carte du poison ♥ Mini-Lebenswelt con Rex Stout

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La carte du poison
Mini-Lebenswelt con Rex Stout. Sulla omogeneità dell’ asso di cuori



E’ Kari Matchett
l’interprete di Carol Annis
in Poison à la carte della serie tv
A Nero Wolfe Mystery (2001-2002)?
 Ho letto l’altro giorno Poison à la carte di Rex Stout. Quando Archie Goodwin porge a Nero Wolfe il foglio di carta su cui aveva segnato i nomi delle cameriere[ che in realtà erano tutte attricette  che per 50 sacchi dovevano vestirsi da Ebe] assegnate a cinque dei Dieci (Ebeti) per l’Aristologia, io gli do una semplice occhiata e verifico che la numero  4 è Carol Annis, che era assegnata a servire il piatto a  Schriver, il padrone di casa,  e invece ha servito Dart, l’attore che aveva rifiutato un’offerta di un milione alla settimana da Hollywood,  e quindi sono sicuro che è lei che ha avvelenato con l’arsenico uno dei Dieci per l’Aristologia, che, chiamandosi Vincent Pyle, ed essendo un agente di Wall Street e un finanziatore di spettacoli e rappresentazioni teatrali, per cui era transitivo il possibile servizio di qualsiasi attricetta in cerca di una parte, non poteva  che sorbirsi il blinis all’arsenico. Blinis allittera Annis[e c’è una certa specularità morfologica tra il blinis e la Annis, così come è conformata da Rex Stout per il gusto di Archie Goodwin];  e Carol, è stato sempre così, non riesce mai ad accalappiare un Vincent, per quanto questo, non solo come Vincenzo, sia sempre stato il pollo o la vittima della faccenda. Infine, la dispensatrice di blinis all’arsenico è proprio lei, Carol Annis, come d’altronde era stato confermato da una semplice simulazione con cinque carte da poker, mentre continuavo a leggere il lungo microracconto di Rex Stout(ottanta pagine, più o meno,  nel formato standard dei volumi Bur-Gialli)ho assegnato a ognuna delle carte le cinque cameriere elencate nel foglio di carta che Goodwin aveva dato a Nero Wolfe, ho escluso  la sesta Fern Faber, una bionda alta con una grande bocca dall’aria pigra,  d’accordo con Archie Goodwin: “Fern Faber è da escludersi”, cosicché Peggy Choate è abbinata alla Regina di Cuori, Helen Iacono alla Regina di Picche, Nora Jaret  alla Regina di Quadri, Carol Annis all’Asso di Cuori, Lucy Morgan alla Regina di Fiori.
Insomma, queste sono le cinque sospettate e, con il sistema che i genetisti chiamano della “deriva genetica”, che avviene di generazione in generazione, mescolo le cinque carte e ne estraggo una, che è Helen Iacono, via, non è lei, è la Regina di Picche, guardala: pelle scura e vellutata e capelli setosi più scuri ancora degli occhi e della pelle, un fenomeno molto raro e molto speciale; mischio le quattro carte, e ne estraggo ancora una: è Lucy Morgan, la Regina di Fiori: non c’entra; mischio le tre carte e ne estraggo due: sono le due regine rimaste, le due dee della giovinezza per servire quelli dell’Aristologia, Brillat-Savarin ne abbia pietà: Nora Jaret, Regina di Quadri(non a caso, a suo dire, quegli orecchini glieli aveva regalati sir Lawrence Olivier, una volta che si era seduta sulle sue ginocchia), e Peggy Choate, Regina di Cuori(e, naturalmente, rossa). La carta che ho tra le mani, e mancano ancora dieci pagine per arrivare alla fine del racconto, è l’Asso di Cuori, che è la carola, Carol, l’inno natalizio, Annis, che allittera blinis: la ragazza con i capelli color del grano e senza senso dell’umorismo, ma con quei capelli color del grano prima della maturazione, da autentico Asso di Cuori,   aveva fatto innalzare un po’ troppo l’oggetto “a” di Archie Goodwin che, senza alcun pelo sulla lingua, le dice appena comincia la storia: “Ero qui che la guardavo e tutto a un tratto ho sentito l’impulso di chiederle il numero di telefono, ed io sono un tipo che non sa contenere gli impulsi. Ora poiché mi sono avvicinato, lo sento ancora più forte, e tempo proprio che dovremo farlo sfogare…”. Solo che la ragazza lo guardò diritto negli occhi e disse:”Lei mente”. La verità è che, essendo Carol Annis l’Asso di Cuori, nella cena annuale dei Dieci per l’Aristologia, che si svolgeva sempre l’1 di aprile, giorno del compleanno di Brillat-Savarin, non può che essere lei la carta, dell’1, o anche dell’11, che, appunto, è questo blinis che o cade dal piatto o è avvelenato per 1 dei 10 buffoni dell’Aristologia, come li aveva definiti Nero Wolfe, in virtù del fatto che il dizionario, che stava sempre in un angolo del suo tavolo, dava l’aristologia come “scienza del mangiare”, mentre il mangiare, per Wolfe, non è una scienza ma un’arte. L’ Asso di Cuori, così, immobilizza la deriva genetica, le toglie la ruota, e la buffoneria, d’altronde siamo all’1 di aprile, dei Dieci per l’Aristologia viene cancellata: non si deve raggiungere l’omogeneità come nella deriva genetica, basta un po’ d’arsenico e toglierne 1 da 10, il processo, come la ruota,è bloccato. L’asso di cuori è la carte du poison, le poison à la carte. Ma è anche la carte du poisson, il pesce d’aprile, abbinato ai Dieci buffoni per l’Aristologia che fanno la cena annuale ogni 1 aprile, giorno del compleanno di Brillat-Savarin, i blinis sono farciti con caviale, poisson perde una sibilante e si fa poison come Annis che, nella lingua di Brillat-Savarin, si fa anis se perde una nasale fino a risolversi nell’omogeneità di quel 10 senza l’1 arsenicato, lo zero di anus[leggi: anys], l’asso di cuori è anche l’asso della Carola Annis, che, appunto, a Vincent Pyle, glielo ficca nell’anus (che si chiama così anche nella lingua di Stout)! E pensare che, quando Vincent Pyle cominciò a sentire gli effetti della carte du poison, qualcuno chiese se per caso Pyle soffrisse di cuore e qualcun altro rispose di no, tanto che i commensali rimasti, cioè i 9 per l’Aristologia più gli altri 2 invitati, Nero Wolfe e Archie Goodwin,  ripresero il consumo del pesce(sogliola) anche se con altro spirito…e non si avvidero che la risoluzione era nel numero che stava a tavola, l’11, che è appunto l’Asso di Cuori, in quanto nessuna delle altre quattro sospettate, che erano connesse alle Queen Cards, avrebbe mai potuto avvelenare il Pyle con un blinis perché la prima ragazza, che prese un piatto per servirlo in tavola e  fece scivolare uno dei blinis (e l’avrebbe raccolto con le mani se non fosse intervenuto Felix con una forchetta), si chiamava Marjorie Quinn!
! Alain Bonheur  

Il quarto d'ora di Lucrezia ⁞ Beckettiana

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 Tutto sommato, tirate le somme, un quarto di millanta di quarti d’ora, senza contare il quarto d’ora di Lucrezia B(orgia), noi cosa tiriamo?Beckettiana



La PhotoStimmung con Miss Monroe ⁞

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MISS MONROE NON STA(VA) FOTOGRAFANDO IL POETA

Fu la mia amica che a Bologna, al reading di Lebenswelt & Stimmung, alla Galleria d’Arte 2000, mi fotografò con quella sua macchinetta fotografica che era priva di rullino, fu come uno sciopero bianco, dirigetevi al luogo indicato e poi sedetevi, ma col sedere per terra e altrimenti siete solo accovacciati, comunque leggete una Lebenswelt[i] e una Stimmung[ii], siete in una posizione che non ha nessuna presa politica, a meno che non sia accovacciata anche chi vi sta fotografando, e allora rialzatevi e dunque non infilatevi la mano libera  nella cintura dei calzoni, son tutti in piedi ad ascoltarvi mentre leggete e lei, la mia amica, mi sta fotografando: “Vuesse, potresti andare un attimo verso quell’angolo?” Certo che vado in quell’angolo affinché la manifestazione del poeta venga vista, certo quel reading fu un buon esempio di manifestazione, peccato che la macchina fotografica della mia amica fotografa fosse senza pellicola.  Per questo non ricordo nemmeno che Lebenswelt abbia letto né quale fosse la Stimmung, forse quella con Vicente Aleixandre:
la quiete nel buio ha due grandi ali
è felice ombra del cabello
delicata cenere o grembo
e la bocca
un cielo dove gli occhi non hanno ombra
oppure l’acqua su luz los rìos,
ha solo il riso nei denti

e giù
ho un cielo quieto di fango che ora gira
ho una bella tunica amada por lo dura.

O era semplicemente la Stimmung con Pleynet[iii]:
di fronte al testo
la felicità passa al limite nudo di un orlo
nel campo sfugge in un senso
il cui rischio trattiene l’autunno del bianco.
O anche:
c’è un corpo trasparente che traversa
lo spazio del rosso
ou il est verbe
ou terre de chaux
dans l’obscurité de nos demeures
semblable à ce jour
silenzio che lontano fino al terrore della sera
senza tregua lascia che il sole si levi
così simile alla parola

Adesso che penso : se fosse stata Miss Monroe a fotografarmi, ci sarà il rullino in questa macchinetta che ha,  la cintura è nel paradigma dello spazio del rosso o è verbo o , essendo a Bologna, venendo da Torino, un po’ ero come se fossi a Paris, e Miss Monroe, c’è lei come corpo trasparente che traversa lo spazio del rosso, nell’oscurità delle nostre case, simile a questo giorno e al silenzio che lontano arriva fino al terrore della sera?

Adesso la ritrovo che cammina, e Miss Monroe si muove nella stanza, come se attraversasse la camera dove un albero messo fuori della foresta sulla strada, oppure, guardala: quando piega il segno fino alla responsabilità dell’ombra, luce o pagina di scrittura, che poco si addice al calore della carezza.

Adesso, d’un moment à l’autre passent
certes propositions quando s’incrociano le linee ai fatti
che tagliano ad angolo retto un libro
la luce che il corpo lascia
ai margini dove lo sguardo si fa fuoco
Miss Monroe mi sta fotografando, è lei la traccia
che sfugge all’oscuro il blu distanza dell’alba che avvicina l’orizzonte
a un tratto guardai la mia amica che mi stava fotografando e con la mano
le feci il cenno ch’era finita la Stimmung,
in quel tratto, chaleur ou page d’écriture
avrò guardato le sue gambe o qualcosa mi avrà detto la sua voce
è cartone spinto dalla pioggia che copre la città
ma se stava nevicando?


[i] Cfr.V.S.Gaudio, LEBENSWELT, L’arzanà, Torino 1981.
[ii] Cfr.V.S.Gaudio, STIMMUNG, Collezioni di Uh, Cosenza 1984.
[iii] Che è uscita anche singolarmente come libro-oggetto nella collezione del Triangolo d’Oro della Galleria Il Piombino, Alessandria 1984, con disegni di Alberto Ghinzani, a cura di Gianni Baretta, che chiuse, con questi 99 esemplari, il catalogo delle edizioni afferenti a Il Piombino.

La formula per un buon collare ⁞ Thomas Bernhard da Karl Ignaz Hennetmair

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Un anno con Thomas Bernhard
1 aprile 2011

Karl Ignaz Hennetmair, Un anno con Thomas Bernhard, a cura di Carlo Groff, L’ancora del Mediterraneo 2011, pagine da 124 a 127.
(scarica il podcast o ascoltalo qui sotto: 4 minuti e 32 secondi per 4,3 MB)
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OOOPS!
La pagina che stai cercando non esiste, oppure si è rotto qualcosa.
Prova a tornare in home page per leggere le ultime notizie.
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Il podcast di Nori non si scarica, si è rotto qualcosa nel link, se volete ascoltarlo andate sul suo blog in Il Post e cercate nell’archivio e alla data che qui appare, così pure per quanto scrisse V.S. Gaudio.
        VSGAUDIO says:

Quando passa o leggo Thomas Bernhard [ad esempio”L’imitatore di voci”, trad.it. Adelphi 1987], mi viene sempre da pensare alla FORMULA PER UN BUON COLLARE, di cui ad Alain Bonheur che l’ebbe a definirla per il laboratorio permanente di satira nel forum spinoza [ forum.spinoza.it/ ]
>(…)”la formula di Mr. Berry è utile ancora oggi con ben poche modifiche.
E’ stato lui a scoprire che una corda o un collare o una cravatta dallo spessore di due centimetri fatta con cinque trèfoli di canapa italiana è l’ideale per gli uomini.
Per incravattare le donne bastano quattro trèfoli.
La formula di Berry:
 ___412____ = Lunghezza della caduta
Peso del corpo
(N.B:412 si divide per il peso corpo espresso in stones)”> .


Iniz


Aida Maria Zoppetti ⁞ A

Armando Adolgiso ⁞ Le parole travisate del palindromo Osigloda

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Un bar dove gli avventori si conoscono tutti fra loro. Più per nome che per cognome.Da un vecchissimo juke-box in fondo alla sala,
provengono le note della canzone che vi aggrada.
In Primo Piano, Adolgiso parla con i suoi amici di sempre, sfaccendati o peggio.

 
Le parole travisate
 

… sì partecipai anni fa, mi pare nel ’97 o ‘98, a quel gioco delle parole travisate. Giordano Falzoni, per la rivista letteraria “L’ombra di Giano”, m’invitò a scrivere una sorta di scenetta che contenesse uno spunto narrativo adatto a  esibire nuove interpretazioni di parole note.
Scommettiamo un Campari che non lo sapevate?... come dice la pubblicità “mi piace vincere facile”?... può darsi.
Come?... leggere adesso quella roba?... non se ne parla proprio… visto che ora è?... mi offrite una birra alta?... se è così, non posso rifiutare. Allora ascoltate.

 


Siamo nel 2999. Un archeologo ha redatto un dizionario delle parole attribuite ad un’antica civiltà scomparsa secoli addietro in seguito ad una catastrofe nucleare. La scena è ambientata nel corso di un convegno di studiosi. Il nostro scienziato ha un nome che è un palindromo, si chiama Osigloda.
Eccolo illustrare con compiacimento ai  colleghi le sue scoperte aiutandosi con diapositive che proiettano sullo schermo la parola che lui spiegherà.

| ACCIDENTALE....... evento doloroso dovuto a  malattie o traumi subiti dai denti
| CD-ROM ................. disco di musica leggera o classica prodotto e/o interpretato da tribù di nomadi
| COSCIENZA............ specializzazione ortopedica che studia la profilassi e la cura delle deformazioni, congenite o acquisite, degli arti inferiori
| FLOPPY-DISC........ disco di musica leggera o classica stroncato dalla critica e bocciato dal mercato
| MAOMETTO.......... il suo nome originale è Abul Kasim ibn Abdallah el Mohammed: introdusse elementi del comunismo cinese nell’islamismo.
| PARABOLA............ breve componimento di profondo significato morale decodificabile con un’apposita antenna
| PARANOIA............ gioiosa attività ludica atta a prevenire ossessive insorgenze di tedio
| ROMANTICI.......... tifosi di una squadra della Capitale d’un paese chiamato Italia dalla maglia giallo-rossa specializzati nel soffiare sul fuoco con appositi e antichi strumenti detti “mantici”
| SIGNORA............... parola che indica una donna di cui si sa poco o nulla
| SODOMITI.............. persone fisicamente salde che agiscono seguendo un retto e penetrante pensiero
| SOPRANO.............. diffusa tecnica erotica, etero e omosessuale, fu anche cantata da poeti licenziosi
| SOVRANO.............. sinonimo di soprano


Grazie, grazie, troppo buoni. Basta applausi…. Ma che ora s’è fatta?... ‘azzo!… s’è fatto tardi… domattina ho una sveglia
terribile, devo alzarmi per mezzogiorno… ‘Notte… buonanotte a tutti.


 

Tutti i testi di questa sezione sono registrati in SIAE alle sezioni Olaf o Dor.
Per riprodurli, due congiunte condizioni: citare l'autore e la sigla del sito.
 


 

Il singolar poeta che da retore sa di sapere ⁞ Giacomo Leopardi e Massimo Sannelli

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samurai 
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di Massimo Sannelli

Come se una vittima di bulli potesse parlare. Forse sì. Se parla ora, è un buon segno: significa che la vittima è sopravvissuta. Ora quella vittima di bulli è diventata un Personaggio. E che cosa fa un Personaggio? In fondo, fa due cose: o si gode la vita o insegna a vivere. Il fatto è che alla vittima non importa niente di godersi la vita. Ora insegna. E parla come un giovane Leopardi o un vecchio Parini, che parla al branco. L'infinito è adatto agli aforismi e agli ordini. È un modo retorico e il Retore dice, prima di tutto: "Non smettere di mangiare o di fare sesso. Si può continuare. Ma bisogna smettere di parlarne: chi parla di sesso e di cibo non si rende conto di parlare solo di sesso e di cibo. Non c'è bisogno di rassicurare il branco sulla propria vitalità". E poi dice, abbassando la voce: "Bisogna amare le famiglie e gli antenati in privato, ma non parlarne troppo in pubblico. Chi parla della sua famiglia non è singolare, o si vergogna di esserlo. Non ci si deve vergognare della singolarità. La singolarità è una virtù. Il branco deve capire che non tutto è branco". Il Retore singolare è preciso: "Avere figli è bello, ma non è un dovere. I figli sono singolarità che sgusciano fuori dalla singolarità dei predecessori. È un atto delicatissimo e non è obbligatorio. Chi non ha figli biologici non è un fallito. Il branco deve capire che l'estinzione è naturale come l'esistenza". E ancora: "Bisogna urlare meno, e non gesticolare. Si fa per dimostrare al branco che si esiste, perché chi non fa rumore e non si muove è invisibile. Ma è meglio essere invisibili che bestiali: i veri capi del branco sono invisibili, ma il branco non lo sa". Su una cosa il Retore è feroce: "Convincersi che la Cultura non ha niente a che fare con la Scuola. La Scuola è un parcheggio sociale, ma la Cultura è conoscere libri, film, musica, arte, architettura, religione, in dosi gigantesche; e poi viaggiare; ed è Cultura non gridare e non gesticolare come burattini". E poi: "Diffidare dei funzionari pubblici e mediatici della Cultura. Hanno lauree e cattedre comprate, sono ignoranti, le tirature dei loro libri sono false, non hanno scritto i loro libri, e sono sgradevoli, anche fisicamente".
E questa è grossa: "Non dire mai che gli Italiani hanno dipinto la Cappella Sistina e inventato qualcosa. Non sono stati gli Italiani, ma Michelangelo e quelli come lui. I meriti sono sempre singolari, non del branco". Leopardi è offeso dal film di Martone, perché lo italianizza e lo abbassa. E adesso ringhia: "È fondamentale guarire presto dalla vera ossessione italiana. La vera ossessione degli Italiani sono gli Omosessuali. Per gli Italiani è omosessuale il timido, chi legge molti libri, la ragazza struccata e con le spalle larghe. Qui tutto è sesso e il legame del branco è sessuale, ma l'Educazione e la Cultura non sono cose da branco italiano". Chi ha parlato? Un Retore, contemporaneo e infuriato. Di lui, il branco non sapeva una cosa: quello lì era molto più furioso del branco, però era tranquillo; ed era sempre singolare, mai plurale. Era lì, solo e singolare, ad immaginarsi poeta ed armato, sempre vivo e calmissimo. E – da retore – sapeva di sapere: qua passa ancora qualche anno, poca roba – pensava – e poi mi moltiplico.

Herberto Helder ⁞ Poemacto II

Herberto Helder ░ Poemacto II ⁞ Poematto II

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Herberto Helder
POEMACTO II POEMATTO II
!Traduzionedi v.s.gaudio
La mia testa  scuote tutto l’oblio.
Cerco di dire come tutto è un’altra cosa.
Parlo, penso.
Sogno sopra le ossa tremende dei piedi.
E’ sempre un’altra cosa,
solo una cosa coperta di nomi.
E la morte passa di bocca in bocca con la saliva leggera,
con il terrore che c’è sempre
nel fondo senza formula di una vita.
So che i campi  immaginano le proprie rose.
Le persone immaginano i propri campi di rose.
E a volte sto di fronte ai campi come se morissi;
altre volte come se  soltanto ora  potessi svegliarmi.
A volte tutto si illumina.
A volte sanguina e canta.
Io dico che nessuno si perdona nel tempo.
Che la follia ha spine come una gola.
Io dico: ruota lontano l’autunno,
e  che cos'è l’autunno?
Le palpebre sbattono contro il grande giorno maschile del pensiero.
Getto cose vive e morte nello spirito dell’opera.
La mia vita si estasia come una camera di torce.
Era una casa – come dire? - assoluta.
Gioco, giuro.
Era una casa d’infanzia.
Come se fosse un manicomio.
Io mettevo le mani nell’acqua: mi addormentavo,
ricordavo.
Gli specchi si spaccano contro la nostra giovinezza.

Palpo ora il girare delle brutali,
ruote liriche della vita.
C’è nell’oblio, o nel ricordo totale delle cose,
una rosa come una testa alta,
un  pesce come un movimento rapido e severo.
Una rosapesce nella mia idea stralunata.
Ci sono bicchieri, forchette inebriate dentro di me.
 -Perché l’amore delle cose nel proprio tempo futuro
è terribilmente profondo, è soave,
devastante.


Le sedie ardevano ai loro posti.
Le mie sorelle abitavano al culmine del movimento
come sbalorditi esseri.
A volte  ridevano forte. Tessevano
nel loro terrificante buio.
La mestruazione sognava polvere dentro di loro,
la bocca della notte.
Cantava molto piano.
Pareva fluire.
Circondare i tavoli, le penombre fulminate.
Pioveva nelle notti terrestri.
Io voglio gridare  attraverso la follia terrestre.
 –Era umido, distillato, ispirato.
 C’era rigore. Oh, esempio estremo.
 C’era un’essenza d’officina.
 Una materia sensazionale nel segreto delle fruttiere,
 con le loro mele centripete
 e l’uva pendente sulla maturità.
 C’era la magnolia calda di un gatto.
 Gatto che entrava per le mani, o magnolia
 che usciva dalla mano verso la faccia della madre oscuramente pura.
 Ah, madre pazza a volte, sempre lì seduta.
 Le mani toccavano in cima all’ardore
 la carne come un boccone estasiato.


Ter amoras, folhas verdes, espinhos
com pequena treva por todos
os cantos.
Nome no espírito como uma rosapeixe
|photostimmung by blue amorosi
 Era una casa assoluta- come dire?-
 un sentimento in cui alcune persone morirebbero.
 Demenza per sorridere elevatamente.
 Avere more, foglie verdi, spine
 con piccole tenebre in tutti gli angoli.

 Il nome non è uno spirito come la rosapesce.


- Preferisco fare impazzire i nostri corridoi arcuati
 adesso nelle parole.
 Preferisco cantare nelle terrazze interne.
 Perché c’erano scale e donne che sembravano
 minate di intelligenza.
 Il corpo senza rosacee, il linguaggio per amare e rimuginare.
 Il latte cantante.

 Io adesso mi tuffo e ascendo in un bicchiere.
 Trangugio dalla cima questa immagine di acqua interna.
- Penna del poema dissolta nel senso primordiale del poema.-
 O il poema che sale con la penna
 attraversando il proprio impulso,
 ritornando al poema.
 Tutto si alza come un garofano,
 un coltello sollevato.
 Tutto muore il suo nome il nostro nome.
 Il poema non può uscire dalla follia.
 Il poema come base non concreta della creazione.
 Ah, pensare con delicatezza
 immaginare con ferocia.
 Perché io sono una vita con una furibonda malinconia,
 con una furibonda concezione.
 Con qualche ironia furibonda.
 Sono una devastazione intelligente.
 Con favolose pratoline.
 Oro in cima.
 L’alba o la notte triste suonate
 con la tromba.
 Sono una cosa udibile, sensibile.
 Un movimento.
 Sedia che si raddoppia nel catino,
 occasione per sedersi.
 O fiori bevendo dalla giara.
 Il silenzio strutturale dei fiori.
 E il tavolo laggiù.
 A sognare.

Travessia dos Poetas, Rosapeixe by Joana Machado

Master in Traduzione e Mediazione Interculturale ⁞ at Università della Calabria

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Master in Traduzione e Mediazione Interculturale

Qui di seguito, tutti i recapiti utili per ottenere informazioni sul 
Master in Traduzione e Mediazione Interculturale.
            Il bando si può trovare qui www.unical.Master;
            oppure qui: unical.bandoMaster 
(home page del Dipartimento di Lingue e Scienze dell’Educazione 
dove è disponibile anche il flyer).
            L’indirizzo di posta elettronica del Master è il seguente: traduzione_mediazione@unical.it;
            il numero di cellulare ufficiale del Master è: 349.27.03.908.
Altri recapiti: 
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Quelle che la Bianca Deissi ♦ Il passaggio della crudezza

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The Little House ‘小さいおうち’ (2014) Directed by Yôji Yamada
Quelle che la Bianca Deissi
Quella sospensione nello ShibarShumullar


Nella sospensione di uno haiku c’è quasi una sorta di lessico sessuale che, come in Sade, compie una prodezza linguistica: che è, sostanzialmente, come disse Barthes, quella di mantenersi nella denotazione pura. Con questa crudezza viene fuori un testo, un elaborato,  del gaudir, fuori-senso, che è sempre nella cosiddetta lingua senza supplemento che si muove in un circuito di destinazione, dove l’esperto di dissolutezza, o  il visionatore, quantunque possa essere sempre e comunque il poeta, viene legato alla sua parola immaginaria: una sorta di shibaru, nel rombo del piacere singolare, come schema verbale che lega l’oggetto “a”, la posa e quindi la denotazione come esserci di questo oggetto “a”,  e il linguaggio crudo, che è del poeta ma, che è anche di chi si è sospesa o si sta sospendendo nello haiku. La deissi, come anche il gesto, è sempre immediatamente segno, che esprime una profondità ed è un linguaggio primo, selvaggio: forse è per
questa transitività quasi violenta, come la scrittura, che, nella deissi, o nella sospensione dello haiku, il gesto si fa patagonico, forse perché il visionatore lo lega, nel piacere singolare in cui si sta sospendendo a sua volta, alla fenditura ellittica del linguaggio senza supplemento che usa per innalzare l’oggetto “a” al meridiano, quella fenditura ellittica che il segno anatomico, al disopra dello sguardo, la palpebra , consegna la figura giapponese, tra shibaru e secrezione sibarita, shumullar,  al (-φ) destinatario della deissi.
Qui la deissi  è come in rapporto senza segreto tra una superficie liscia e la sua fenditura: l’occhio della giapponese è piatto, né sporgente né affossato, senza rigonfiamenti, questo scrisse Barthes(La Palpebra, in : L’impero dei segni, trad.it.Einaudi, Torino 1984), senza sacca e, quando il visionatore percorre i misurati gradi del corpo della figura dell’oggetto “a”, la sacca patagonica è come una doppia curva, scritturale e bassa, come l’abbassamento delle palpebre, chiusa e finalmente profonda: c’è la rappresentazione flemmatica non solo del podice nipponico ma anche la frase prosastica delle gambe. La pressione patagonica dell’oggetto “a” figurativizzato dal corpo femminile giapponese è da questa grammatica morfologica che s’innalza al meridiano del visionatore: è una questione di pelle, di calligrafia della pelle e del podice, che contrappone una sorta di ipergrana semantica (dovuta all’assetto quasi sempre normobrevilineomesomorfo) alla linea chiusa e bassa delle palpebre. Il taglio, o la fessura liscia, del tergo, come lo intendeva Merleau-Ponty: è questa la marca della figura dello shibarshumullar(tra legame, corda e secretazione[=secernere secreto] del gaudio sibarita: curva doppia tra il piacere singolare (alla maniera di Harry Mathews) della figura e lo shumullar che le sta facendo il visionatore).


by blue amorosi & v.s. gaudio

Chambonheur. L'indice

Mai fatta l'escursione notturna a Parigi con Sandra Alexis. E il record del 66 di mio nonno ⁞ V.S.Gaudio

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Deborah Kara Unger è nata lo stesso giorno(mese e anno) di Sandra Alexis
 

Part. 4^ della cover di “Astra” n.12-1980: con l’autografo della contorsionista proprio sul  centenario della Kodak e non c’è alcuna foto (nemmeno con la Kodak Instant) diSandra Alexis!
▒  
Ho visto passare da casa il circo
e ho pensato a quando innamorato di Sandra Alexis
la contorsionista del Circo Orfei agli inizi degli anni Ottanta
non sono scappato di casa con quel circo.
Una volta , lei che aveva in animo di farmi un poema,
sempre che io fossi stato in grado di entrare nella gabbia dei leoni
senza che Leo si fosse messo a ridere,
mi scrisse una lunga lettera in cui narrava
come G. le era saltato addosso e lei colpendolo
ripetutamente infine lo stese al tappeto dicendogli:
“Avvolgiti, o profondo e cupo Oceano azzurro, avvolgiti!”
facendolo immediatamente rinvenire e fuggire a gambe levate.
E io che non ho mai vinto un premio,
nemmeno di composizione a scuola qui in paese,
e che quando pensavo a lei non la pensavo che
nel paradigma dell’allure tanto che su questo
avevo in animo di scrivere un poema epico,
invece di risponderle divenni taciturno e sempre preoccupato.
Poi, non sapendo più dove girarmi, me ne andai ad Elvas
dove, mentre ballavo sull’aia, agitando le braccia l’amore
divampò in un rimbombo di fiamma proprio lo stesso autunno
che mia cugina, quella con la provenienza davanti al mio cognome,
diede fuoco alla casa qui al paese nel corso principale
e io dovetti tornare a stare in Tribunale per mesi
per ascoltare tutti i parenti e i testimoni
fin quando fu chiaro che con lei il poeta
non aveva mai avuto rapporti intimi,
quantunque qualcuno la pensasse diversamente,
e proprio mentre stavo per ipotecare l’aranceto di mia nonna,
quella dello Zen, l’altra mia nonna, quella del petrolio,
che aveva sposato un ebreo che dall’Argentina s’era tirato
dietro il Tarocco Viennese con le predizioni in spagnolo,
e che io volevo far pubblicare dal mensile “Astra” del “Corriere della Sera”[i],
tanto che ebbi modo di pensare :
“Che strano! Non si è dato come coautore
di un libro su Enrico Mattei l’allora direttore di quel mensile,
a cui volevo dare quel taroccato Tarocco Viennese?”
Insomma fu allora che questa mia nonna ebrea
ebbe una fantastica idea,
dette tutto a Scardaccione e all’Anonima Petroli
e venne a stare da noi, che non avevamo imparato niente
dalla riforma agraria ma avendo come scopo
la riforma del mondo avevamo viaggiato per molte terre,
anche con il Luna Park senza mai per questo stabilirci
definitivamente in quello stanziale di Segrate,
avevamo visto le rovine di Ravenna, e le rovine di Atene,
e Sibari sommersa, e altri pantani, una sera stavo seduto
al chiaro di luna al molo di Cervia lì sono stato avvolto
da ali di fiamma e una voce dal cielo,
che non era Sandra Alexis né la Gianna Nannini
di “Hey Bionda”[© Gienne srl 1988]mi ha detto:
“Prima di riformare il mondo, signor Poeta
per piacere rispondi alla lettera di Sandra Alexis”.
E a poco a poco sono tornato giù in fretta
intanto che mia madre già nell’83 mi aveva detto addio
e io mentre parlavo scoprii che cosa era successo veramente,
né avevo altro da fare e nemmeno desideri
se non una strana luce negli occhi,
io non stavo mai dalla parte del diritto di proprietà
né in piena amicizia qualcuno avrebbe potuto mettermi in guardia
a dispetto dei pettegolezzi per cui ero scappato di casa col Circo
per fare il domatore di leoni e amare così la contorsionista.
Inevitabilmente adesso che ho visto passare
questa carovana di circensi mi chiedo ancora
come mai non vadano per linee ferroviarie,
cos’è successo al quadro 91 dell’Orario Ufficiale delle Ferrovie,
com’è che non passa più un treno qui da casa
dove il circo passa per la strada parallela alla ferrovia?
Non era dal quadro 91 che passavano una volta
salvatori del mondo, pompieri, pionieri , indiani,
forestali, studenti analfabeti dell’Arcavacata, assistenti unep,
giudici di pace venditori effettivi di granone all’ingrosso,
venditori di pesce, anche fritto, pretori distaccati, calderai,
gazzusari, bardinellisti, puttane che da Taranto venivano
al casamento dove siciliani venuti da Catania
non si sa perché avevano per più di un ventennio
tentato di riprodurre vino senza che qui ci fosse
un solo grappolo d’uva, tanto che poi questo
casamento all’improvviso come vennero gli anni di piombo
fu intitolato e reso al catasto del nulla
come possedimento dell’ebreo Aletti,
e insieme a questi viaggiatori del nulla
le sette femmine di Oriolo, le famose donne sterili
che figliavano soltanto con l’appello all’alone iperdulico
della madre del più grande figlio di zoccola che abbia mai
occupato e fatto occupare dai suoi accoliti
per  generazioni infinite o soltanto sette
la terra dei miei avi, che non sono francesi o forse un po’ veneziani,
tra cui quel mio nonno affetto da satiriasi che,
come narra la prima leggenda sibaritica,
detiene il record del 66 con tutte le donne
degli ombroni e degli ogliaroni? 

▒ Il Circo, il Luna Park, Sandra Alexis e l’alone iperdulico v.s.gaudio








Vuesse Gaudio come l’ha conosciuto Sandra Alexis e come appariva su “Astra”

[i] Fu così che mi ritrovai in mano la copia del numero di dicembre 1980 di “Astra”, dove, sulla quarta di copertina, in basso a destra, Sandra Alexis, di suo pugno, mi aveva scritto la sua data di nascita e questi versi: “Io nata ad Elvas divenni contorsionista, ero conosciuta come Sandra Alexis, dapprima amante di numerosi duchi e conti e più tardi di  artisti poveri, poeti matti e registi squattrinati fin quando un poeta di Torino mi disse che soffrendo di satiriasi di me s’era innamorato e non smetteva d’amarmi nemmeno un minuto per sette notti su sette ti scriverò così una lettera al giorno e poi niente di tutto questo avvenne né prendemmo mai quel treno speciale per fare un’escursione notturna a Parigi.

Part. casellario amministrativo
Gruppo Rizzoli-Corriere della sera
che pubblicava “Astra” : tutti iscritti alla P2

La cover di ’”Astra” n.12-1980, l’”Astra” di Sandra Alexis
 
 

2015 Uh-Music ♪ Sia's Chandelier e la lampada Tizio del poeta

La bocca dell'anfitriona e l'alluce di Bataille ♦ Mini-Lebenswelt con Isaac Isamov

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"Fermenti" n,10/12
Roma ottobre-dicembre 1979
Come Mort Stellar più di una volta il poeta fu a cena con una sorta di confraternita di poeti: d’accordo, quelli di Stellar erano gentiluomini, tutti piuttosto geniali, erano i Black Widowers; questi, più che riunirsi regolarmente per cenare e discutere insieme per risolvere convivialmente qualche caso enigmatico, erano dei perdigiorno, pettegoli e, in più casi, anche cornuti, propensi, piuttosto, a scrivere versi, durante la ricreazione, del lavoro, prima e durante,  e, del tempo pensionistico, dopo, per pubblicarli sborsando non solo la tredicesima, visti che alcuni sono molto prolifici, durante questa fase, e osano “pubblicare” anche quattro o cinque volumi, non plaquettes, all’anno. 



Il culo della Cassini nel cassetto del caporedattore di “Playboy”$
Mini-Lebenswelt con Isaac Asimov


Uno di questi poeti, eravamo nello stesso decennio della pubblicazione delle tre raccolte di racconti dei Black Widowers[i], una sera si fece trovare a casa di un suo amico commerciante all’ingrosso, che usava aprirti la porta d’ingresso impugnando una pistola e che aveva la moglie che , essendo a cena, non potevi non farti impennare l’oggetto “a” al meridiano guardandole la bocca , i denti , il sorriso e il naso.
"Topolino" n.1352
Il poeta arrivò quella sera da Milano e aveva in mano un settimanale per ragazzi  fresco di stampa[ii], non ancora in edicola, che conteneva un suo articolo. “Tu scrivi soltanto articoli per giornali per ragazzi?” gli chiese in tono perentorio uno degli ospiti, un poeta a pagamento, ma non di quelli che, ancora qualche anno prima, si riunivano in gruppi e, per questo, avevano tirato su qualcosa che poteva essere chiamata “esoeditoria”. La moglie dell’anfitrione lo guardava  sorridente, e il poeta non sapeva se dar retta alla sua pulsione orale o tirar su di botto e senza tanti preamboli l’oggetto “a” con la propulsione uretralfallica, eravamo nella fase di quella che Berne[iii], quello della psicologia transazionale, denominò “eccitazione mondana”: in società il proprietario del (-
φ) può appena accorgersi di essere eccitato, e non si sente imbarazzato perché di solito il rigonfiamento non può essere notato da chi gli sta intorno. In più, erano seduti a tavola. E anche se fosse passato al secondo grado, quello chiamato “malanno del Kent”, nessuno avrebbe mai potuto restarne abbagliato: la fase della “prudenza del pene”, lo sappiamo, è quella in cui c’è qualche dubbio sull’opportunità di proseguire l’innalzamento dell’oggetto “a” lungo il meridiano.

“Ma no, non scrive solo articoli per giornali per ragazzi, vero? Recentemente ne ho visto uno su un mensile, diciamo così, più per adulti edito, nella edizione italiana, da quell’editore connesso a una certa massoneria…” rispose un altro poeta che, per  pubblicarsi i volumi, era nella quota dei dirigenti scolastici provinciali o regionali, a seconda del posto nel dispositivo di alleanza.
“Ah, sì, su “Playboy”, precisò il poeta. “E come riesce a coordinare lo stile adatto per target così diversi?”,gli chiese, dall’altro lato del tavolo, un signore attempato che, poi, ebbe modo di identificare come un professore universitario addetto alla critica sulla poesia domenicale, anche a pagamento, ma da parte sempre dei cosiddetti poeti.
Ora, quella non era la cena mensile dei Vedovi neri di cui ai racconti di Isaac Asimov e il  poeta giornalista non era  Mort  Stellar dentro  “Senza che nessuno lo insegua”[iv], anche se, a conti fatti, c’era  anche qualcosa di stellare nel suo paradigma  di produzione per l’industria editoriale dei giornali, non fosse altro perché , all’epoca, curava una rubrica di psicanalisi per un noto mensile di astrologia dell’Editoriale del Corriere della Sera,  che, da par suo, era finito anch’esso nelle grinfie di quella famosa setta massonica, tanto che, ci pare, eravamo proprio nella fase dell’amministrazione controllata, e soldi gli autori  non  ne vedevano più.
La pagina 73 di “Topolino” n.1352 |Segrate 25 ottobre 1981
Il poeta prese il giornalino che aveva in mano quando arrivò e lo sfogliò  alla ricerca della pagina 73[v], e pensò che era , o sarebbe stato, il numero della sua casella postale per cinque, sei lustri nel paese che ha costituito il suo atto di nascita; guardò la sua ospite, che,ormai, lo stava portando al terzo grado , quando la nobiltà della pulsione fallica è evidente e, se si ha una certa sensibilità percettiva, manda il cosiddetto bagliore didonico, anche se , continuando a guardarle da sotto quella bocca  la nobiltà(del poeta) poteva vacillare ben presto  e allora, per prendere tempo, il poeta chiese al marito: “Ma non è pericoloso aprire la porta con la pistola in mano? Lei non ha il grilletto facile?”. Cercava di far rinculare la pulsione uretralfallica, bevendo un bel bicchiere di “Barbera”, che, è risaputo, in questi contenimenti, è superiore addirittura al “Barbaresco”, anche perché gli venne immediatamente in mente che per questo terzo grado fallico Eric Berne  diceva che, nel linguaggio comune, è come “avere il grilletto facile”. Se, contratto e a disagio come era, avesse guardato la moglie, di sicuro  il nobile (-φ)  sarebbe vacillato e allora il poeta avrebbe dovuto abbandonare, momentaneamente, l’allegra brigata per correre in bagno, dopo aver avuto le giuste indicazioni da parte della signora, non certo dal suo commilitone dal grilletto facile.
“Perché  diavolo lei scrive per tanti giornali dal target così differenziato?” chiese, alzando il bicchiere, un altro dei convitati. “Perché secondo me si guadagna di più” rispose l’amico poeta che gli aveva detto di raggiungerlo presso questa allegra combriccola. “Anch’io lo penso – aggiunse il poeta giornalista – “Non specializzarsi è sempre la cosa migliore, anche se io sono uno specialista in più campi. La maggior parte degli autori o giornalisti free-lance sono specializzati in qualche campo, fosse anche la bustina di minerva, e lo fanno per necessità; ci sono alcuni che traducono fumetti e lavorano all’ufficio delle imposte dirette, o altri che appartengono allo stesso ruolo impiegatizio e fanno il bioritmo, e loro il bioritmo, per quello che fanno per campare, è da un po’ di tempo che si è ingrippato”; ma non al meridiano come il suo oggetto “a”, il giornalista stava per dire,” ‘ché se la signora  non fa niente per abbassarmi la pulsione dovrò correre di là a fare un po’ di dok anche se avrei preferito l’hez, il lavoro di macina e di sfregamento[vi], con la sorridente anfitriona”.
Meno male che a tavola non c’era uno con la barba rada come Rubin che a questo punto, lì, alla cena mensile dei Vedovi neri, si era indignato, che anche lui aveva scritto di qua e di là e non tutti libri gialli, aveva pubblicato storie di sport, confessioni, romanzi fantastici: “d’accordo, allora facciamo quasi tutti libri gialli” corresse Stellar con voce piatta. “Ma per quello che mi riguarda, io non voglio specializzarmi in un campo.” La signora a quel punto sorrise al poeta, così di punto in bianco: ”Io voglio scrivere su ogni argomento che mi colpisce: mi rende la vita più interessante, e oltre a questo mi consente di essere indipendente”. Lei lo guardò con quella sua bocca e disse:”L’unica cosa che mi chiedo è come fa: per caso lavora ad orario fisso?  A proposito, domani, che è giovedì, apriamo anche di pomeriggio?” chiese al marito. “Assolutamente no” rispose. “Io scrivo quando ne ho voglia. Di solito però ne ho sempre voglia”.
“Allora sei un forzato del giornalismo…” disse il suo amico poeta. “Di che cosa ha sempre voglia?” gli chiese la moglie dell’ospite mentre gli porgeva il tiramisù.  “Ah, a proposito – prese il giornalino con il suo test – qual è il suo colore preferito?”
 “Il mio preferito? Adesso o sempre? Adesso il rosso, e sono del Toro”.
La pagine 74 e 75 di “Topolino” n.1352 |riguardanti i colori Rosso,Giallo e Verde

“Non ha  sempre la certezza di vendere quello che scrive? Immagino che abbia avuto dei rifiuti, no?” gli chiese il marito della signora del rosso e del tiramisù.
“Riesci a vendere tutto quello che produci?” incalzò il suo amico poeta e piccolo editore.  
“Sì, più o meno tutto, anche se non sempre al primo colpo. A volte mi chiedono di rivedere un articolo, e se la richiesta è ragionevole, lo faccio volentieri. Alcuni lo fanno apposta: anche perché hanno altre testate in altre nazioni e quindi usano , diciamo così, la prima stesura fuori dai confini nazionali e a mia insaputa. A volte, almeno una volta all’anno, mi capita un netto rifiuto”.
“E che  cosa se ne fa del materiale rifiutato?” gli chiese il professore universitario.
“Be’, di solito provo con un altro giornale. Non è raro che un direttore o un caporedattore accolga a braccia aperte ciò che un altro ha rifiutato. Se poi non riesco a piazzarlo in nessun modo, lo metto da parte: non si sa mai…a volte potrebbe andare bene per qualche nuova occasione, o ricevere un richiesta per qualcosa che proprio quell’articolo potrebbe coprire.”
“E non ha provato la sensazione di vendere qualcosa che è…come dire…avariato?” chiese all’improvviso un altro tipo che finora non aveva proferito parola.
“Assolutamente no. Il fatto che venga rifiutato non implica necessariamente che l’articolo sia cattivo: significa semplicemente che quel determinato direttore che,magari, è un “impagliaseggë”, lo ha trovato poco adatto al suo giornale. Difatti, non pochi test, rifiutati o non accolti da un giornale, sono stati pubblicati da altri giornali, addirittura è capitato che lo stesso testo sia stato pubblicato , in differenti tempi, da almeno quattro giornali.”
“Io vorrei l’esclusiva” disse la sua ospite,con quella bocca,  sorridendogli in modo del tutto inclusivo.
“Insomma, tutto quello che scrive vede le stampe. E’ così?” e il professore universitario scosse leggermente la testa e tracannò il bicchiere di Barbera, in segno di ammirazione e stupore.
“Sì, più o meno le cose stanno così. Eccetto, naturalmente, quando si ha a che fare con qualche idiota di caporedattore che ha in animo di farti fare una cosa, una rubrica, e magari tu la inventi e la crei e poi la fa fare a un idiota come lui. Capita anche che ti comprano una cosa e poi non la utilizzano.”
“Come succede a  Mort Stellar in Senza che nessuno lo insegua  o semplicemente perché la rivista è fallita o l’editore sia stato messo in amministrazione controllata dopo che la P2 si è presa la sua azienda?”chiese l’ amico poeta.
“Non proprio. Anche se, nel caso di Stellar, c’è la moglie del direttore che viene fatta morire con il sale, e basta un semplice anonimo passaggio in un articolo che descrive la cena mondana in cui il direttore del giornale vede l’indicazione della sua azione segreta che fa sì che costui acquisti l’articolo e lo tenga nel cassetto non permettendo così che l’autore lo pubblichi altrove avendoglielo pagato; nel mio caso, c’era questo caporedattore di un mensile che prese le copie di alcuni testi sui cosiddetti oggetti d’amore, all’epoca erano dati come personaggi femminili nella fiction dei media, e mi disse che ne avremmo fatta una serie, anche se con un taglio più divulgativo e meno connesso all’estetica, alla linguistica, alla semiotica e alla psicanalisi di Jacques Lacan che, sai, quanto cazzo gliene frega ai lettori del suo rombo e dell’angoscia.”
“E che fece? Non ne fece niente per quale motivo?” chiesero insieme l’amico poeta, l’ospite armato e la moglie che ormai era entrata a pieno titolo orale nella losanga dell’ oggetto “a” del poeta ospite.
“Teneva tutto nel cassetto. Lo vidi di persona. Una volta fui in redazione, dopo non so quanti mesi, e gli chiesi  che fine avesse fatto quel materiale. E lui aprì il cassetto e tirò fuori copia di  “Jean-Paul Sartre, Marina Vlady e lo chignon basso di Odile Versois” e “Il culo di Nadia Cassini e l’alluce di Georges Bataille”, che erano stati pubblicati su una rivista di critica del costume a tiratura ristretta[vii]. E mi disse: sì, dammi un altro po’ di tempo, lo facciamo. Poi, passarono ancora mesi ed esasperato riferii la faccenda al direttore, cosa da non fare, e , difatti, non se ne fece più niente.”
“Ma c’era qualcosa in quei testi, tipo l’alluce o il culo della Cassini, se non lo chignon basso di Odile Versois, che potevano aver prodotto qualche restrizione nel campo della morale?” , domandò perplesso il piccolo editore.
“Il giornale era il giornale americano per adulti che lo comprano per i culi.” Precisò il poeta giornalista.
“Ma magari un sondaggio mostrò che il culo della Cassini non piaceva agli americani…” disse il professore.
“Ma era per l’edizione italiana.”, precisò ancora il poeta.
“Sì, ma tu hai detto che questi, come quelli della Disney, e altri simili, usano i testi prodotti per l’Italia anche per edizioni che escono, magari, in Sud America se non in Grecia” , sottolineò l’amico poeta e piccolo editore.
“Certo. Per Stellar era il passaggio del sale.- qui, il poeta si fermò un po’ pensieroso e pensò al tiramisù della signora, e al fatto che preferiva adesso il rosso, ed essendo Toro ha “le reazioni lente ma le realizzazioni sono tanto impetuose da apparire brutali”, e intanto era arrivato al quarto grado, quello dell’orgoglio peyronico, con la punta all’in su e se non lo portava al meridiano tra dok e hez…l’avrebbe dovuto tener nel cassetto.- “Per me erano gli oggetti d’amore per come erano scritti, e per il paradigma: difatti, poi venne fuori che la moglie di questo bel tomo si mise a fare, nello stesso gruppo editoriale, una rivista del gossip che faceva il verso all’amore ai tempi di Liala e di quell’altro Principe Nero della Chiesa- condannato per crimini di guerra-  che scriveva romanzacci  parasalgariani per Sonzogno a repubblica in corso”.
“Be’. E’ costituzionale, no? E anche qui, se vai a vedere, sotto sotto, c’è la legge salica che condisce l’amore dal piatto del Regno alla scodella della Repubblica”, chiosò l’ amico del poeta, che ne aveva disposto per quella sera la condizione di ospite.

Fosse stata dello Scorpione e per il giallo, la sua ospite, una volta portatolo al quarto grado, si sarebbe organizzata meglio e con la sua pulsione diabolicamente abile e sottile…non  si sarebbe costituita come oggetto  “a” irredento per la pulsione fallicouretrale del poeta. Per questo, il tiramisù era stato semplicemente comprato prima di cena in una famosa pasticceria di Torino. !Alain Bonheur




[i] Isaac Asimov, Tales of Black Widowers, 1974; Idem, More Tales of the Black Widowers, 1976; Idem, The Casebook ofthe Black Widowers, 1980.
[ii]“Topolino” n.1352, Arnoldo Mondadori Editore, Milano 25 ottobre 1981.
[iii] Cfr.Eric Berne, La potenza virile, in: Idem, Fare l’amore, trad.it.Bompiani, Milano 1971.
[iv] Cfr.Isaac Asimov, Senza che nessuno lo insegua, in: Il delitto è servito, 16 racconti gialli, a cura di Carol-Lynn Rössel Waugh, Martin Harry Greenberg e Isaac Asimov, © 1984, trad.it: Rizzoli, Milano 1989.
[v] Dove c’era L’ Astrotest dei Colori, di Vuesse Gaudio.
[vi] Berne spiega|nel paragrafo de La potenza virile in “Fare l’amore”| che, nella lingua del Giardino Profumato, dok, mentre la reazione femminile è detta hez, corrisponde a bump: urto, colpo; hez corrisponde a grind: lavoro di macina, sfregamento.
[vii]“Fermenti”, anno IX, n.10/12, Roma ottobre-dicembre 1979:a fianco c’era un disegno a china piuttosto esemplare di Domenico Colantoni. Poi, i due miniracconti furono pubblicati in : V.S. Gaudio, Oggetti d’amore, Bootleg Scipioni, Viterbo 1998.

Aida Maria Zoppetti ⁞ Pre-posizione

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Pre-posizione

Transita fra tela e trama

tra il fare e il dire. Tra il  e il no un po’

s’arresta, indugia, procede, sosta.

Si ferma travolto e svolto, trapunta e punto,

trascorso e tolto, trasmesso e aggiunto,

resta traballo e danza, trascritto e letto,

trafitto e stanza, trabocca e detto,

tratta una riga traccia, tra nuvole da fumetto,

tutto tranne un tramonto e il suo: “Aspetto“.

 
 
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